Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9577 del 12/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 12/04/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 12/04/2021), n.9577

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5264-2019 proposto da:

P.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE LIEGI 44,

presso lo studio dell’avvocato PAOLA MORESCHINI, rappresentata e

difesa dall’avvocato BRUNO BARBATO MASTRANDREA;

– ricorrente –

contro

S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

STOPPANI 34, presso lo studio dell’avvocato ADRIANO AURELI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIANO MANCINI;

– controricorrente –

contro

S.R.;

– intimata –

avverso l’ordinanza n. 23410/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 27/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

1. P.P. convenne in giudizio davanti al Tribunale di Bologna S.L. e S.R., deducendo di avere acquistato dai convenuti un appartamento; che l’immobile al momento della vendita aveva le pareti tappezzate e il pavimento coperto da moquette e mobili, che solo dopo avere spostato i mobili e tolto la carta da parati e la moquette aveva scoperto che il pavimento presentava dislivelli a causa di cedimenti strutturali, che le pareti avevano delle crepe e che la rete fognaria risultava difforme rispetto a quanto prescritto dalla normativa comunale. L’attrice concludeva quindi che, avendo tempestivamente denunciato i vizi con telegramma, aveva diritto alla riduzione del prezzo in misura pari ai costi sostenuti a causa dei vizi (Lire 41.397.080) e ad essere risarcita del danno subito e rimborsata dei canoni di locazione corrisposti durante i lavori di ristrutturazione. I convenuti, costituendosi, eccepivano la decadenza e comunque la prescrizione dell’azione e nel merito contestavano i fatti costitutivi della domanda attorea.

Con sentenza n. 3419/2007, il Tribunale di Bologna distinti i vizi denunciati in (1) sovraccarico dei solai, (2) lesioni dei pavimenti, (3) infiltrazioni d’acqua, (4) non conformità del sistema fognario – rilevava che i vizi (1) e (2) non erano conosciuti nè conoscibili e, tempestivamente denunciati, erano stati provati da testimonianze, mentre per i vizi (3) e (4) l’assunto dell’attrice non aveva trovato adeguata conferma nelle dichiarazioni testimoniali e peraltro – continuava il Tribunale – “risulta che nel corso del giudizio i convenuti hanno provveduto a loro spese a rinforzare il solaio e che il condominio ha deliberato e realizzato il rifacimento dell’intera rete fognaria condominiale, sicchè appare in ogni caso cessata al riguardo la materia del contendere”. Il Tribunale ha quindi accolto la domanda di P. “limitatamente ai vizi di cui ai punti (1) e (2), i quali, in considerazione della loro rilevanza ed entità, risultano idonei a diminuire in modo apprezzabile il valore dell’immobile, nonchè ad incidere sulla stabilità dello stesso”, e ha condannato i convenuti al pagamento di Euro 9.073,180.

2. La sentenza è stata impugnata dai S. con appello principale, che chiedeva la riforma della medesima con rigetto integrale della domanda attorea, e da P. con appello incidentale “per l’attribuzione anche del costo sostenuto per il rifacimento dei pavimenti e la riparazione delle fognature non a norma”.

La Corte d’appello di Bologna ha accolto l’eccezione di decadenza degli appellanti, ritenendo – contrariamente al primo giudice – che i vizi erano facilmente riconoscibili, sicchè la denuncia doveva essere stata posta in essere entro otto giorni dalla sottoscrizione del rogito e che, in ogni caso, erano stati scoperti ben più di otto giorni prima della denuncia, avvenuta l’1 agosto 1997, denuncia da ritenersi quindi tardiva con decadenza della parte acquirente dalla garanzia di cui all’art. 1490 c.c.; la Corte ha così, in accoglimento dell’appello principale, rigettato la domanda fatta valere in primo grado da P., con “implicito rigetto dell’appello incidentale (che presuppone la tempestività della denuncia)”.

3. Avverso la pronuncia 31 marzo 2014, n. 924 della Corte d’appello P. ha proposto ricorso per cassazione, con atto articolato in otto motivi. Con ordinanza 27 settembre 2018, n. 23410, questa Corte, ritenuto infondato il primo, inammissibili il secondo e il quarto, infondato il terzo, inammissibili il quinto e il sesto, inammissibile il settimo e inammissibile l’ottavo motivo, ha rigettato il ricorso.

4. P.P. ricorre per revocazione contro l’ordinanza.

S.L. resiste con controricorso, con cui chiede di rigettare il ricorso per revocazione e di condannare P. al risarcimento del danno per lite temeraria ex art. 96 c.p.c., comma 1.

Il controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il ricorso contesta i seguenti due errori revocatori:

a) “errata riconduzione della doglianza di cui al terzo motivo di ricorso alla deposizione del teste De Carolis invece che alla deposizione del teste ing. F.”; dal raffronto tra il ricorso introduttivo e il provvedimento conclusivo emergerebbe infatti che questa Corte, “per evidente svista ed errore percettivo”, ha letto De Carolis laddove era scritto ing. F. e ha cosi motivato come se con il terzo motivo la ricorrente avesse denunciato “l’omesso esame della testimonianza del primo, laddove invece inequivocabilmente aveva lamentato l’omesso esame della deposizione del secondo”;

b) “errata percezione in ordine all’avvenuta proposizione della doglianza relativa al riconoscimento del vizio in grado di appello”; dagli atti della ricorrente in grado di appello, in particolare dalla comparsa di risposta contenente appello incidentale, risulta l’avvenuta proposizione dell’eccezione di riconoscimento del vizio da parte del venditore, mentre l’ordinanza di cassazione impugnata, “per svista, ha deciso come se tale eccezione non risultasse dagli atti”.

I vizi denunciati non sono qualificabili quali errori di fatto ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4.

a) Quanto al primo, è vero che il terzo motivo del ricorso per cassazione lamentava l'”omesso esame del fatto decisivo costituito dalla deposizione dell’ing. F. sul capitolo 6, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5″, prospettando che dalla risposta data da F. alla domanda di cui al capitolo 6 (“Ai primi di agosto 1997 moquette e carta da parati non c’erano più”) il giudice d’appello avrebbe dovuto “ritenere che l’ingegnere vide l’interno dell’appartamento solo all’incirca in tale data e non prima”, ma non è vero che la Corte di cassazione abbia invece fatto riferimento alla diversa deposizione di D.C.. La ricorrente basa la propria censura sulla locuzione “medesimo testimone” contenuta nell’ordinanza impugnata, ritenendo che con tale locuzione la Corte non abbia potuto che riferirsi al testimone D.C., alle cui dichiarazioni aveva fatto riferimento nel rigettare il primo motivo di ricorso. La conclusione è invece errata: dall’esame degli argomenti, in particolare la correlazione del supposto fatto decisivo omesso con quanto riferito dal testimone “circa il momento in cui erano stati asportati i beni presenti nell’appartamento”, emerge come la Corte abbia esaminato il motivo e che l’aggettivo “medesimo” semplicemente indichi il testimone cui il motivo si riferisce, appunto F..

b) Quanto al secondo vizio revocatorio denunciato, è vero che il quinto e il sesto motivo del ricorso in cassazione lamentavano, sotto il profilo della violazione dell’art. 1495 c.c., comma 2 e della violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, il mancato rilievo, da parte del giudice d’appello, del riconoscimento del vizio relativo al sovraccarico del solaio da parte dei venditori, avendo questi realizzato l’intervento di puntellamento del solaio richiesto dalla ricorrente. La Cassazione però, contrariamente a quanto argomenta l’odierna ricorrente per revocazione, non ha deciso come se l’eccezione di riconoscimento del vizio non risultasse dagli atti, ma ha implicitamente escluso l’interesse della signora P. alla doglianza veicolata con il quinto ed il sesto motivo del ricorso per cassazione, in base al rilievo che la medesima signora P. aveva omesso di appellare la statuizione del tribunale (evidentemente assorbente della questione della decadenza dell’acquirente dall’azione di garanzia e, quindi, della questione del riconoscimento del vizio) secondo cui la materia del contendere in ordine alla stabilità del solaio era cessata in virtù dell'”accertato intervento emendativo da parte dei venditori”. In tal modo la Cassazione ha operato una interpretazione del dictum del Tribunale e dei limiti del giudicato interno (v. supra in premessa, sub 1) la cui ipotetica erroneità non sarebbe in ogni caso riconducibile al paradigma dell’errore di fatto revocatorio.

2. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

La liquidazione delle spese, effettuata nel dispositivo, segue la soccombenza.

Il Collegio rigetta l’istanza di condanna al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c., comma 1, non ravvisando nella proposizione del ricorso per revocazione gli estremi della malafede o della colpa grave.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 3.100, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge. Sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/2 sezione civile, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2021

 

 

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