Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9581 del 12/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 12/04/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 12/04/2021), n.9581

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE AnnaMaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16800-2019 proposto da:

S.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27,

presso lo studio dell’avvocato MAINETTI FRANCESCO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BERNARDINI PAOLO

GIOVANNI;

– ricorrente –

contro

F.N., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EUGENIO

CHIESA 55, presso lo studio dell’avvocato SCETTI ROBERTO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GRASSO DOMENICO

VALTER;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2877/2018 del TRIBUNALE di MONZA, depositata

il 03/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. BESSO

MARCHEIS CHIARA.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

1. F.N. ha convenuto in giudizio S.D., deducendo che nel luglio del 2013 aveva acquistato una moto destinata al figlio, pagandola Euro 1.900, moto che il venditore aveva assicurato essere in ottime condizioni; nel mese di settembre, quando la moto aveva iniziato ad essere usata, erano sorti problemi (perdita d’olio, difficoltà a viaggiare a basse velocità) e, portata la moto in officina, era emerso che la medesima era stata oggetto di manomissioni e modifiche e che il preventivo per le riparazioni necessarie ammontava ad Euro 1.300; l’attrice chiedeva quindi che fosse pronunciata la risoluzione e, in subordine, l’annullamento del contratto di vendita.

Il Giudice di pace di Monza, con sentenza n. 945/2016, ha accolto la domanda di risoluzione del contratto di vendita.

Contro la sentenza ha proposto appello S., lamentando che l’attrice non aveva provato la sussistenza dei vizi e difetti e che in ogni caso il primo giudice aveva erroneamente ritenuto che tali vizi e difetti fossero stati tempestivamente denunciati.

Il Tribunale di Monza, con sentenza 3 dicembre 2018, n. 2877, ha rigettato l’appello.

Avverso la sentenza ricorre per cassazione S.D..

Resiste con controricorso F.N., chiedendo di respingere il ricorso e, ove ritenuto da questa Corte, di condannare il ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il ricorso è articolato in tre motivi.

a) Il primo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 1497 c.c. e dell’art. 2697 c.c., errata e/o omessa lettura delle prove documentali e delle dichiarazioni testimoniali, omessa motivazione e omesso esame di fatti storici decisivi per il giudizio, art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”.

Il motivo è inammissibile. Con esso il ricorrente contesta l’affermazione del giudice d’appello per cui “dalla documentazione in atti e dalle dichiarazioni dei testi escussi è emerso chiaramente, al contrario di quanto sostenuto dall’appellante, che la moto compravenduta non solo non aveva le qualità promesse, ma era anche affetta da gravi vizi”. L’affermazione sarebbe basata, ad avviso del ricorrente, sull’errata valutazione e mancata adeguata considerazione delle prove testimoniali (le deposizioni di C.R., C.V., Ca.Or. e B.U.) e delle dichiarazioni dello stesso ricorrente, nonchè dei documenti prodotti in giudizio.

Il motivo pertanto, pur richiamando il parametro della violazione o falsa applicazione di legge, si sostanzia in una richiesta di rivalutazione delle prove raccolte nel processo, inammissibile di fronte a questa Corte di legittimità. Quando alla denuncia di omesso esame di fatti decisivi, va sottolineato che “nell’ipotesi di c.d. doppia conforme, prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5, (applicabile al caso in esame), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse”, il che S.D. non ha fatto, incorrendo così nella declaratoria di inammissibilità della censura.

b) Il secondo motivo è rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 1495 c.c., inoperatività della garanzia per vizi e comunque intervenuta decadenza dalla garanzia per tardività della denuncia ex art. 1495 c.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., omessa motivazione e omesso esame di fatti storici decisivi per il giudizio”.

Il motivo è inammissibile in quanto il Tribunale ha considerato il motivo di gravame che contestava la tempestività della denuncia dei vizi, ma ha ritenuto che la denuncia fosse stata tempestiva, considerando la denuncia posta in essere dal marito dell’attrice il 3 ottobre del 2013, e che, in ogni caso, “è incontestato che le doglianze … fossero già state avanzate allo S. in precedenza” (profilo questo circa il quale il motivo si limita a dire che il ricorrente era “venuto per la prima volta a conoscenza della pretesa di controparte nel corso del mese di ottobre 2013”, ma non specifica quando e con quale atto la contestazione sia stata eventualmente stata posta in essere).

c) Con il terzo motivo non viene censurata la sentenza impugnata, ma si chiede a questa Corte di decidere nel merito la causa rigettando tutte le domande fatte valere da controparte.

2. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

La liquidazione delle spese, effettuata nel dispositivo, segue la soccombenza.

Il Collegio non ritiene che ricorrano i presupposti per la condanna del ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, non trattandosi di un ricorso dai contenuti “estremamente distanti dal diritto vivente e dai precetti del codice di rito, come costantemente e pacificamente interpretati dalle sezioni unite” (così Cass. 17814/2019).

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore della controricorrente che liquida in Euro 2.500, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/2 sezione civile, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2021

 

 

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