Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9590 del 19/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 5 Num. 9590 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 20379-2009 proposto da:
GHIGNONE IRMA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
FEDERICO CESI 44, presso lo studio dell’avvocato
MERLINO GIUSEPPE ROBERTO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato VOLA ANGELO giusta
delega in calce;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

Data pubblicazione: 19/04/2013

- controricorrente

avverso la sentenza n. 33/2009 della COMM.TRIB.REG.
di TORINO, depositata il 28/04/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/03/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;

si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito per il controricorrente l’Avvocato ALBENZIO che

Svolgimento del processo

La Commissione tributaria della regione Piemonte ha accolto l’appello
proposto dall’Ufficio delle Dogane di Cuneo ed in riforma della sentenza di

5.069.354,02 emesso il 3.4.2006 e notificato il 14.4.2006 a Ghignone Irma,
avente ad oggetto il recupero dell’accisa dovuta sugli oli minerali, interessi
ed indennità di mora in conseguenza di condotte configuranti il reato di
associazione a delinquere, corruzione e sottrazione di prodotti petroliferi
all’accertamento ed al versamento della imposta di fabbricazione ai sensi
dell’art. 23 RDL 28.2.1939 n. 334 conv. in legge 2.6.1939 n. 739.

I Giudici territoriali rigettavano la eccezione di prescrizione proposta
dalla contribuente, rilevando che i fatti illeciti -per i quali alla denuncia della
Guardia di Finanza di Cuneo in data 4.11.1978 era seguito procedimento penale
definito nei confronti della contribuente con sentenza del Tribunale di Cuneo in data
16.3.1984 di n.d.p. per intervenuta prescrizione, divenuta irrevocabile il 10.11.1990-

erano stati commessi nella vigenza dell’art. 19 RDL n. 334/1939 che, nel
caso di delitti integranti la ipotesi frode, stabiliva in trenta anni il termine di
prescrizione del credito tributario nonchè la interruzione della prescrizione
fino al passaggio in giudicato della sentenza penale, ritenendo
conseguentemente inapplicabile l’art. 15 del TU n. 504/1995 -entrato in
vigore il 15.12.1995- che riduceva a cinque anni il termine di prescrizione
(norma che trovava applicazione in seguito alla abrogazione del RDL n. 334/1939
disposta dall’art. 68co1 lett. g) del TU n. 504/1995), trattandosi di norma priva di

efficacia retroattiva.

1
RG n. 20379/2009
ric. Ghignone c/Ag. Dogane

C
Stefan

est.
tvieri

prime cure ha ritenuto legittimo l’avviso di pagamento per l’importo di €

Nel merito i Giudici di appello rigettavano i motivi dedotti dalla
contribuente per far valere la illegittimità dell’avviso di pagamento
rilevando che:

alla PA non era precluso rinnovare la procedura di riscossione
coattiva emettendo nuovo avviso di pagamento dopo l’annullamento
in via di autotutela della cartella di pagamento per vizi propri di

in caso di fraudolenta evasione d’imposta tutti i concorrenti nel fatto
illecito erano tenuti al versamento della imposta, insorgendo la
obbligazione tributaria dallo stesso fatto illecito

la sentenza penale di non doversi procedere per intervenuta
estinzione del reato, non era preclusiva del potere del Giudice
tributario di accertare la debenza d’imposta e, nella specie, essendo
stata applicata la prescrizione previa concessione delle circostanze
attenuanti generiche, dovevano ritenersi accertati i fatti materiali
integranti i reati di cui agli artt. 23, 23 bis RDL n. 334/1939, artt.
319, 321 e 416 c.p. e comprovata la partecipazione della Ghignone
ai fatti delittuosi come emergeva dalle prove valutate nella sentenza
penale (in particolare dagli accertamenti compiuti nel procedimento penale
era emerso che tramite le società Domestic Petrol Service-DPS e Forniture
Oli Minerali-FOM costituite su iniziativa anche della Ghignone veniva
acquistato da DPS gasolio per autotrazione “schiavo d’imposta” e ceduto
fittiziamente come “libero da imposta” per riscaldamento alla FOM, con
applicazione di imposta ridotta e previa alterazione dei certificati H ter che
attestavano falsamente la denaturazione del prodotto, che invece veniva
effettivamente venduto a terzi per uso autotrazione senza il pagamento della
relativa imposta: la Ghignone era risultata essere l’amministratore di fatto
della DPS e la frode era stata resa possibile tramite il coinvolgimento di
alcuni funzionari dell’UTF)

2
RG n. 20379/2009
ric. Ghignone c/Ag. Dogane

Co est.
Stefano livieri

quest’ultima

- l’art. 40 col lett. b) e c) del TU n. 504/1995 aveva confermato e non
eliminato la illiceità delle condotte previste dal RDL n. 334/1939
(come modificato dal DL n. 251/1957 conv. in legge 474/1957)
contestate nell’avviso di pagamento alla contribuente.

Avverso tale sentenza notificato in data 20.6.2009 ha proposto ricorso

quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c.
Ha resistito con controricorso la Agenzia delle Dogane.

Motivi della decisione

§ 1. Con il primo motivo si censura la sentenza di appello per
violazione e falsa applicazione dell’art. 19 RDL n. 334/1939, dell’art. 1310
c.c., in relazione all’art. 84 TULD nonché per omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360co 1 nn. 3 e 5 c.p.c.

Sostiene la ricorrente che il RDL n. 334/1939 prevedeva accanto alla
imposta di fabbricazione anche la sovrimposta di confine ricompresa
appunto nell’ambito dei dazi doganali come diritto di confine, con la
conseguenza che applicandosi l’imposta alla sola fabbricazione, la
estrazione dal deposito fiscale per immissione del prodotto al consumo o
trasferimento in altro deposito -ipotesi oggetto della fattispecie controversaera assoggettata soltanto alla sovrimposta di confine regolata
esclusivamente dalle leggi doganali, rimanendo disciplinata pertanto la
prescrizione del diritto erariale dall’art. 84 Dpr n. 43/1973 e non dall’art. 19
RDL n. 334/1939 -come risulterebbe dimostrato dal riferimento all’art. 82
TULD contenuto negli inviti di pagamento notificati in data 4.4.1991 ed in
3
RG n. 20379/2009
ric. Ghignone c/Ag. Dogane

Cqnest.
livieri
Stef

per cassazione Ghignone Irma deducendo quattro motivi corredati di

data 6.4.1994- sicchè il credito erariale doveva ritenersi estinto per decorso
del termine quinquennale di prescrizione in relazione al duplice
presupposto dell’inizio della decorrenza del termine ex art. 84 TULD dalla
data 10.11.1990 di irrevocabilità per la Ghignone della sentenza penale e
della inefficacia degli atti interruttivi compiuti nei confronti dei coobbligati
solidali in relazione ai quali non si era ancora formato il giudicato penale,

contribuente soltanto in data 20.5.1999.

Il motivo è inammissibile e comunque palesemente infondato.

La critica rivolta alla sentenza si fonda infatti su un presupposto
indimostrato e che non risulta abbia costituito tema controverso del giudizio
di merito, e cioè che con l’avviso di pagamento emesso in data 3.4.2006 e
notificato il successivo 14.4.2006 l’Ufficio doganale abbia inteso richiedere
il pagamento della “sovrimposta di confine”.

Dalla sentenza di appello

risulta, al contrario, che con l’avviso n. 20066317 opposto dalla
contribuente veniva accertato dall’Ufficio doganale il credito erariale di “6
1.259.972,64 per accise oli minerali, C 3.733.772,31 per interessi, E
.o.4,
75.598,35 per indennità di mora ed 610,72 per spese di notifica”, rimang
esclusa una ipotetica richiesta di diritti di confine.
Il motivo si palesa conseguentemente carente in ordine alla esposizione
dei fatti causa (art. 366co1 n. 3 c.p.c.) ed alla individuazione del contenuto
del documento (da cui desumere la natura della pretesa tributaria fatta
valere con l’avviso di pagamento del 3.4.2006, opposto in giudizio) posto a
fondamento dei vizi di legittimità denunciati (art. 366co 1 n. 6 c.p.c.), non
avendo, pertanto, assolto il ricorso ai requisiti prescritti a pena di
inammissibilità.

4
RG n. 20379/2009
ric. Ghignone c/Ag. Dogane

Con st.
Stefan
livieri

essendo stato notificato il primo atto interruttivo nei confronti della

Il motivo è anche infondato.

L’imposta “interna” di fabbricazione sugli oli minerali istituita dall’art. 1
del Regio decreto-legge del 28 febbraio 1939 n. 334 (convertito in legge 2
giugno 1939 n. 739), si contrappone, infatti, alla “corrispondente”
sovrimposta di confine che si applica alla importazione del prodotto

stabilito dall’art. 31co 1 del Regio decreto legge che dispone “I prodotti a
base di oli minerali, quando vengono importati dall’estero, sono soggetti
alle sovrimposte di confine, stabilite dal presente decreto, per la qualita’ di
olio minerale contenuta” (cfr., analogamente, art. 2 DL 3.10.196 n. 989 conv. in
legge 18.12.1964 n. 1350 recante “modificazioni alla disciplina fiscale dei prodotti
petroliferi”).

Soggetti passivi della imposta di fabbricazione, pertanto, non sono come infondatamente sostiene la ricorrente- soltanto i fabbricanti tenuti al
versamento della imposta sul prodotto finito “prima dell’estrazione dei
prodotti dalla fabbrica”

(art. 12co3), ma anche le ditte “esercenti il

commercio di prodotti petroliferi ”

alle quali “puo’ essere consentito il

deposito dei prodotti stessi, soggetti ad imposta, in appositi magazzini o
serbatoi” e che sono tenute al versamento della imposta di fabbricazione
“a misura che i prodotti vengono estratti per il consumo”

(art. 13co2).

Gli argomenti meramente lessicali addotti dalla ricorrente a sostegno
della tesi della natura doganale del tributo dovuto dalle ditte commerciali
sono giuridicamente inconsistenti:
– il richiamo alle leggi doganali operato dall’art. 13 RDL n. 334/1939
non individua affatto la natura del tributo -che è disciplinato dal
precedente art. 1 del medesimo Regio decreto legge-, ma è disposto
esclusivamente in funzione di uniformità e semplificazione della
disciplina di movimentazione di tale tipo di merci, al fine di
5
RG n. 20379/2009
ric. Ghignone c/Ag. Dogane

Cons. st.
Stefano wieri

fabbricato o commercializzato all’estero come emerge inequivocamente

agevolare l’attività di controllo e vigilanza demandata agli Uffici
finanziari: essendo stata attribuita la relativa competenza alla
Amministrazione doganale -alla quale è devoluta anche la materia
della imposta di fabbricazione e successivamente delle accise-,
coerentemente la norma assoggetta i depositi di oli minerali alle
medesime prescrizioni dei depositi di proprietà privata previste dalla

titolari dei predetti depositi debbono prestare in modo analogo a
quello previsto dalla legge e dal regolamento doganale per i titolari
dei depositi doganali e disciplina in modo uniforme il trasporto del
prodotto dalle fabbriche ai depositi -e da un deposito ad un altro- alle
prescrizioni doganali concernenti il trasporto delle merci estere da
una dogana ad un’altra
– il riferimento all’art. 82 TULD contenuto negli inviti di pagamento
notificati alla contribuente non individua affatto la natura del tributo,
ma identifica l’atto amministrativo autoritativo (nella specie la
ingiunzione) attraverso il quale è azionata la pretesa: l’erronea
indicazione della fonte normativa (art. 82 TULD -ingiunzione- in luogo
dell’art. 14col TU n. 504/1995 —avviso di pagamento- che ha sostituito
l’art. 18 del RDL n. 334/1939 -ingiunzione-) non modifica gli elementi

costitutivi dell’atto impositivo, risolvendosi in mero errore formale
insuscettibile di incidere sui requisiti di validità dell’atto e di
pregiudicare anche il diritto di difesa del destinatario, né incide sul
corretto esercizio della potestà impositiva evidenziando la
incompetenza od il difetto di attribuzione del soggetto di diritto
pubblico che ha emesso il provvedimento, avendo devoluto la legge
alla Amministrazione delle Dogane (nell’ambito della quale erano
collocati anche gli Uffici tecnici delle imposte di fabbricazione-UTIF) la

competenza relativa all’accertamento ed alla riscossione della
imposta di fabbricazione (artt. 28 e 29 RDL n. 334/1939, successivamente
6
RG n. 20379/2009
ric. Ghignone c/Ag. Dogane

legge doganale, nonché conforma le modalità della cauzione che i

TU n. 504/1995): ed è appena il caso di aggiungere che la mera

indicazione del “nomen juris” dell’atto tributario non vincola in
alcun modo l’interprete, e quindi il Giudice, alla qualificazione
giuridica del provvedimento, e tanto meno pone vincoli alla
qualificazione della pretesa impositiva che con l’atto-ingiunzione è
fatta valere, dovendo quindi ritenersi del tutto irrilevante a tal
sostegno del motivo.

Esente da errore di diritto e da vizi logici è, dunque, la statuizione del
Giudice di appello secondo cui alla fattispecie trova applicazione il termine
prescrizionale di durata trentennale di cui all’art. 19 comma 3 RDL n.
334/1939 stabilito in materia di imposta di fabbricazione degli oli minerali,
e non il termine previsto dall’art. 84 del Dpr n. 43/1973 in materia di diritti
doganali.

Né a diversa conclusione è dato pervenire considerando la successione
nel tempo delle norme sulla prescrizione del diritto al recupero della
imposta, rispettivamente, in materia di imposta di fabbricazione (art. 19
RDL n. 334/1939) e di accise (art. 15 TU n. 504/1995).
Se non è dato rinvenire nella disciplina normativa delle accise introdotta
nel 1995 disposizioni transitorie analoghe a quelle previste dall’art. 252
disp. att. c.c. (a tutela dei diritti sorti anteriormente alla entrata in vigore del
codice civile che introduceva più brevi termini di prescrizione), ciò non
esclude che il principio generale di applicabilità del jus superveniens ai
rapporti non esauriti debba esser reso compatibile con gli interessi di
rilevanza costituzionale sui quali l’intervento modificativo del termine
prescrizionale, ove impeditivo dell’esercizio del diritto sorto anteriormente
(venendo ad introdursi un nuovo termine di prescrizione che è già decorso rispetto al
7
RG n. 20379/2009
ric. Ghignone c/Ag. Dogane

Cnkest.
Ste
livieri

proposito l’indicato errore formale addotto dalla ricorrente a

momento in cui il diritto era esercitabile) inciderebbe in modo pregiudizievole.

Come è stato infatti rilevato da questa Corte l’applicazione delf, jus
superveniens non può determinarsi in contrasto

“coi principi di

affidamento, di ragionevolezza e di piena tutela dei diritti, i quali svolgono
un vero e proprio effetto d’irraggiamento (la cd. Drittwirkung della
tradizione giuridica tedesca) sull’assetto dei rapporti giuridici sostanziali,

che coi principi costituzionali (art. 3 e 24 Cost.), anche con quelli derivanti
dal diritto comunitario e dal diritto internazionale” (cfr. Corte cass. V sez.
23.5.2003 n. 8146), venendo a convergere con tale interpretazione anche la

giurisprudenza comunitaria (Corte giustizia 24.9.2002 in causa C-255/2000,
Grundig Italiana s.p.a.)

attestata sulla immanenza all’ordinamento

comunitario dei principi generale di affidamento e di effettività della tutela
dei diritti (Corte cass. n. 8146/2003; id. V sez. 14.7.2004 n. 13054).

Va dunque ribadito, con riferimento alla concreta fattispecie, il principio
di diritto secondo cui la riduzione a cinque anni operata dall’art. 15co 1 TU
n. 504/1995 dell’originario termine prescrizionale di durata trentennale
previsto dall’art. 19 comma 3 del RDL n. 334/1939 (abrogato dall’art. 68co1
lett. g) del Dlgs n.504/1995), si applica, in conformità ai principi di

affidamento , di ragionevolezza e di tutela effettiva dei diritti (principi
riconosciuti dalla Costituzione, dal diritto comunitario e dal diritto
internazionale), soltanto ai diritto sorti successivamente alla data
15.12.1995 di entrata in vigore del TU n. 504/1995.
Pertanto anche in relazione al profilo della successione temporale tra le
leggi la pronuncia del Giudice territoriale, che ha ritenuto applicabile il
termine di prescrizione trentennale, si palesa conforme a diritto.

8
RG n. 20379/2009
ric. Ghignone c/Ag. Dogane

C
Stefan

est.
livieri

le cui conformazione ed esercizio devono essere modulati in armonia, oltre

§ 2. Con il secondo motivo si censura la sentenza di appello per
violazione e falsa applicazione dell’art. 14 Dlgs n. 504/1995, nonché del
principio d certezza del diritto, in relazione all’art. 360co1 n. 3 c.p.c.
La ricorrente deduce che il procedimento di riscossione del tributo
iniziato con invito di pagamento notificato in data 18.6.2001 e seguito dalla
notifica della relativa cartella di pagamento, si sarebbe consolidato per

dell’esercizio del potere impositivo mediante notifica di un nuovo avviso di
pagamento, in quanto -così sembra doversi comprendere- si darebbe luogo
ad una inammissibile duplicazione di titoli impositivi ed alla violazione
“del principio dell’efficacia inter partes del giudicato riguardante la
medesima pretesa” (ricorso pag. 32). Aggiunge la ricorrente che la CTR
piemontese non avrebbe tenuto conto che altro invito di pagamento
notificato il 20.5.1999 avrebbe imposto alla Amministrazione di iscrivere le
somme a ruolo nel termine di decadenza ex art. 17 Dpr n. 602/73 dovendo
quindi ritenersi illegittimo il successivo avviso di pagamento notificato nel
2006 ed opposto nel presente giudizio.

Il motivo -di non agevole lettura- risulta infondato.

Non è dato, infatti, individuare un coerente collegamento nello sviluppo
logico delle ragioni esposte a sostegno del motivo, laddove la parte
ricorrente, inizialmente, fa riferimento ad un procedimento tributario
definito con avviso di pagamento in data 18.6.2001 che avrebbe esaurito il
potere impositivo della Amministrazione, e successivamente richiama,
invece, un altro procedimento tributario definito con avviso di pagamento
20.5.1999 affermando l’inosservanza dei termini di decadenza imposti alla
Amministrazione finanziaria per la iscrizione a ruolo del credito.

9
RG n. 20379/2009
ric. Ghignone c/Ag. Dogane

C
Stef

t.
.

mancata opposizione, rendendo quindi illegittimo il successivo rinnovo

Rileva il Collegio che, se la “eccezione di decadenza” dalla potestà
impositiva per mancata tempestiva iscrizione a ruolo del credito non può
trovare accesso nel presente giudizio di legittimità -trattandosi di eccezione
in senso stretto non rilevabile di ufficio- in quanto la ricorrente prospetta
una questione nuova, non esaminata nei precedenti gradi di merito e
sollevata per la prima volta con il ricorso per cassazione (i motivi di
trascritti alle pag. 30-33 del ricorso per cassazione-, fanno riferimento,
esclusivamente, all’avviso notificato nel 2001 e non contengono alcun accenno alla
decadenza per mancata tempestiva iscrizione a ruolo delle somme portate dal
precedente avviso notificato nel 1999), del tutto errata in diritto è la tesi

difensiva secondo cui la Amministrazione doganale, una volta emesso
l’avviso di accertamento notificato nel 2001 e la relativa cartella di
pagamento notificata il 22.10.2003 (successivamente annullata con sentenza
passata in giudicato della CTP di Parma in data 29.12.2005 n. 30: cfr. sentenza CTR
pag. 6; ric. princ. pag. 35; controricorso pag. 4), avrebbe consumato il proprio

potere. Ed infatti, fermo in ogni caso il limite -che, come è stato rilevato, non
viene in questione nel caso di specie- imposto dai termini di decadenza previsti

dalla legge per l’esercizio del potere di accertamento e di riscossione delle
somme richieste a titolo di imposta fabbricazione, l’unico ostacolo alla
reiterazione della potestà impositiva va individuato esclusivamente
nell’eventuale giudicato formatosi sul rapporto tributario dedotto in
giudizio, ipotesi questa che non ricorre nel caso di specie in cui la
pronuncia passata in giudicato della CTP di Parma n. 30/2005 si è arrestata
“in limine” all’accertamento del vizio di legittimità derivata dell’atto
conseguenziale (cartella di pagamento)

per omessa notifica dell’atto

presupposto (invito di pagamento prot. 3343 emesso il 18.6.2001), senza quindi
statuire sul rapporto obbligatorio e sui fatti costitutivi della pretesa
tributaria.

10
RG n. 20379/2009
Ghignone c/Ag. Dogane

Con est.
Stefan
wieri

opposizione all’avviso di pagamento, dedotti con il ricorso introduttivo -interamente

Ne segue che, eliminato con la predetta pronuncia di annullamento
l’atto consequenziale, ed in assenza di una valida pretesa impositiva portata
a conoscenza della parte contribuente, l’Amministrazione doganale, se
certamente avrebbe potuto riprendere il procedimento amministrativo
(ri)notificando l’originario invito di pagamento n. 3343/2001, non per
questo non poteva invece, come in realtà accaduto, rinnovare del tutto lo

al precedente invito di pagamento che, in difetto di notifica (ossia in difetto
del perfezionamento della fase procedimentale diretta ad esternare al destinatario la
pretesa impositiva della Amministrazione finanziaria), era rimasto nella sfera

organizzativa interna della Amministrazione emittente, ed era dunque
suscettibile di ritiro o modifica.
La vicenda descritta evidenzia, pertanto, la necessità che la controversia
sul rapporto tributario sia comunque veicolata da una “formale” pretesa
tributaria, nel senso che a fondamento del rapporto obbligatorio dedotto in
giudizio deve sempre sussistere una manifestazione di volontà impositiva
dell’Ufficio, rivestita dei caratteri formali tipici prescritti dalla legge, e
dunque un atto provvedimentale impugnabile ai sensi dell’art. 19 Dlgs n.
546/1992 in quanto suscettibile di incidere nella sfera patrimoniale del
contribuente: va dunque ribadito il principio di diritto affermato dal
precedente della Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 10376 del 12/05/2011
secondo cui, l’annullamento per vizi di forma dell’atto impositivo “sub
judice” -ma l’affermazione va estesa analogamente, per quanto concerne il
presente giudizio, anche all’annullamento in s.g. della cartella in mancanza
dell’atto impositivo presupposto o per omessa notifica dello stesso-

“non

solo non preclude, ma impone” all’Amministrazione di adottare un nuovo
avviso di accertamento -salvo che sia maturata ormai la decadenza della
potestà impositiva- in quanto “non è in potere dell’Amministrazione
rinunciare con l’inerzia all’azione di recupero del credito fiscale”(cfr. sulla
doverosità per l’Amministrazione finanziaria dell’esercizio in via autotutela del
Il
RG n. 20379/2009
ric. Ghignone c/Ag. Dogane

è
Ste

est.
Olivieri

stesso atto di “invito di pagamento”, sostituendo un nuovo atto impositivo

potere di sostituzione dell’atto annullato, cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 16115
del 20/07/2007).

Va quindi esente dai vizi di legittimità denunciati la sentenza
impugnata nella parte in cui ha affermato la legittimità del rinnovo

§ 3. Con il terzo motivo la contribuente eccepisce la violazione del
principio del divieto del “bis in idem”, nonchè deduce il vizio logico della
motivazione, sostanzialmente insistendo sul carattere preclusivo del
giudicato formatosi sulla sentenza della CTP di Parma in data 29.12.2005.
La ricorrente sostiene che, poichè alla riscossione delle accise e dei
diritti doganali si fa luogo direttamente con la iscrizione ruolo e la notifica
della cartella di pagamento, la predetta sentenza della CTP di Parma, che
aveva annullato la cartella di pagamento notificata il 22.1.2003 portante la
richiesta di pagamento del credito per accise, doveva ritenersi estesa
all’accertamento della insussistenza dell’obbligazione stessa,
sostanziandosi in una vera e propria decisione nel merito sulla inesistenza
della pretesa di diritto sostanziale, con conseguente efficacia preclusiva sul
successivo rinnovo dell’esercizio della potestà impositiva.

L’assunto difensivo è palesemente infondato, in quanto, come riferito
dalla stessa contribuente l’accertamento della CTP ha riguardato
esclusivamente la relazione procedimentale di presupposizione necessaria
tra l’atto impositivo e la cartella di pagamento, tale per cui i vizi di
legittimità attinenti al primo si comunicano all’atto conseguenziale, e si è
arrestato alla statuizione della invalidità della cartella impugnata per
omessa notifica dell’atto presupposto (invito di pagamento). Ne segue che
l’annullamento giurisdizionale dell’atto tributario per vizi formali, come già
12
RG n. 20379/2009
ric. Ghignone c/Ag. Dogane

dell’avviso di pagamento.

rilevato nell’esame del precedente motivo, sia o meno passata la sentenza in
giudicato, non solo non preclude la possibilità ma impone
all’Amministrazione finanziaria di emettere un nuovo atto, non essendo in
potere dell’ Amministrazione rinunciare con l’inerzia all’azione di recupero
del credito fiscale (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 10949 de/ 14/05/2007; id.
Sez. 5, Sentenza n. 14377 del 20/06/2007; id. Sez. 5, Sentenza n. 10376 del

L’annullamento giurisdizionale disposto per vizi del procedimento
dell’atto tributario (cartella di pagamento), priva di ogni rilevanza la tesi,
peraltro del tutto indimostrata, secondo cui, nella fattispecie, la cartella di
pagamento rivestiva tutti i requisiti dell’atto impositivo, assolvendo alla
medesima funzione. In proposito è appena il caso di rilevare che se la
ricorrente avesse -in ipotesi- impugnato la cartella, contestando anche i fatti
costitutivi del rapporto tributario, bene avrebbe dovuto allora, al fine di
conseguire una pronuncia sul merito del rapporto controverso, impugnare la
sentenza della CTP per omessa pronuncia (atteso che in tal caso al Giudice
tributario non è consentito arrestarsi all’annullamento dell’atto impugnato, dovendo
procedere all’esame del rapporto).

Non essendo invece stata appellata dalla

contribuente su tale punto, la pronuncia della CTP è passata in giudicato
limitatamente all’accertamento del vizio formale della cartella di
pagamento, e dunque alcuna preclusione può spiegare tale giudicato in
relazione al successivo rinnovo dell’atto tributario da parte della
Amministrazione, dovendo inoltre ritenersi del tutto irrilevante la
circostanza che, al tempo della emissione e notifica nell’anno 2006 del
nuovo avviso di pagamento, non fossero ancora decorsi i termini per la
impugnazione della sentenza della CTP, bene potendo l’Amministrazione
esercitare i poteri di autotutela sostitutiva -o, come nel caso di specie, di
ritiro- dei propri atti impositivi e conseguenziali anche in pendenza di
giudizio, rimanendo in ogni caso impregiudicato l’accertamento da parte
13
RG n. 20379/2009
ric. Ghignone c/Ag. Dogane

12/05/2011).

del Giudice degli effetti che sul processo in corso viene a spiegare il
rinnovo parziale o totale dell’atto tributario opposto (cessazione della
materia del contendere; prosecuzione del giudizio, in caso di rinnovo solo
parziale del precedente atto; rinuncia agli atti del giudizio ecc.).

Del tutto oscuro appare, poi, l’argomento svolto dalla ricorrente in

solidarietà passiva nella obbligazione tributaria, argomento che, risulta
successivamente abbandonato, non trovando infatti alcun riscontro nel
quesito di diritto formulato in calce al motivo.

§ 4. Con il quarto motivo viene dedotto il vizio di violazione e falsa
applicazione dell’art. 40 Dlgs n. 540/1995 e della legge n. 457/1957,
nonché violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360co1 n. 3
c.p.c., in quanto la CTR piemontese aveva ravvisato, oltre i limiti della
domanda, il fondamento della obbligazione insorta a seguito delle condotte
fraudolente, negli artt. 2043 e c.c. e 185 c.p. , mentre l’avviso di pagamento
menzionava l’art. 40 Dlgs n. 504/95 e la legge n. 474/1957 (abrogata
dall’art. 68 TU n. 504/95) ed in relazione a tali riferimenti normativi
doveva ritenersi affetto da nullità per difetto di motivazione.

Anche questo motivo è infondato.

Da un lato, infatti, occorre rilevare che in ordine al motivo del ricorso
introduttivo, riproposto in appello, concernente il difetto di motivazione
dell’avviso di pagamento, il Giudice di appello ha statuito espressamente,
rigettandolo (sent. CTR pag. 13 e 14): la CTR ha infatti affermato che il
richiamo al DL 5 maggio 1957, n. 271 (Disposizioni per la prevenzione e la
14
RG n. 20379/2009
ric. Ghignone c/Ag. Dogane

Cons.
Stefano I eri

ordine al disconoscimento da parte della sentenza della CTP di Parma della

repressione delle frodi nel settore degli oli minerali) convertito con modificazioni

dalla legge 2 luglio 1957, n. 474 -successivamente abrogata dall’art. 68 del
TU n. 504/1995- non inficia la motivazione delfaiMso di pagamento in
quanto la pretesa tributaria è inequivocamente fondata sulle condotte
fraudolente dirette alla evasione della imposta di fabbricazione sugli oli
minerali, come accertate in sede penale, condotte illecite che, con

DL n. 271/1957 -che ha modificato gli artt. 22 e 23 del regio decreto-legge
28 febbraio 1939, n. 334, convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 739- e
sono state successivamente riprodotte nell’art. 40 del TU n. 504/1995,
norma anche questa richiamata nell’avviso di pagamento, con esclusione
quindi di una sopravvenuta “abolitio criminis”, neppure prospettata peraltro
dal ricorrente.
Dall’altro lato, quanto alla violazione del principio di corrispondenza tra
chiesto e pronunciato, è appena sufficiente rilevare che, secondo la
consolidata giurisprudenza di questa Corte, sussiste vizio di “ultra” o
“extra” petizione ex art. 112 cod. proc. civ. quando il giudice pronunzia
oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, ovvero su
questioni non formanti oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio
attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato: tale
principio va, peraltro, posto in immediata correlazione con il principio
“iura novit curia” di cui all’art. 113, primo comma, cod. proc. civ.,
rimanendo pertanto sempre salva la possibilità per il giudice di assegnare
una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite
nonché all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche
applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, e ponendo a
fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli
erroneamente richiamati dalle parti (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 10009
del 24/06/2003; id. Sez. L, Sentenza
15
RG n. 20379/2009
ric. Ghignone c/Ag. Dogane

n. 25140 del 13/12/2010), con la

riferimento al “tempus commissi delicti”, erano contemplate dall’art. 9 del

relliNTE DA REGISTRAZIONE
M SENSI DEL D.P.R. 26/4119116
N. 131 TAB. ALL. 13. N. 5

MATERIA TRIBUTARIA

conseguenza che è immune dalla censura contestata la pronuncia della CTR
piemontese che ha inteso ricondurre l’insorgenza della obbligazione
tributaria alla attività fraudolenta posta in essere anche dalla contribuente
chiamata pertanto a rispondere delle conseguenze del fatto illecito.

§ 5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato, e la parte soccombente

in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte :
– rigetta il ricorso e condanna la contribuente alla rifusione delle spese del
presente giudizio che si liquidano in € 33.000,00 per compensi, oltre alle
spese prenotate a debito.

Così deciso nella camera di consiglio 25.3.2013

condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio che si liquidano

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA