Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9583 del 13/04/2017


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Cassazione civile, sez. II, 13/04/2017, (ud. 20/12/2016, dep.13/04/2017),  n. 9583

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 27715/2012 R.G. proposto da:

B.G., – c.f. (OMISSIS) – (quale erede di S.I.),

elettivamente domiciliato in Roma, al Largo Maresciallo Diaz, n. 22,

presso lo studio dell’avvocato Fabrizio Valenzi che congiuntamente e

disgiuntamente all’avvocato Carlo Bruno Scalenghe lo rappresenta e

difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO di (OMISSIS), – c.f. (OMISSIS) – in persona

dell’amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma,

alla via Giulianello, n. 26, presso lo studio dell’avvocato Sandro

Maria Musilli che congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato

Massimo Gotta lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale

a margine del controricorso;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 6876/2011 del tribunale di Torino;

Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 20

dicembre 2016 dal consigliere dott. Luigi Abete;

Udito l’avvocato Fabrizio Valenzi per il ricorrente;

Udito l’avvocato Giorgia Minozzi, per delega dell’avvocato Massimo

Gotta, per il controricorrente;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore

generale dott. RUSSO Rosario, che ha concluso per la declaratoria di

manifesta infondatezza del ricorso con condanna aggravata alle

spese.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso al giudice di pace di Torino il (OMISSIS) chiedeva ingiungersi alla condomina S.I. il pagamento dell’importo di Euro 1.896,58 oltre interessi e spese.

Con decreto n. 11679/2008 il giudice di pace pronunciava l’ingiunzione.

Con atto di citazione notificato il 7.10.2008 S.I. proponeva opposizione.

Deduceva che l’ingiunzione era stata sollecitata dal condominio in persona di soggetto che non ne aveva veste di amministratore; che l’importo richiesto non era stato correttamente quantificato e non concerneva la gestione ordinaria.

Resisteva il condominio.

Con sentenza n. 3991/2009 il giudice adito rigettava l’opposizione e condannava l’opponente alle spese.

Interponeva appello S.I..

Resisteva il (OMISSIS).

Costituitosi B.G. a seguito del decesso della madre, originaria opponente, con sentenza n. 6876/2011 il tribunale di Torino rigettava il gravame e condannava l’opponente alle spese del grado.

Esplicitava il tribunale, in ordine al primo motivo di gravame e per quel che rileva in questa sede, che non valeva ad integrare gli estremi neppure della mera irregolarità la circostanza per il condominio avesse in via monitoria agito non già in persona dell’amministratore ossia della s.n.c. “Studio Tecnico Campana” sibbene in persona del geometra Bo.Ma.; che invero costui aveva a sua volta veste di amministratore e legale rappresentante della s.n.c. e, come tale, “non aveva bisogno di spendere il relativo nome, nel caso avesse inteso agire, come indubbiamente intese agire, per la società stessa nell’esercizio delle funzioni che essa ha di amministratore del Condominio di (OMISSIS)” (così sentenza impugnata, pag. 5).

Esplicitava al contempo che il condominio ricorrente non solo non aveva mai contestato l’operato del geometra Bo., ma aveva per giunta “ratificato gli atti da questo posto in essere, così sanando ogni eventuale irregolarità” (così sentenza impugnata, pag. 4).

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso B.G.; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.

Il (OMISSIS)via Barletta(OMISSIS) ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso; vinte le spese.

Il condominio controricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione delle norme in tema di legittimazione attiva.

Premette che già con l’iniziale atto di opposizione aveva dedotto il difetto di legittimazione del condominio, giacchè controparte aveva “in persona dell’Amministratore pro tempore geom. Bo.Ma.” e non già “in persona dell’Amministratore pro tempore Studio Tecnico Campana s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore geom. Bo.Ma.” esperito il ricorso per decreto ingiuntivo.

Indi deduce che ha errato il tribunale allorchè ha disconosciuto la sussistenza di un problema di legittimazione attiva.

Deduce invero che “il potere rappresentativo costituisce un presupposto riguardante la regolare costituzione del rapporto processuale e può essere accertato in ogni stato e grado del giudizio” (così ricorso, pag. 13); che il difetto di legittimazione processuale determina la nullità degli atti processuali.

Deduce altresì che la pronuncia n. 20913/2005 di questo Giudice del diritto, richiamata dal tribunale di Torino onde suffragare la possibilità di ratifica degli atti posti in essere dal falsus procurator, non si attaglia al caso di specie; che infatti nel caso di specie “il Geom. Bo. sarebbe stato il falsus procurator e sempre il Geom. Bo. è risultato essere il soggetto che, quale legale rappresentante dello Studio Tecnico Campana, effettivo amministratore del condominio di (OMISSIS), si sarebbe auto ratificato gli atti in precedenza posti in essere” (così ricorso, pag. 15).

Deduce inoltre che il condominio avrebbe potuto sanare il difetto di legittimazione processuale esclusivamente con una delibera assembleare che in alcun modo è stata assunta.

Deduce infine che il principio espresso con la pronuncia n. 3800/2008 di questo Giudice del diritto non è pertinente al caso de quo, giacchè si riferisce ad una ipotesi di rappresentanza contrattuale e non processuale.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione delle norme in tema di autorizzazione dell’amministratore a stare in giudizio da parte dell’assemblea.

Deduce che l’amministratore ha agito senza essere munito di alcuna autorizzazione a stare in giudizio.

Deduce che la impugnata sentenza per nulla ha motivato “in ordine alla necessità che l’Amministratore di Condominio debba essere munito di apposita autorizzazione a stare in Giudizio da parte dell’Assemblea” (così ricorso, pag. 18), “sia essa preventiva oppure nella forma della ratifica, pena l’inammissibilità dell’atto di costituzione” (così ricorso, pag. 21).

I motivi sono strettamente connessi. Il che ne suggerisce la disamina contestuale. I motivi in ogni caso sono destituiti di fondamento.

Va premesso che l’ingiunzione di pagamento è stata richiesta ai fini del recupero del “credito relativo a quote scadute e rimaste insolute per la gestione ordinaria e riscaldamento” (così controricorso, pag. 2).

Su tale scorta si rappresenta che questa Corte da tempo spiega che l’amministratore di un condominio, ai sensi dell’art. 1131 c.c., la rappresentanza dei partecipanti e può, quindi, agire a tutela di un interesse comune, sia contro i condomini sia contro i terzi, soltanto nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’art. 1130 c.c.; che pertanto, quando la rappresentanza attiva esula dalla sfera di dette attribuzioni, essa deve essere necessariamente sorretta da apposita investitura, deliberata dall’assemblea condominiale; che alla stregua di detti principi è da ritenere che l’amministratore sia legittimato ad agire in giudizio senza alcuna autorizzazione, nei confronti dei singoli condomini al fine: a) di eseguire le deliberazioni dell’assemblea e di curare l’osservanza dei regolamenti di condominio; b) di disciplinare l’uso delle cose comuni, cosi da assicurarne il miglior godimento a tutti i condomini; c) di riscuotere dai condomini inadempienti il pagamento dei contributi determinati in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea; d) di compiere, infine, gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio (cfr. Cass. 29.10.1975, n. 3655; Cass. 9.12.2005, n. 27292).

Alla luce del testè riferito insegnamento e con precipuo riferimento al secondo motivo del tutto sterile e ingiustificata è, pertanto, la prospettazione del ricorrente a tenor della quale “controparte, invece, non risulta essere munito di alcuna autorizzazione a stare in Giudizio” (così ricorso, pag. 21).

Per altro verso questa Corte spiega che il difetto di legittimazione processuale della persona fisica che agisce in giudizio in rappresentanza di un ente, può essere sanato in qualunque stato e grado del giudizio con efficacia retroattiva, con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti per effetto della costituzione in giudizio del soggetto dotato dell’effettiva rappresentanza dell’ente stesso, il quale manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare la precedente condotta difensiva del “falsus procurator”; e che tanto la ratifica quanto la conseguente sanatoria devono ritenersi ammissibili anche in relazione ad eventuali vizi inficianti la procura originariamente conferita al difensore da un soggetto non abilitato a rappresentare la società in giudizio, trattandosi di atto soltanto inefficace e non anche invalido per vizi formali o sostanziali, attinenti a violazione degli artt. 83 e 125 c.p.c. (cfr. Cass. 15.9.2008, n. 23670).

Su tale scorta, da un canto, appieno va recepito il rilievo secondo cui “condivisibile appare il ragionamento svolto dalla parte appellata in tema di sanatoria degli atti per effetto della prosecuzione del giudizio con costituzione dell’amministratore, qualificatosi espressamente quale “Studio Tecnico Campana s.n.c.”, in persona del Bo.” (così sentenza d’appello, pag. 5); dall’altro, di certo va disatteso l’assunto del ricorrente secondo cui “in un’ipotesi come quella di causa, non vi possa essere possibilità di ratifica” (così ricorso, pag. 15).

Più esattamente, sul substrato della ritenuta non necessità di un’autorizzazione assembleare ai fini dell’esercizio dell’azione monitoria, si specifica che nulla ostava (e nulla osta) a che il difetto di legittimazione del geometra Bo.Ma. a rappresentare il condominio fosse sanato con efficacia retroattiva dalla costituzione dello “Studio Tecnico Campana” s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore geometra Mauro Bo..

Il rigetto del ricorso giustifica la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.

Non sussiste il presupposto della colpa grave perchè si possa far luogo alla condanna – sollecitata dal Pubblico Ministero – di cui all’abrogato art. 385 c.p.c., comma 4, nel caso de quo applicabile ratione temporis (l’art. 385 c.p.c., comma 4, che prevede la condanna del soccombente al pagamento di un’ulteriore somma a favore della controparte in caso di colpa grave, continua ad applicarsi nei giudizi di legittimità aventi ad oggetto sentenze pubblicate dopo il 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 20, che ne ha disposto l’abrogazione, a condizione che il primo grado sia stato instaurato anteriormente, atteso che le nuove norme, ivi compreso l’art. 46 cit., operano, in virtù dell’art. 58, solo nei giudizi iniziati dopo il 4 luglio 2009: cfr. Cass. 17.7.2015, n. 15030).

Questa Corte infatti spiega che la colpa grave postulata dall’abrogato comma 4 dell’art. 385 c.p.c. presuppone che la parte abbia agito, o resistito, con la coscienza dell’infondatezza della domanda o dell’eccezione, ovvero senza avere adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell’infondatezza della propria posizione (cfr. Cass. 20.1.2015, n. 817; Cass. 18.1.2010, n. 654, secondo cui la colpa grave, di cui all’art. 385 c.p.c., comma 4, si specifica nella condotta consapevolmente contraria alle regole generali di correttezza e buona fede tale da risolversi in un uso strumentale ed illecito del processo, in violazione del dovere di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate).

Negli enunciati termini è da escludere senz’altro che nella fattispecie sussista il presupposto della colpa grave viepiù in considerazione della significatività dei profili in diritto la cui disamina si è imposta.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, B.G., a rimborsare al condominio controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2017

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