Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9596 del 12/04/2021

Cassazione civile sez. I, 12/04/2021, (ud. 19/11/2020, dep. 12/04/2021), n.9596

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9136/2019 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in Roma Via Chisimaio,

29 presso lo studio dell’avvocato Cardone Marilena, che lo

rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

-controricorrente –

avverso la sentenza n. 1556/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata l’11/9/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2020 da Dott. FALABELLA MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnata per cassazione la sentenza della Corte di appello di Bari, pubblicata l’11 settembre 2018, con cui è stato respinto il gravame proposto da M.S. nei confronti dell’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., comma 5, del Tribunale del capoluogo pugliese. La nominata Corte ha negato che al ricorrente potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato ed ha altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su quattro motivi. Il Ministero dell’interno resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo sono denunciate la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 4 e art. 7. La censura investe il giudizio espresso dalla Corte di merito quanto alla non plausibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente; è rilevato che nell’atto di appello il ricorrente aveva “precisato che il suo rientro in patria avrebbe causato conseguenze di tipo persecutorio nonchè pericolo per la propria vita, senza poter contare su alcun aiuto da parte delle autorità locali”.

Il motivo è inammissibile.

La Corte di merito ha osservato come l’atto di appello non contenesse alcun cenno alla vicenda personale del richiedente, fondandosi integralmente sull'”esposizione di principi generali e di norme sulla protezione internazionale, senza mai spiegare, in fatto, quali punti del racconto (fossero) stati interpretati in modo erroneo o travisati dalla Commissione prima e dal primo giudice poi”. Per ciò solo il giudice distrettuale – che ha pure dato conto, ad abundantiam, delle incongruenze e delle lacune che presentava la narrazione del ricorrente – ha reputato l’appello inammissibile.

Il motivo di ricorso in esame non si misura con tale argomentazione. Ciò destina il motivo ad una statuizione di inammissibilità: in tema di ricorso per cassazione, è infatti necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata (Cass. 10 agosto 2017, n. 19989).

2. – Il secondo mezzo oppone la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8. Secondo l’istante, la Corte di merito avrebbe mancato di adempiere al proprio dovere di cooperazione istruttoria ufficiosa con riferimento alla situazione oggettiva del paese di origine. E’ lamentato che la motivazione della sentenza sia incentrata sulla non plausibilità e sulla contraddittorietà della vicenda narrata.

Il motivo è inammissibile.

Anch’esso mostra di non confrontarsi col contenuto della decisione resa, avendo specifico riguardo alle domande dirette al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. a) e b). Con riferimento alla fattispecie di cui al cit. art. 14, lett. C il ricorrente si è limitato a contestare l’inesistenza di una situazione di violenza generalizzata in (OMISSIS) e sostiene che “la zona (e cioè: la regione da cui egli proviene) è di contro interessata da numerose problematiche”. Per come posta tale doglianza si risolve in una non consentita confutazione del giudizio di fatto del giudice del merito: infatti l’apprezzamento di fatto circa la violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale è rimesso al giudice del merito (Cass. 12 dicembre 2018, n. 32064), ed è suscettibile di essere censurato in sede di legittimità a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. 21 novembre 2018, n. 30105), oltre che per assenza di motivazione (nel senso precisato da Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054).

3. – Il terzo motivo lamenta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. Si sostiene che una compiuta valutazione della vita privata e familiare del richiedente in Italia, comparata con la situazione personale dello stesso prima della partenza (situazione contrassegnata dal totale stato di indigenza), cui lo stesso andrebbe incontro in caso di rimpatrio, doveva indurre a ritenere la sussistenza di quella condizione di vulnerabilità che giustifica il rilascio del permesso per motivi umanitari.

Il motivo è inammissibile.

La Corte di merito ha disatteso la domanda di riconoscimento della protezione umanitaria evidenziando non essere stata allegata alcuna vicenda che desse ragione di una particolare vulnerabilità del richiedente. Ebbene, tale affermazione – coerente rispetto al principio per cui la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. 28 settembre 2015, n. 19197; in senso conforme: Cass. 29 ottobre 2018, n. 27336; Cass. 31 gennaio 2019, n. 3016) – non è stata fatta oggetto di specifica e motivata censura.

4. – Il quarto motivo fa generico riferimento alla “condanna alle spese”. L’istante osserva che, risultando l’appello “totalmente fondato e in ogni caso motivato”, risulterebbe inspiegabile la condanna del richiedente al pagamento delle spese di lite.

Il motivo è inammissibile.

Esso non denuncia alcun vizio tra quelli indicati dall’art. 360 c.p.c. e pare piuttosto diretto a sollecitare un riesame della statuizione di condanna alle spese in ragione dell’auspicato accoglimento del ricorso per cassazione: accoglimento che, però, per le ragioni sopra indicate, deve escludersi.

5. – Il ricorso è dunque inammissibile.

6. – Per le spese di giudizio opera il principio di soccombenza.

PQM

LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 19 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA