Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9579 del 25/05/2020

Cassazione civile sez. I, 25/05/2020, (ud. 31/10/2019, dep. 25/05/2020), n.9579

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28937/2018 proposto da:

E.M.M., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso

la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione e rappresentato e

difeso dall’avvocato Ennio Cerio che lo rappresenta e difende in

forza di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione

Internazionale, Ministero dell’Interno;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il

23/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

31/10/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, E.M.M., cittadino della (OMISSIS), ha adito il Tribunale di Campobasso – Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il richiedente, nato in (OMISSIS), di etnia ika-agbor e di religione cristiana, aveva raccontato di aver lavorato come idraulico; di aver perso il padre e che i cinque fratelli e la sorella vivevano con la madre nel villaggio di (OMISSIS); di essere stato contattato nel (OMISSIS) da esponenti del gruppo mafioso (OMISSIS), ma di essersi rifiutato di affiliarsi; che poichè le pressioni continuavano, aveva denunciato la cosa alla polizia, su richiesta della moglie; che nel (OMISSIS) la situazione era divenuta insostenibile e che pertanto si era rivolto al gruppo rivale (OMISSIS); che l’opera di intermediazione dei (OMISSIS) non aveva prodotto esito e l’incontro fra i due clan si era risolto in un litigio; che nel (OMISSIS) gli (OMISSIS) dopo aver ucciso un (OMISSIS),che lo aveva aiutato, avevano attaccato il suo appartamento, in cui in quel momento non era presente, a colpi di arma da fuoco; che aveva capito di essere in pericolo, e, con l’aiuto dello zio, era fuggito a (OMISSIS), raggiungendo prima la Libia e poi l’Italia.

Con decreto del 23/8/2018, il Tribunale di Campobasso Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE ha rigettato il ricorso, ritenendo la non sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

2. Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso E.M.M., con atto notificato il 21/9/2018, svolgendo tre motivi.

L’intimata Amministrazione dell’Interno non si è costituita.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per il mancato esercizio del dovere di cooperazione istruttoria che incombe sul Giudice.

1.1. L’asserita inverosimiglianza del racconto non costituisce ragione di esclusione della protezione sussidiaria in caso di rischio di danni gravi scaturenti da situazioni di violenza indiscriminata da conflitto armato interno.

L’osservazione non attinge la ratio decidendi del provvedimento impugnato da cui esula qualsiasi riferimento alla non credibilità soggettiva del richiedente asilo.

1.2. Per il ricorrente la carenza di indagine e la conseguente violazione dell’art. 8, predetto si poteva cogliere dalla genericità delle informazioni relative alla condizione generale della Nigeria, indicate alla pagina 5 del decreto.

La doglianza del ricorrente è del tutto generica e sconfina evidentemente nel merito delle valutazioni delle acquisizioni istruttorie, insindacabile in sede di legittimità.

Nè il Tribunale si è sottratto al c.d. “dovere di collaborazione istruttoria”, sancito dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, secondo cui ciascuna domanda deve essere esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, richiamato dall’art. 35 bis, comma 9, dello stesso decreto, secondo il quale per la decisione il giudice si avvale anche delle predette informazioni aggiornate sulla situazione socio-politico-economica del Paese di provenienza.

Il provvedimento impugnato indica infatti quale fonte informativa un rapporto di Amnesty International del 2017-2018.

2. Con il secondo motivo, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e alla circolare n. 3716 del 30/7/2015 della Commissione nazionale per il diritto di asilo, in tema di riconoscimento di permesso umanitario in caso di temporanea impossibilità di rimpatrio a causa dell’insicurezza del paese o della zona di origine.

A prescindere dall’invocata circolare n. 3716 del 30/7/2015, non prodotta, nè sintetizzata e che comunque, quale provvedimento amministrativo, non può valere a radicare la dedotta violazione di legge, il ricorrente deduce solo in modo del tutto generico una situazione di insicurezza del paese o zona di origine, di livello inferiore a quella tale da giustificare il riconoscimento della protezione sussidiaria ma comunque suscettibile di provocare una “temporanea impossibilità di rimpatrio”, senza indicare da quale fonte di prova risulterebbe la sussistenza di siffatta situazione, in contrasto con quanto accertato nel provvedimento impugnato.

3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente denuncia omesso esame di fatto decisivo.

3.1. Il ricorrente si duole che il Tribunale non abbia valutato compiutamente la situazione personale del richiedente e la documentazione prodotta, in particolare il certificato medico da cui risultava il dato positivo alla cutireazione alla tubercolina Mantoux, certificata dall’ASREM di Campobasso, Ufficio malattie infettive, al cui proposito nel ricorso era stata dedotta la compromissione del diritto all’integrità psico-fisica.

Il Tribunale si era al proposito limitato ad affermare, ignorando la circostanza, che il richiedente asilo non era affetto da stati patologici di rilievo.

3.2. Non sussiste il preteso omesso esame poichè il Tribunale, a pagina 2, penultimo capoverso della motivazione, ha espressamente valutato le condizioni di salute, escludendo che il richiedente asilo fosse affetto da “stati patologici di rilievo” nella prospettiva della richiesta protezione umanitaria.

In ogni caso, il documento asseritamente non valutato non presenta carattere di decisività poichè la reazione positiva al test non dimostra di per sè l’affezione da tubercolosi e comunque e soprattutto perchè il ricorrente non allega che erano in corso in Italia specifiche cure per tale patologia e che tale percorso terapeutico non avrebbe potuto essere utilmente ed efficacemente proseguito in patria.

4. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese in difetto di costituzione dell’Amministrazione.

Poichè risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere stata ammessa al Patrocinio a spese dello Stato non sussistono, allo stato, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non risulti revocata dal giudice competente.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto che non sussistono, allo stato, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non risulti revocata dal giudice competente.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 31 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2020

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