Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9589 del 22/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 22/04/2010, (ud. 17/03/2010, dep. 22/04/2010), n.9589

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.S., elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Bortolo

Bellotti 5, presso l’avv. AVERSANO Ettore, che la rappresenta e

difende, unitamente all’avv. Luisa CISARO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, domiciliata in Roma,

via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 79/15/07 del 9/10/07;

udito l’avv. Luisa Cisaro;

udito il P.M., in persona del sostituto Procuratore Generale Dott.

IANNELLI Domenico, che ha concluso in conformità alla relazione.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione scritta prevista dall’art. 380 bis c.p.c., nei termini che di seguito si trascrivono:

” B.S. propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che ha rigettato l’appello da essa proposto contro la pronuncia di primo grado, che aveva respinto il suo ricorso contro un avviso di rettifica IVA. Il ricorso contiene quattro motivi. Può essere trattato in Camera di consiglio (art. 375 c.p.c., n. 5) e rigettato, per manifesta infondatezza, alla stregua delle considerazioni che seguono:

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata, formulando il seguente quesito di diritto: se è necessario che la sentenza debba contenere concisamente i motivi di fatto e di diritto della decisione di guisa che quando il difetto di motivazione si traduce in una radicale inidoneità ad esprimere la ratio decidendi o vi sia contrasto tra la motivazione e il dispositivo la sentenza è nulla.

Il mezzo è inammissibile, attesa la genericità ed astrattezza del quesito di diritto, privo di qualsiasi riferimento alla fattispecie concreta e formulato in modo tale da imporre una risposta positiva.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., formulando il seguente quesito di diritto: se sia vero che il giudice di appello deve esaminare tutti i motivi dedotti dovendo esserci corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e, pur potendo addurre ragioni diverse, deve esaurire i motivi presentati.

Anche il secondo motivo è inammissibile per inidoneità del quesito, del tutto generico ed astratto.

Con il terzo motivo, sotto il profilo del vizio di motivazione, la ricorrente lamenta che il giudice tributario non abbia esposto l’iter logico che lo ha condotto a ritenere che l’esercizio di competenza cui l’avviso si riferiva fosse il 1996 piuttosto che il 1995.

Il terzo motivo è inammissibile, considerato che la stessa ricorrente, nella, narrativa del ricorso (pag. 2), riferisce che l’avviso di rettifica impugnato si riferiva all’anno di imposta 1996.

Con il quarto motivo la ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione, si duole che il giudice tributario non abbia rilevato che l’Ufficio avrebbe dovuto semmai rettificare l’anno di imposta 2005 piuttosto che il 2006.

Il mezzo appare di difficile comprensione, per il riferimento – probabilmente frutto di errore materiale – agli anni di imposta 2005 e 2006 invece che 1995 e 1996.

In ogni caso deve ritenersi anch’esso inammissibile, muovendo dal presupposto, del tutto indimostrato, che nella dichiarazione IVA del 1996, oggetto di rettifica, la contribuente non abbia dichiarato le giacenze iniziali da cui la rettifica muove”;

che la ricorrente ha depositato una memoria;

che il collegio condivide la proposta del relatore;

che pertanto il ricorso va rigettato, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 1.200,00 di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 1.200,00 di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 17 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2010

 

 

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