Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9589 del 25/05/2020

Cassazione civile sez. I, 25/05/2020, (ud. 04/11/2019, dep. 25/05/2020), n.9589

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34064/2018 proposto da:

H.M.A., elettivamente domiciliato in Padova Vicolo

Buonarroti 2, presso lo studio dell’Avv.to Monica Bassan che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12, Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2516/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 10/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/11/2019 da Dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Venezia con sentenza in data 10/9/2018, ha rigettato l’appello avverso la decisione del Tribunale di Venezia di conferma del provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona in ordine alle istanze avanzate da A.A. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, il diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese perchè temeva per la propria vita dopo aver ucciso un uomo che aveva aggredito e ferito suo padre. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno si è costituito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia errata valutazione della documentazione prodotta dal ricorrente in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver il tribunale ritenuto che il ricorrente aveva prodotti documenti falsificati.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia il violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. B), in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte ha ritenuto insussistenti i presupposti per concedere la protezione sussidiaria.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

I motivi di ricorso, pur rubricati sotto il solo profilo della violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3), contengono in realtà una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento circa l’intrinseca inattendibilità del racconto del ricorrente.

Le censure si risolvono in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

La parte non può, invero, rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass., 07/12/2017, n. 29404; Cass., 04/08/2017, n. 19547; Cass., 02/08/2016, n. 16056).

Con riguardo alla protezione sussidiaria e alle fattispecie tipizzate dall’art. 14, lett. a) e b), premesso che il ricorrente non ha censurato in appello il giudizio di non credibilità delle affermazioni rese al giudice di primo grado, alla luce degli indicatori di genuinità normativamente codificati (vedi pag. 4 della sentenza impugnata), è necessario osservare che l’esposizione dello straniero al rischio di morte o a trattamenti inumani e degradanti deve pur sempre rivestire un certo grado di individualizzazione (cfr.: Cass. 20 giugno 2018, n. 16275; Cass. 20 marzo 2014, n. 6503): il che, nel caso in esame va negato proprio in ragione della mancanza di riscontri quanto a una vicenda personale che conferisca specificità e concretezza a un tale rischio.

In ordine alla protezione sussidiaria ex art. 14, lett. C), il giudice di merito basandosi su fonti di informazione internazionale puntualmente indicate, ha appurato che la zona di provenienza dell’odierno istante non è teatro di un “conflitto diffuso” e di una “violenza generalizzata”: tale apprezzamento, che sfugge al sindacato di legittimità, porta ovviamente a disconoscere che nel presente giudizio di cassazione si possa far questione della “minaccia,grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.

In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria il motivo si rileva inammissibile in quanto censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità.

Per quanto sopra si impone il rigetto del ricorso con condanna alle spese di giudizio a favore del controricorrente.

Infine deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore del controricorrente che si liquidano in Euro 2,100,00 oltre spese prenotate a debito. Ricorrono i presupposti processuali per l’applicazione di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 4 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2020

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