Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 958 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/01/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 20/01/2021), n.958

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12456-2019 proposto da:

V.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati

RAFFAELE DI TELLA, MARIA DEL PRETE;

– ricorrente –

contro

INPS, – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARLA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

GIUSEPPINA GIANNICO, ANTONELLA PATFERI, LUIGI CALIULO, SERGIO

PREDEN;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA VETERE,

depositato il 17/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA

MARIA LEONE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in sede di procedimento ex art. 445 c.p.c., omologava in data 17.12.2018, il requisito sanitario utile alle prestazioni richieste da V.C., riteneva generica e non valida la dichiarazione sostitutiva resa dalla V. ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., non liquidava le spese di lite, essendo l’Inps costituito a mezzo dei funzionari e poneva in solido tra le parti le spese di ctu. A seguito di istanza di correzione dell’errore materiale presentata dall’Inps, il Tribunale rilevata la costituzione dell’Inps per il tramite dell’Avvocatura, liquidava le spese di lite in Euro 969,00 in favore dell’Istituto, ponendole a carico della V..

Avverso tale decisione V.C. proponeva ricorso affidato a due motivi cui resisteva l’Inps con controricorso.

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1) Con primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. e art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver, il tribunale, affermato che la dichiarazione presentata non era idonea ai fini della esenzione dal pagamento delle spese di lite. Il Tribunale aveva rilevato che la dichiarazione resa era genericamente espressa.

Deduce parte ricorrente che in calce al ricorso introduttivo del giudizio era presente la dichiarazione in questione, non necessitante di particolari formalità espressive, sottoscritta dalla stessa, così risultando errata la statuizione del tribunale circa la asserita genericità.

Il motivo risulta fondato.

Questa Corte ha chiarito che “Ai fini dell’esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari, nei giudizi per prestazioni previdenziali, la dichiarazione sostitutiva di certificazione delle condizioni reddituali, da inserire nelle conclusioni dell’atto introduttivo ex art. 152 disp. att. c.p.c., sostituito dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv. nella L. n. 326 del 2003, è inefficace se non sottoscritta dalla parte, poichè a tale dichiarazione la norma connette un’assunzione di responsabilità non delegabile al difensore, stabilendo che “l’interessato” si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito” (Cass. n. 22952/2016).

Ha poi soggiunto che ” è del pari consolidato il principio secondo cui va ritenuta efficace la dichiarazione sostitutiva che, pur materialmente redatta su foglio separato, sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo – v. tra le altre, Cassazione civile, sez. VI, 26/07/2011, n. 16284; 29/11/2016, n. 24303 cit. -” (Cass. n. 23424/2018).

Ai principi esposti si è anche aggiunta l’ulteriore specificazione che, sempre in tema di esenzione dal pagamento delle spese nei giudizi per prestazioni previdenziali, l’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv., con modif., dalla L. n. 326 del 2003, e risultante dall’aggiunta operata dalla L. n. 69 del 2009, art. 52, comma 6, stante il richiamo limitato ai commi 2 e 3, con esclusione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, comma 1 che disciplina il contenuto dell’istanza per il gratuito patrocinio, non impone alla parte ricorrente l’indicazione specifica dell’entità del reddito nella prescritta dichiarazione sostitutiva, in un’ottica di semplificazione delle condizioni di accesso alla tutela giurisdizionale, coerente con la “ratio” ispiratrice della disciplina di favorire l’effettivo accesso alla tutela di diritti costituzionalmente garantiti, benchè diretta ad evitare e punire gli abusi (Cass. n. 24303/2016).

I principi richiamati evidenziano la scelta del legislatore di attribuire alla parte che intenda usufruire della esenzione l’onere di inserire nel ricorso o anche di allegare allo stesso la suddetta dichiarazione, peraltro non necessitante di particolare formalità o contenuto, ma solo esemplificativa della volontà della dichiarante e della sua responsabilità rispetto al dichiarato.

Nel caso di specie la dichiarazione è inserita in calce al ricorso e sottoscritta dalla parte, e risulta quindi idonea, in base ai principi sopra riportati, a garantire l’assunzione di responsabilità della parte dichiarante.

Il motivo deve quindi essere accolto.

2) Con il secondo motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 288 e 101 c.p.c. per aver, il tribunale, provveduto alla correzione dell’errore materiale con decreto e in assenza della necessaria fissazione dell’udienza per la comparizione delle parti.

Il motivo in esame è assorbito dall’accoglimento della prima censura.

Il ricorso merita quindi accoglimento con riferimento al primo motivo con la conseguente cassazione della sentenza impugnata. Non risultando necessari ulteriori accertamenti istruttori, decidendo nel merito, deve dichiararsi V.C. non tenuta al pagamento delle spese processuali della fase di merito. Le spese di ctu vanno poste a carico dell’Inps. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della parte ricorrente nella misura di cui al dispositivo.

Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi).

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza con riguardo al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara la ricorrente non tenuta al pagamento delle spese processuali relative alla fase di merito; pone le spese di ctu a carico dell’Inps.

Condanna l’Inps al pagamento delle del giudizio di legittimità liquidate in Euro 900,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

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