Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9592 del 13/04/2017
Cassazione civile, sez. lav., 13/04/2017, (ud. 12/01/2017, dep.13/04/2017), n. 9592
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –
Dott. CURCIO Laura – Consigliere –
Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –
Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – rel. Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 24713-2014 proposto da:
M.F. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE DELLE MILIZIE 114, presso lo studio dell’avvocato LUIGI
PARENTI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
B.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA TIMAVO 12, presso lo studio dell’avvocato GIAMPAOLO
DICKMANN, rappresentato e difeso dall’avvocato DANILO GIACCARI,
giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3242/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 14/04/2014 R.G.N. 962/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/01/2017 dal Consigliere Dott. DELLA TORRE PAOLO NEGRI;
udito l’Avvocato SALMERI ANTONINO per delega Avvocato LUIGI PARENTI;
udito l’Avvocato DANILO GIACCARI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SANLORENZO RITA che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 3242/2014, depositata il 14 aprile 2014, la Corte di appello di Roma respingeva il gravame di M.F. e confermava la sentenza del Tribunale di Frosinone, che ne aveva respinto le domande di accertamento della natura subordinata del rapporto intercorso con l’architetto B.A. e di condanna dello stesso ai pagamento di differenze retributive.
La Corte osservava, a sostegno della propria decisione, come non fosse stata dimostrata dal ricorrente, che ne aveva l’onere, la sussistenza del vincolo di soggezione al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro e come, in particolare, la sussistenza di tale vincolo non potesse desumersi dalla frequentazione dello studio di architettura dello zio e dall’esecuzione di qualche incarico per singoli e sporadici lavori, anche tenuto conto della collaborazione dell’appellante con altro studio professionale. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il M. con unico motivo, assistito da memoria; il B. ha resistito con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo, deducendo il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente censura a sentenza impugnata per avere compiuto una valutazione erronea ed illogica delle risultanze istruttorie e per avere omesso di darne una lettura congiunta, ponendo, in definitiva, a base delle proprie conclusioni, una motivazione insufficiente e inadeguata. Ciò premesso, il ricorso è da ritenere inammissibile.
Il motivo proposto, infatti, non si conforma, dolendosi il ricorrente di una motivazione carente del giudice di merito, allo schema normativo del nuovo vizio “motivazionale”, quale risultante a seguito delle modifiche introdotte con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134, pur a fronte di sentenza depositata il 14 aprile 2014, e, pertanto, in epoca successiva all’entrata in vigore (11 settembre 2012) della novella legislativa.
Al riguardo, le Sezioni Unite di questa Corte, con le sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014, hanno precisato che l’art. 360 c.p.c., n. 5, come riformulato a seguito dei recenti interventi, “introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia)”; con la conseguenza che “nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”.
Il ricorrente invece ha censurato il percorso logico-critico seguito dal giudice di merito, denunciando l’erronea ed illogica valutazione delle risultanze istruttorie (cfr. ricorso, p. 17), la preminenza accordata nella qualificazione del rapporto a taluni elementi in luogo di altri (p. 18), l’inadeguatezza della motivazione resa (p. 23) e, in particolare, il fatto che essa avrebbe trascurato di compiere una lettura congiunta di tutte le risultanze probatorie emerse nel corso della escussione dei testimoni in primo grado (p. 26).
D’altra parte, tanto l’elemento del compenso settimanale, come quello dell’orario di lavoro e della continuità della prestazione, a tacere della deduzione di entrambi sotto il profilo di una lacunosa considerazione del relativo materiale di prova, risultano presenti nell’opera di ricostruzione fattuale svolta nella sentenza impugnata, laddove, in particolare, la Corte ha esaminato la deposizione della teste C., peraltro pervenendo ad esiti valutativi e ad una “pesatura” degli indici della subordinazione difformi da quelli prospettati dalla parte appellante.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
PQM
la Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2017