Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9589 del 13/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 13/04/2017, (ud. 03/11/2016, dep.13/04/2017),  n. 9589

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico Guido – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12254-2011 proposto da:

ENEL RETE GAS S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio TRIFIRO’ & PARTNERS,

rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE TRIFIRO’, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA GIOVANNI BETTOLO 22, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO

PENZAVALLI, rappresentato e difeso dall’avvocato MARTA MARCHETTI,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 717/2010 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 11/11/2010 R.G.N. 690/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/11/2016 dal Consigliere Dott. DE GREGORIO FEDERICO;

udito l’Avvocato GHIA LORENZO per delega verbale Avvocato TRIFIRO’

SALVATORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI FRANCESCA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO del PROCESSO

La Corte di Appello di Genova con sentenza n. 717 in data 8 ottobre – 11 novembre 2010 rigettava il gravame interposto da ENEL RETE GAS s.p.a. avverso la pronuncia, con la quale era stato respinta l’opposizione della medesima società contro il Decreto Ingiuntivo di 12.068,70 euro, emesso a favore di A.A. a titolo d’indennità sostituiva del preavviso ex art. 6 del CCNL 30-04-2003 per i dipendenti da imprese e società di servizi d’igiene ambientale. Infatti, l’ A. era stato licenziato da Enel RETE GAS con lettera del 23-12-2004, a far data dal successivo 31 dicembre, passando peraltro alle dipendenze di GAIA s.p.a. con decorrenza dal primo gennaio 2005, per effetto del subentro di quest’ultima società nel contratto di appalto relativo alla gestione del servizio fognature e depurazione del COMUNE di MASSA e di altri consorziati, passaggio avvenuto senza soluzione di continuità ex art. 6 del succitato contratto collettivo, ritenendo che in base tenore letterale degli artt. 74 e 6 del CCNL, nonchè art. 2118 c.c., non fosse possibile escludere il diritto all’indennità sostituta del preavviso per il solo fatto del passaggio diretto alle dipendenze di altra impresa subentrata nel menzionato contratto di appalto.

ENI RETE GAS S.p.A. ha impugnato la sentenza della Corte distrettuale mediante ricorso per cassazione in data 29 aprile – sei maggio 2011, affidato a tre motivi, depositando in seguito memoria ex art. 378 c.p.c..

A.A. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2118 c.c. in relazione all’art. 12 disp. gen.. La sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto della ratio dell’art. 2118 c.c., in riferimento al meccanismo contrattuale previsto dall’art. 6 della contratto collettivo di categoria. Tale disposizione prevedeva l’assunzione da parte della società subentrata nel appalto. Quindi, non vi era alcuna soluzione di continuità tra la cessazione del primo rapporto di lavoro e l’attivazione del secondo rapporto di lavoro; conseguentemente, non aveva ragion d’essere il preavviso, che presuppone un periodo in cui il lavoratore licenziato deve ricercare una nuova occupazione.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione falsa applicazione degli artt. 6 e 74 C.C.N.L. 30 aprile 2003 in relazione agli artt. 1362 e 1363 c.c.. In base alla contrattazione collettiva di settore, secondo la società, doveva escludersi che nel caso di passaggio di gestione per scadenza del contratto di appalto la cessante parte datoriale fosse comunque tenuta al pagamento dell’indennità di preavviso. Con il terzo motivo la ricorrente deduce vizio di motivazione in ordine allo stesso punto, ossia alla ritenuta debenza dell’indennità sostitutiva del preavviso.

Il ricorso – i cui tre motivi possono essere esaminati congiuntamente – è infondato, in base a quanto già osservato in analoghi casi da questa Corte come da precedenti sentenze n. 1148 del tre ottobre 2013/21 gennaio 2014 e n. 24429/primo dicembre 2015.

Ed invero, l’art. 2118 c.c., prevede l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso in ogni caso di licenziamento in cui non ci sia stato un preavviso lavorato senza eccettuare l’ipotesi in cui il lavoratore licenziato abbia immediatamente trovato un’altra occupazione lavorativa, neppure nell’ipotesi in cui la contrattazione collettiva – quale nella specie quella di livello nazionale ex part. 6 C.C.N.L. 30 aprile 2003 FISE per i dipendenti da imprese e società esercenti servizi di igiene ambientale – preveda un procedimento per pervenire al passaggio diretto e immediato del personale dell’impresa cessante nell’appalto di servizi alle dipendenze dell’impresa subentrante, lasciando ferme la risoluzione del rapporto di lavoro e la corresponsione di quanto dovuto per effetto della risoluzione stessa da parte dell’impresa cessante.

Non conferente nella fattispecie appare, quindi, il principio affermato da Cass. lav., 22 aprile 1995, n. 4553; pronuncia questa che ha sì ritenuto che l’indennità sostitutiva del preavviso non compete al lavoratore nel caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro (ex art. 1372 c.c.) seguita, senza soluzione di continuità, da una nuova assunzione dello stesso lavoratore alle dipendenze di un diverso datore di lavoro, atteso che in tale ipotesi non ricorrono le finalità sottese alla disposizione di cui all’art. 2118 c.c., individuabili, da un lato, nell’esigenza di impedire che il lavoratore si trovi all’improvviso e contro la sua volontà di fronte alla rottura del contratto ed in conseguenza di ciò, versi in una imprevista situazione di disagio economico, e, dall’altro, in quella di consentire che il lavoratore stesso possa usufruire di un tempo minimo per trovarsi una nuova occupazione o di organizzare la propria esistenza nell’imminenza della cessazione del rapporto di lavoro. Ma appunto tale principio si riferisce alla diversa fattispecie della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.

Nè il richiamo dell’art. 6 C.C.N.L. 30 aprile 2003 FISE per i dipendenti da imprese e società esercenti servizi di igiene ambientale vale a introdurre una deroga contrattuale, sia perchè nulla è previsto quanto all’indennità sostitutiva del preavviso, sia perchè la disposizione contrattuale in realtà prevede un procedimento per pervenire al passaggio diretto e immediato del personale dell’impresa cessante nell’appalto alle imprese subentrante. Quindi, vi era una soluzione di continuità tra il primo rapporto di lavoro con l’impresa cedente e quello successivamente instaurato con l’impresa subentrante. Tale circostanza di fatto, prefigurata dall’art. 6 citato, non vale ad escludere l’applicazione della regola generale posta dall’art. 2118, secondo cui, in caso di recesso dal rapporto di lavoro del datore di lavoro senza giusta causa, quest’ultimo è tenuto al pagamento in favore del lavoratore licenziato dell’indennità sostitutiva del preavviso. In questo senso, nella stessa identica fattispecie, si è già pronunciata questa Corte (Cass., sez. lav., 7 giugno 2012, n. 9195) su un precedente ricorso proposto dalla medesima società ENEL Rete Gas S.p.a. avverso analoga pronuncia della Corte d’appello di Genova; ricorso parimenti rigettato. Con tale precedente questa Corte ha osservato in proposito che le disposizioni della contrattazione collettiva – art. 6 del CCNL di settore e la dichiarazione congiunta in calce allo stesso – non introducono elementi idonei a sostenere la tesi della ricorrente, come da quest’ultima prospettato. L’art. 6 in questione, richiamato nella sentenza del giudice d’appello, afferma “nei casi di passaggio di gestione per scadenza del contratto di appalto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro e la corresponsione di guanto dovuto per effetto della risoluzione stessa da parte dell’impresa cessante, il datore di lavoro subentrante e la RSU o, in mancanza, le RSA delle OO.SS. stipulanti, congiuntamente alle strutture territoriali competenti, si incontreranno in tempo utile per avviate le procedure relative al passaggio diretto ed immediato del personale dell’impresa cessante addetto allo specifico appalto, nei limiti dei dipendenti in forza 180 giorni calendariali prima della scadenza dell’appalto”.

La medesima disposizione prevede, altresì: “Al personale di cui al comma che precede l’azienda subentrante riconosce il trattamento economico e normativo contrattuale già corrisposto dall’impresa cessante, ivi compresi…”.

Orbene, l’anzidetta previsione contrattuale esclude che nel passaggio di gestione si configuri continuità ininterrotta del rapporto di lavoro tra impresa cessante e impresa subentrante. Il rapporto che si verrà ad instaurare è nuovo rispetto a quello cessato. Le parti sociali hanno pure riconosciuto la cesura tra i due rapporti laddove, nella dichiarazione congiunta in calce all’art. 6, hanno espressamente ribadito che “le parti stipulanti si danno atto che la normativa di cui al presente articolo, in caso di assunzione per passaggio diretto ed immediato, non modifica il regime connesso alla cessazione di appalto che prevede la risoluzione del rapporto di lavoro con l’impresa cessante – ai sensi della L. 15 luglio 1996, n. 604, art. 3 – e la costituzione ex nova del rapporto di lavoro con l’impresa subentrante”.

Può solo aggiungersi che l’anzidetta opzione ermeneutica trova ulteriore conferma anche nell’art. 74 del c.c.n.l. di riferimento, laddove è sancito il principio secondo cui il rapporto di lavoro a tempo indeterminato non in prova non può essere risolto da nessuna delle parti senza un periodo di preavviso Il ricorso va dunque rigettato.

Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

La Corte RIGETTA il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese, che liquida a favore di parte controricorrente in Euro 100,00 (cento/00) per esborsi ed in Euro 4000,00 (quattromila/00) per compensi, oltre spese generali 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2017

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