Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9585 del 12/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 12/04/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 12/04/2021), n.9585

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25447-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

TAS TRASPORTI AEROPORTUALI SEGRATESI SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1836/03/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 20/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO

CROLLA.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. La soc. T.A.S. Trasporti Aeroportuali Segratesi srl proponeva distinti ricorsi davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano avverso quattro avvisi, notificati in data 22 dicembre 2014, con i quali per gli anni di imposta 2005, 2006, 2007 e 2008, venivano accertate maggiori imposte Ires, Irap e Irpef

2. La Commissione Tributaria Provinciale, riuniti i ricorsi, li accoglieva rilevando la decadenza dell’Ufficio dal potere impositivo sulla scorta della ritenuta inapplicabilità del raddoppio dei termini.

3. Sull’impugnazione dell’Agenzia, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia rigettava l’appello non avendo l’Agenzia delle Entrate rispettato il termine di gg 60 previsto dall’art. 12, comma 7, e non ritenendo giustificati i motivi di urgenza addotti dall’Ufficio.

4. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione articolando due motivi. La contribuente non si è costituita. L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria.

5 Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, e dell’art. 2967 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, per non avere la CTR riconosciuto la rilevanza ai fini della deroga della disciplina sul termine per l’emissione dell’avviso di accertamento preceduto da in pvc degli elementi forniti dall’Ufficio.

1.1 Con il secondo motivo viene dedotta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4), e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la CTR reso una motivazione illogica ed apparente.

2. In difformità dalla proposta del relatore, il primo motivo è fondato.

2. La L. n. 212 del 2000, art. 12, (statuto del contribuente) stabilisce che “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

2.1 Nella materia in esame, la giurisprudenza di questa S.C. ha ormai consolidato i suoi orientamenti, che sono così riassumibili: a) l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, comporta l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza (Cass., Sez. Un., 29/07/2013, n. 18184 e molte altre successive, tra cui Cass., Sez. V, 09/07/2014, n. 15634; Cass., Sez. V, 30/10/2018, n. 27623; l’onere di dimostrare le ragioni dell’urgenza grava sull’Amministrazione finanziaria tenuta al rispetto di detto termine, secondo le regole generali del diritto delle obbligazioni (Cass., Sez. V, 05/02/2014, n. 2587; Cass., Sez. V, 07/09/2018, n. 21815).

2.2 Nel caso in esame è pacifico che la notifica degli avvisi di accertamento è avvenuta dopo 46 giorni dalla consegna del pvc al liquidatore della società contribuente e quindi prima del decorso del termine dilatorio di 60 giorni previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

2.3 Con il motivo di doglianza viene contestata la scorretta valutazione da parte della CTR che ha ritenuto le motivazioni addotte dall’Amministrazione (messa in liquidazione della società, cessione dell’azienda, esistenza di condotte penalmente rilevanti, condotta del contribuente imminenza del termine di decadenza) inidonee a far ritenere integrata la fattispecie derogatoria prevista dalla citata disposizione dello Statuto del contribuente.

2.4 Orbene se secondo la giurisprudenza richiamata nel ricorso le ragioni d’urgenza, valide ai fini dell’anticipazione della notifica dell’atto impositivo, devono essere riferite ai casi in cui il contribuente versi in un grave stato di insolvenza (cfr. Cass. N. 14287/2014, n. 9424/2014) o sia fallito (Cass. n. 13294/2016 e n. 8892/2018) o, più in generale, se ricorre una evidente situazione di pericolo di perdita del credito fiscale (Cass. n. 9424/2014) non è dato comprendere le ragioni per le quali i fatti oggettivi riferiti dall’Agenzia dell’Entrate costituiti dalla messa in liquidazione della società, che risale come accertato dalla CTR ad un periodo anteriore alla verifica fiscale e dalla cessione di un ramo di azienda siano idonei a far ritenere attuale una situazione di urgenza di procedere.

2.6 Con riferimento all’argomento dell’imminente scadenza del termine di decadenza dell’azione accertatrice (che comunque si riferirebbe limitatamente all’avviso di accertamento relativo all’anno 2005) questa Corte ha avuto modo di precisare che “le ragioni che giustificano la deroga alla volontà del legislatore non possono essere integrate dall’imminente decorso dei termini utili all’accertamento in quanto, diversamente opinando, si verrebbe a giustificare un ritardo tutt’altro che occasionale ma fisiologico al modus operandi degli Uffici finanziari che spesso, senza alcun motivo eccezionale o imprevedibile, portano a compimento l’accertamento a ridosso dello spirare dei termini, svuotando così la norma della sua funzione di garanzia. In altri termini, il fatto implicito dell’imminente scadenza del termine di accertamento, ritenuto qui sufficiente dalla CTR a giustificare la deroga all’osservanza del termine di 60 giorni, non può legittimare l’operato dell’Ufficio che, altrimenti, sarebbe autorizzato a comprimere il diritto del contribuente, senza valido ed adeguato motivo, operando sistematicamente solo nell’imminenza dei termini di prescrizione anche in assenza di un oggettivo impedimento che abbia ostacolato un tempestivo accertamento” (cfr. Cass. n. 9424/2014, n. 16478/2014).

2.7 E’ invece circostanza idonea a giustificare l’emissione dell’avviso di accertamento senza il rispetto il termine dilatorio di 60 giorni previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, l’apertura di un procedimento penale nei confronti del contribuente.

2.8 Questa Corte ha, infatti, ripetutamente affermato che “con specifico riferimento alle ragioni che possono consentire l’anticipazione della notifica dell’atto impositivo, questa Corte ha ritenuto che può essere sufficiente, se specificamente riferita al contribuente e al rapporto tributario controverso, l’allegazione della sua partecipazione ad una frode perpetrata ai danni dell’Erario Tale circostanza, infatti, se dimostrata, potrebbe richiedere un’anticipata notifica dell’atto impositivo, al fine di evitare il pericolo di una perdita fiscale per l’erario o, comunque, di circoscrivere gli effetti pregiudizievoli di tale perdita, ovvero di evitare la protrazione di una condotta in essere o, comunque, la reiterazione della stessa che presenti carattere gravemente illecito, anche in considerazione dell’entità dell’importo oggetto del recupero fiscale fatto valere con l’atto notificato.” (cfr. n. 26650/2020, n. 1289/2020 n. 21815/2018, n. 17211/2018, n. 14287/2014 e n. 2587/2014).

2.9 Nella fattispecie risulta dalla stessa sentenza che le condotte accertate hanno dato luogo anche ad indagini penali che sono state riversate in un procedimento penale presso la Procura delle Repubblica del Tribunale di Piacenza.

2.10 La CTR non si è si è uniformata ai principi di diritto sopra enunciati.

3. Il secondo motivo è infondato.

3.1 Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. E’ noto che in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. con modif. in L. n. 134 del 2012, è denunciabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si concretizza nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, quale ipotesi che non rende percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logiclità del ragionamento del giudice. In particolare, il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis, presuppone che il giudice di merito abbia esaminato la questione oggetto di doglianza, ma abbia totalmente pretermesso uno specifico fatto storico, e si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”, mentre resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. E così, ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.

3.2 Nella specie la CTR ha enunciato le ragioni in fatto e diritto – consistite nel giudizio di non idoneità dei fatti rappresentati dall’Ufficio a giustificare il regime derogatorio della disciplina sul termine dilatorio – che sorreggono il decisum in modo da rispettare il parametro del “minimo costituzionale”.

4. In accoglimento del primo motivo del ricorso la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio

PQM

La Corte:

accoglie il primo motivo di ricorso rigettato il secondo, cassa l’impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2021

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