Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9582 del 13/04/2017


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Cassazione civile, sez. II, 13/04/2017, (ud. 11/10/2016, dep.13/04/2017),  n. 9582

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17849-2012 proposto da:

B.R., – (OMISSIS), elettivamente domiciliata in Roma, Viale

Bruno Buozzi 36, presso lo studio dell’avvocato CARLO MARTUCCELLI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARMINE COVINO,

come da procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

BA.GA., elettivamente domiciliato in Roma, Via R.R. Pereira

78, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO LO RETO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO FURIOSI, come

da procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1718/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 16/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/10/2016 dal Consigliere Ippolisto Parziale;

uditi gli avvocati Martuccelli e Minisci per delega Furiosi, che si

riportano agli atti e alle conclusioni assunte;

udito il sostituto procuratore generale, PEPE Alessandro, che

conclude per l’accoglimento dei primi due motivi del ricorso e

assorbimento del terzo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A. Sulla base della sentenza impugnata lo svolgimento del processo può così riassumersi.

1. Nel maggio 2005, B.R. iniziava il giudizio avanti al tribunale di Lodi nei confronti del fratello Ba.Ga.. Chiariva di essere comproprietaria, insieme al convenuto, di una terrazza nel condominio sito in (OMISSIS). La terrazza costituiva la copertura del magazzino sottostante al piano terra, era pavimentata con piastrelle di gres rosso con pendenze molto lievi e la raccolta delle acque piovane risultava insufficiente in rapporto alla superficie di essa. Durante piogge abbondanti, l’acqua in eccesso si riversava nei vani scala che si aprivano sulla terrazza e all’interno degli appartamenti prospicienti. Precisava ancora l’attrice che Ba.Ga., lamentando infiltrazioni di acqua piovana nel sottostante magazzino, aveva fatto eseguire alcune lavorazioni lungo il perimetro e negli angoli della terrazza, consistenti nella impermeabilizzazione di essa con teli bituminosi saldati a fiamma. Tale riparazione era stata eseguita sulla cosa comune senza essere stata concordata, arrecava danno alla terrazza, perchè il catrame della impermeabilizzazione, oltre ad essere antiestetico, d’estate si scioglieva ed impediva il passaggio alle persone. Di conseguenza chiedeva dichiararsi la responsabilità del convenuto per il danno prodotto e la sua condanna al ripristino dello stato dei luoghi, eliminando l’impermeabilizzazione, o “di autorizzare lei stessa ad eseguire a sue spese i lavori di rimozione, salvo rimborso a carico del responsabile, nonchè disporre il rifacimento della pavimentazione con impermeabilizzazione adeguata e un nuovo impianto di raccolta dell’acqua piovana per un più adeguato smaltimento di essa”. Con condanna del convenuto al risarcimento del danno per Euro 5000,00 per l’abusivo intervento e le infiltrazioni d’acqua prodottesi negli appartamenti limitrofi alla terrazza.

2. Ba.Ga. si difendeva deducendo che si trattava di lastrico solare di sua esclusiva proprietà, non di bene condominiale, gravato da servitù di passaggio in favore degli appartamenti di proprietà della sorella B.R.. I lavori erano consistiti nel ripristino della precedente guaina bituminosa. La richiesta di rifacimento del manto di copertura della terrazza e dell’impianto di raccolta delle acque piovane era inammissibile, in quanto non preceduta dall’esperimento delle procedure previste nell’art. 1105 c.c.

3. Svolte le prove orali e CTU, il Tribunale di Lodi rigettava le domande.

B. La Corte di appello di Milano respingeva il gravame della B..

1. Osservava che “il bene oggetto del giudizio” poteva essere qualificato “più specificatamente come lastrico solare o terrazzo a livelli” costituente “esclusiva copertura dei locali sottostanti di proprietà del Sig. Ba.Ga., come risulta dai titoli prodotti in giudizio (in particolare visura catastale e testamento) e come è confermato dalla perizia del CTU, Ing. Z.B.”. Riteneva poi la Corte locale che la “funzione principale del bene de quo (era) quella di costituire copertura del magazzino sottostante. Il lastrico solare o la terrazza a livelli di cui si discute rappresenta, quindi, parte strutturale e funzionale del magazzino sottostante”. Aggiungeva, quindi, che “se è pacifica e non contestata tra le parti l’esclusiva proprietà del bene sottostante il lastrico solare in capo al Sig. Ba.Ga., ne consegue che anche il bene de quo (il lastrico), quale parte integrante e strutturale del magazzino, sia da ricondurre alla proprietà dello stesso”.

Osservava ancora la Corte territoriale che “è da escludere altresì la riconducibilità del bene alla comunione, ex art. 1117 c.c., stante l’accertata principale funzione di copertura che lo stesso svolge sulla proprietà del Sig. Ba.Ga.”.

2. La Corte di appello rigettava “per assorbimento” anche il secondo motivo di appello (così sintetizzato, “2. Sull’accertamento dei vizi e danni e sul conseguente eventuale risarcimento dei danni”, ndr, “stante il logico collegamento”.

C. Impugna tale decisione la B. con tre motivi. Resiste con controricorso la parte intimata. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

A. I motivi del ricorso.

1. Col primo motivo si deduce: “violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, – Omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 – Erronea affermazione secondo cui la terraua a livello che copre l’immobile di proprietà esclusiva di un condomino si deve presumere di proprietà esclusiva di quest’ultimo”.

Ha errato la Corte locale a qualificare la terrazza come “lattico solare”, perchè “costituisce esclusiva copertura dei locali sottostanti di proprietà del Sig. Ba.Ga.” con funzione principale… di copertura del magazzino sottostante”, costituendo “parte strutturale e funzionale del magazzino sottostante”. La Corte locale ha altresì escluso “la riconducibilità del bene alla comunione, ex art. 1117 c.c., stante l’accertata principale funzione di copertura che lo stesso svolge sulla proprietà del Sig. Ba.Ga.”.

Secondo la ricorrente, “risulta innanzitutto totalmente erronea, in punto di diritto, l’equiparazione della terrazza a livello al lastrico solare”, avendo la Corte locale attribuito “alla terrazza a livello una funzione prevalente di copertura dei vani sottostanti, anzichè di affaccio e comodità per gli appartamenti cui è collegata”.

La Corte locale ha poi insufficientemente motivato “per non avere considerato che il bene per cui causa, in quanto terrazza a livello, si doveva presumere di proprietà comune dei vari appartamenti di cui costituiva estensione ed affaccio e non di proprietà esclusiva del condomino proprietario del locale sottostante”.

Richiama la descrizione del bene: “la predetta terrazza risulta ubicata all’interno di un compendio immobiliare di più ampie dimensioni che la delimita per l’intero perimetro. Pertanto, la stessa funge anche da cortile interno dove aprono le diverse vedute degli appartamenti ubicati all’interno del compendio immobiliare, mentre l’accesso alla stessa avviene a mezzo della scala condominiale (cfr. memoria tecnica di parte attrice, allegato A foto 1-7, in particolare foto 6 e planimetria della terra)”. Aggiunge che “gli immobili in questione erano tutti di proprietà della madre delle parti in causa, Sig.ra M.R. (v. anche scheda tecnica allegata alla seconda perizia di ufficio), che a seguito della sua morte il (OMISSIS) ha lasciato a succedere i due figli Ga. e B.R.”. E conclude rilevando che “la porzione di immobile per cui causa (e sulla quale il sig. Ba. ha eseguito gli interventi contestati), proprio in considerazione dello stato oggettivo dei luoghi, risulta propriamente essere una terrazza (cosiddetta a livello) e non un lastrico solare. Se si esamina la planimetria allegati agli atti di causa e la documentazione fotografica si riscontra che lo spazio in questione è tipicamente una grande terrazza a livello volta a dare un affaccio e ulteriori comodità (ad esempio, passaggio) agli appartamenti cui è collegata e dei quali rappresenta una proiezione verso l’esterno”.

2. Col secondo motivo si deduce: “violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – Omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Erronea affermazione secondo cui il lastrico solare che copre l’immobile di proprietà esclusiva di un condomino si deve presumere di proprietà esclusiva di quest’ultimo”.

Precisa la ricorrente di voler censurare l’argomentazione della Corte di appello secondo cui “il lastrico che copra locali di proprietà esclusiva del sig. Ba.Ga., sarebbe idoneo a far presumere la proprietà esclusiva in capo al convenuto”. Pacifica in capo al Ba. la proprietà esclusiva dell’officina sottostante al lastrico solare, la Corte locale ha errato nell’affermare che “si deve presumere che il lastrico solare, il quale copre un immobile di proprietà esclusiva di un condomino, sia di proprietà esclusiva del medesimo”, posto che “il lastrico solare riveste, nel quadro della sua normale destinazione, una duplice attitudine: quella tipica e primaria di copertura del fabbricato sottostante, ma anche quella, accessoria, di superficie praticabile destinata al servizio e godimento comune al di fuori della funzione di copertura”. Aggiunge che “per qualificare un lastrico solare come parte comune, ai sensi dell’art. 1117 c.c., n. 1, è necessaria la materiale destinazione del bene al servigio e godimento di più unità immobiliari appartenenti in proprietà esclusiva a diversi proprietari, tenendo presente che tale destinnione comune non deve essere esclusivamente quella di copertura, ma può essere anche una destinazione al passaggio o comunque ad avere una superficie praticabile”. Nel caso in questione “il lastrico solare, pur coprendo il locale di proprietà esclusiva di Ba.Ga., ha la caratteristica particolare di essere al servigio anche dei vari appartamenti di proprietà esclusiva che su di esso si affacciano o a cui hanno accesso, e ciò dovrebbe indurre a qualificare tale porzione di immobile come comune”. Precisa che risulta un regolamento condominiale al riguardo, perchè “Dopo la demolizione del fabbricato di proprietà della sig.ra M., madre delle parti in causa, e successivamente alla ricostruzione, alcuni appartamenti furono venduti a terzi: in tali atti di vendita non è mai stato fatto un elenco preciso delle parti comuni nè tanto meno si è citato un regolamento di condominio, bensì sono sempre stati richiamati gli articoli del codice civile a disciplinare i rapporti condominiali riguardanti le parti comuni”.

Aggiunge che “non risulta agli atti alcun documento che disciplini i diritti sul lastrico solare in questione e mai è stato costituito un utilizzo esclusivo di alcuni, piuttosto che la servitù passiva di altri relativamente a tale bene”.

3. Col terzo motivo si deduce: “Vizio di omessa pronuncia su una domanda ex art. 360 c.p.c., n. 4, in combinazione con l’art. 112 c.p.c. – Omessa pronuncia sulla domanda di rifacimento del manto della pavimentazione”. Precisa di aver “chiesto di accertarsi i vizi e i danni arrecati alla terrazza in comune in conseguenza delle opere eseguite da Ba.Ga. e di condannare quest’ultimo al risarcimento della somma di Euro 5000,00 per l’abusivo intervento e per le infiltrazioni di acqua negli appartamenti limitrofi”. Su tali domande “la Corte di Appello di Milano non si è pronunciata, perchè la stessa ha così motivato (pag. 7 della motivazione): “Stante il logico collegamento (con il motivo di appello n. 1) anche il motivo di appello n. 2 è rigettato per assorbimento””. In ogni caso, “sulla domanda di rifacimento della pavimentazione del terrazzo e del relativo sistema di raccolta di acque piovane, sulla quale è stato chiesto espressamente alla Corte di appello di pronunciarsi, manca qualsivoglia statuizione con conseguente vizio di error in procedendo della sentenza impugnata”.

2. Il ricorso è infondato e va respinto.

2.1 – E’ infondato il primo motivo, che sostanzialmente si fonda sulla ritenuta erronea presunzione di proprietà esclusiva, in relazione anche alla funzione di copertura di un locale di proprietà esclusiva in capo all’odierno resistente. La corte di appello ha motivato adeguatamente e condivisibilmente in merito alla funzione prevalente del lastrico-terrazza a livello. Quanto alla non completa valutazione dei titoli di provenienza va rilevato il difetto di autosufficienza sul punto.

2.2 – Parimenti è infondato il secondo motivo, così come prospettato, perchè si traduce nella sostanza in una mera critica ad una concorrente ratio decidendi. Non sembra, infatti, che l’odierna ricorrente, già attrice in primo grado, abbia opposto la natura condominiale della copertura, deducendo invece la comproprietà col fratello al fine del suo ripristino. Peraltro, e per inciso, va rilevato che se fosse affermata la natura condominiale del bene, allora l’odierna ricorrente sarebbe anche priva di legittimazione, se non presupponendo l’inerzia del condominio. Il motivo inoltre è carente di autosufficienza sul punto relativo al richiamo dei titoli di provenienza.

2.3 – E’ infondato anche l’ultimo motivo, circa l’omessa pronuncia sulle domande di rifacimento del manto della pavimentazione e per i danni per l’abusivo intervento, posto che correttamente la corte d’appello l’ha ritenuto assorbito dal rigetto degli altri motivi, stante l’affermata proprietà esclusiva della terrazza che in radice esclude la necessità del consenso dell’odierna ricorrente, nei limiti dedotti, alla esecuzione dei lavori.

3. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in Euro 4.000,00 (quattromila) per compensi e 200,00 (duecento) Euro per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2017

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