Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9576 del 25/05/2020

Cassazione civile sez. I, 25/05/2020, (ud. 31/10/2019, dep. 25/05/2020), n.9576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28385/2018 proposto da:

N.T., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione e rappresentato e

difeso

dall’avvocato Ennio Cerio che lo rappresenta e difende in forza di

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, anche nell’articolazione della Commissione

Territoriale Riconoscimento Protezione Internazionale, in persona

del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo

rappresenta e difende ex lege;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il

22/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

31/10/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, N.T., cittadino del (OMISSIS), ha adito il Tribunale di Campobasso – Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il richiedente, nato in (OMISSIS), nel villaggio di (OMISSIS), dipartimento di (OMISSIS), aveva riferito di essersi poi trasferito all’età di 12 anni in un villaggio presso (OMISSIS), regione di (OMISSIS), nel Casamance, dove il padre, contadino, coltivava arachidi e alberi di mango; di essere di religione musulmana, etnia (OMISSIS); che la madre, gambiana, era rimasta in carcere in Gambia per 12 anni, per essere liberata solo nel (OMISSIS) dopo la caduta del dittatore J.; che il padre aveva due mogli; di aver due fratelli, uno più piccolo e un fratellastro più grande, ucciso dai ribelli del Casamance nel (OMISSIS); di essersi sposato e di aver avuto un figlio nel (OMISSIS); che nel (OMISSIS) i ribelli del Casamance avevano proposto a suo padre l’alternativa fra l’arruolamento del figlio o il pagamento per evitare minacce; che il padre si era rifiutato e i ribelli lo avevano ucciso; di essere quindi scappato per timore delle minacce, dopo aver messo al sicuro moglie e figlio dai parenti di lei a (OMISSIS); di aver quindi trovato lavoro in una miniera d’oro a (OMISSIS), ove però non veniva pagato regolarmente; di essere quindi andato dapprima in Mali, poi in Burkina Faso, quindi in Libia e infine in Italia.

Con decreto del 22/8/2018, il Tribunale di Campobasso Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE ha rigettato il ricorso, ritenendo la non sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

2. Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso N.T., con atto notificato il 19/9/2018, svolgendo un motivo.

L’intimata Amministrazione dell’Interno si è costituita con memoria del 27/3/2019 solo al fine di prender eventualmente parte alla discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per il mancato esercizio del dovere di cooperazione istruttoria che incombe sul Giudice.

1.1. L’asserita inverosimiglianza del racconto non costituisce ragione di esclusione della protezione sussidiaria in caso di rischio di danni gravi scaturenti da situazioni di violenza indiscriminata da conflitto armato interno.

L’osservazione non attinge la ratio decidendi del provvedimento impugnato da cui esula qualsiasi riferimento alla non credibilità soggettiva del richiedente asilo.

1.2. Per il ricorrente la carenza di indagine e la conseguente violazione dell’art. 8, predetto si poteva cogliere dalla genericità delle informazioni relative alla condizione generale del Senegal, indicate alla pagina 3 del decreto.

La doglianza del ricorrente è del tutto generica e sconfina evidentemente nel merito delle valutazioni delle acquisizioni istruttorie, insindacabile in sede di legittimità.

Nè il Tribunale si è sottratto al c.d. “dovere di collaborazione istruttoria”, sancito dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, secondo cui ciascuna domanda deve essere esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, richiamato dall’art. 35 bis, comma 9, dello stesso decreto, secondo il quale per la decisione il giudice si avvale anche delle predette informazioni aggiornate sulla situazione socio-politico-economica del Paese di provenienza.

Il provvedimento impugnato indica infatti quale fonte informativa un rapporto di Amnesty International del 2018.

1.3. In ogni caso le stesse situazioni rilevavano anche ai fini della richiesta di protezione umanitaria, al cui proposito il Tribunale si era limitato a valutare solo l’assenza di legami familiari e di patologie, non considerando la situazione di insicurezza dell’area di provenienza.

La doglianza, articolata solo in negativo rispetto alla statuizione impugnata senza l’indicazione di fattori di vulnerabilità soggettiva trascurati, è espressa in termini del tutto generici ed astratti e argomentata solo relativamente alla situazione generale del Paese di provenienza, senza alcun adeguato riferimento alla situazione personale di vulnerabilità soggettiva del richiedente asilo e tantomeno alla sua situazione di integrazione in Italia.

2. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese in difetto di rituale costituzione dell’Amministrazione.

P.Q.M.

La Corte

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 31 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2020

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