Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9570 del 13/04/2017


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Cassazione civile, sez. I, 13/04/2017, (ud. 15/02/2017, dep.13/04/2017),  n. 9570

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18436/2012 proposto da:

Acciona Infraestructuras S.a.., (già NECSO Entrecanales Cubiertas

S.a., già Entrecanales Y Tavora S.a..), in proprio e nella qualità

di capogruppo mandataria dell’Associazione Temporanea di Imprese

costituita con la Gruppo Acciona S.a.. (già Cubiertas Y M.Z.O.V.

S.a..) e la Lamaro Appalti Unipersonale S.p.a. (già Lamaro Appalti

S.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via G. Mercalli n. 13, presso

l’avvocato Cancrini Arturo, che la rappresenta e difende, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Aeroporti di Roma S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via G. Antonelli n. 45,

presso l’avvocato Mazzone Christian, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Mazzone Matteo, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2611/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/02/2017 dal Cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato L. Nicoletti, con delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato C. Mazzone che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’inammissibilità o

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 20 marzo 2001, la NECSO Entrecanales Cubiertas s.a.., in proprio e quale capogruppo mandataria dell’Associazione Temporanea di Imprese costituita con la Gruppo Acciona s.a. e la Lamaro Appalti Unipersonale s.p.a. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, la Aeroporti di Roma s.p.a., chiedendone la condanna al pagamento delle somme dovute in relazione a talune riserve formulate con riferimento al contratto di appalto stipulato inter partes, in data (OMISSIS), avente ad oggetto i lavori di ampliamento e di ristrutturazione dell’Aerostazione Internazionale Satellite Ovest dell’Aeroporto Intercontinentale di (OMISSIS). Il Tribunale adito, con sentenza n. 35859/2003, rigettava la domanda.

2. La Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 2611/2011, depositata il 9 giugno 2011, rigettava, del pari, l’appello proposto dalla NECSO Entrecanales Cubiertas s.a.. Il giudice del gravame, in relazione alla richiesta di indennizzo per la ritardata consegna delle aree interessate ai lavori e per l’anomalo andamento dell’esecuzione degli stessi, riteneva che, con l’art. 4 del contratto di appalto e artt. 10 ed 11 del Capitolato speciale, le parti avessero inteso adeguare di volta in volta l’ordine ed il programma dei lavori a nuove scelte e nuovi tempi di esecuzione, in considerazione della complessità della situazione ambientale aeroportuale e della contemporanea presenza di più imprese nell’area dei lavori. La Corte territoriale accertava, poi, che l’impresa non aveva allegato e comprovato i motivi per i quali, a fronte della consegna delle aree avvenuta fin dal primo stato di avanzamento dei lavori, aveva eseguito opere di gran lunga inferiori a quelle che si sarebbero potute eseguire sulle superfici consegnate, e per i quali non aveva ottemperato al disposto dell’art. 11 del contratto di appalto circa l’obbligo di eseguire i lavori su due turni lavorativi; talchè nessuna voce di danno poteva essere riconosciuta in proposito. Il giudice di appello stabiliva, infine, in relazione alle domande connesse al rinvenimento di sottoservizi ed impianti sotterranei, che l’impresa non aveva provato, come era suo onere, di quali impianti e sottoservizi si trattasse, non segnalati nel progetto dell’opera, e che – in ogni caso – il contratto stabiliva, all’art. 21, che era obbligo dell’appaltatrice effettuare tutti i necessari rilievi idonei a stabilire l’esatto posizionamento di detti sottoservizi ed impianti sotterranei.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso la Acciona Infraestructuras s.a.. (già NECSO Entrecanales Cubiertas s.a..), in proprio e quale capogruppo mandataria dell’Associazione Temporanea di Imprese costituita con la Gruppo Acciona s.a.. e la Lamaro Appalti Unipersonale s.p.a., nei confronti della Aeroporti di Roma s.p.a., affidato a tre motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.. La resistente ha replicato con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, la Acciona Infraestructuras s.a. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e segg., art. 1206 c.c., R.D. 25 maggio 1895, n. 350, art. 5, L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 16, art. 1229 c.c., art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., artt. 1175 e 1375 c.c., nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

1.1. La censura, la cui articolazione occupa ben 103 pagine del ricorso, investe anzitutto, cumulativamente, la pretesa violazione e falsa applicazione dei principi e delle norme succitate in materia: a) di interpretazione dei contratti; b) di adempimento contrattuale; c) di esecuzione dei lavori pubblici, con particolare riferimento alle norme in materia di progettazione; d) di esonero del debitore dalla responsabilità per dolo e colpa grave; e) di onere e di valutazione delle prove; f) di esecuzione del contratto.

Il mezzo denuncia, poi, del pari cumulativamente ed in commistione con i suesposti profili di violazione di legge, l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, con particolare riguardo: a) alla corretta interpretazione dell’art. 4 del contratto Inter partes e degli artt. 10 ed 11 del Capitolato speciale d’appalto; b) alla rilevanza degli atti di sottomissione relativi alle perizie di variante; c) alla sussistenza e gravità dell’inadempimento della stazione appaltante; d) alla pretesa mancata giustificazione dei ritardi esecutivi da parte dell’impresa a fronte delle contestazioni della direzione dei lavori; e) alla valutazione delle risultanze istruttorie, con riferimento tanto alla documentazione versata in giudizio quanto agli accertamenti oggetto della c.t.u. espletata in sede di appello; f) alla pretesa mancata allegazione dei fatti causativi dell’anomalo andamento e delle carenze progettuali denunciate; g) alla corretta interpretazione dell’art. 21 del Capitolato speciale d’appalto.

Il motivo riproduce, infine, ampi stralci di atti processuali e documenti, ed in particolare: a) l’intero primo motivo di appello; b) alcuni articoli del contratto di appalto e del relativo Capitolato speciale; c) gli ordini di servizio nn. 1 e 2 della direzione dei lavori; d) l’intero contenuto delle note di risposta dell’impresa nn. 508, 509, 539/1997, 260/1998; e) ampi stralci dell’atto di sottomissione relativo alla prima perizia di variante; f) ampi stralci della disposta c.t.u.; g) l’intero testo delle riserve nn. 2, 3, 5 e 6.

1.2. Tanto premesso, va osservato che, in tema di ricorso per cassazione, il mancato rispetto del dovere di chiarezza e sinteticità espositiva degli atti processuali che, fissato dall’art. 3, comma 2, cod. proc. amm. (secondo cui “il giudice e le parti redigono gli atti in maniera chiara e sintetica”), esprime tuttavia un principio generale del diritto processuale, destinato ad operare anche nel processo civile, espone il ricorrente al rischio di una declaratoria di inammissibilità dell’intera impugnazione o del singolo motivo di ricorso. E ciò, non già per l’irragionevole estensione dell’atto o del motivo (la quale non è normativa sanzionata), ma in quanto rischia di pregiudicare l’intelligibilità delle questioni, rendendo oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata, ridondando nella violazione delle prescrizioni di cui ai nn. 3 (“esposizione sommaria dei fatti della causa”) e 4 (“motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano”) dell’art. 366 c.p.c., assistite queste sì – da una sanzione testuale di inammissibilità (Cass. 20/10/2016, n. 21297). Il mancato rispetto del dovere processuale della chiarezza e della sinteticità espositiva collide, invero, con l’obiettivo di attribuire maggiore rilevanza allo scopo del processo, tendente ad una decisione di merito, al duplice fine di assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., nell’ambito del rispetto dei principi del giusto processo di cui all’art. 111, comma secondo, Cost. e in coerenza con l’art. 6 CEDU, nonchè di evitare di gravare sia lo Stato che le parti di oneri processuali superflui (Cass. 06/08/2014, n. 17698).

1.3. Ebbene, è evidente che, nel caso di specie, la deduzione cumulativa – nella medesima censura – di profili concernenti, sotto molteplici aspetti della vicenda processuale, il giudizio di diritto operato dal giudice di seconde cure, confusi e mescolati, peraltro, a diversi profili concernenti il giudizio di fatto, rende certamente confusa e scarsamente intellegibile sia l’esposizione dei fatti di causa rilevanti per la decisione, sia la doglianza stessa mossa avverso la sentenza gravata. Di più, la redazione del motivo mediante la suesposta elencazione e riproduzione di numerosi stralci di atti processuali e di documenti, rende del tutto evidente che il ricorrente ha inteso, del tutto inammissibilmente, riversare in sede di legittimità il contenuto dei gradi di merito (Cass. 21297/2016).

1.4. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il mezzo in esame, in quanto inammissibile, deve essere disatteso.

2. Con il secondo motivo di ricorso, la Acciona Infraestructuras s.a. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c., nonchè della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 342, allegato F, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. Si duole la ricorrente del fatto che la Corte territoriale non abbia riconosciuto all’impresa, anche sotto il profilo dell’arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c., in relazione alla perizia di variante n. 3, quanto meno gli interessi sul 15% della sorte capitale ancora non corrisposto all’appaltatrice, che aveva eseguito i lavori oggetto di tale perizia ed aveva già percepito l’85% della sorte capitale relativa a detti lavori.

2.2. La doglianza è infondata.

2.2.1. In tema di appalto di opere pubbliche, invero, l’appaltatore che abbia eseguito varianti in corso d’opera non previste dal contratto non ha diritto, per ovvie necessità di protezione del pubblico interesse, ad alcun compenso o indennizzo di sorta, neppure a titolo di indebito arricchimento dell’ente committente, dovendo altresì ritenersi che il direttore dei lavori, che ne abbia disposto l’esecuzione, abbia agito al di fuori di suoi poteri, e, perciò, quale “falsus procurator” dell’ente. Invero, la L. n. 2248 del 1865, art. 342, comma 2, all. F – e poi la L. n. 109 del 1994, art. 25 (non applicabile nella specie ratione temporis) – ha sancito il divieto di introdurre varianti come regola generale assoluta, salvo che – ipotesi, peraltro, non ricorrente nella specie – le variazioni fossero “indispensabili” per l’esecuzione dell’opera e concorrano gli altri presupposti di cui al R.D. 25 maggio 1895, n. 350, art. 103 (applicabile ratione temporis), vale a dire che esse siano state ritenute meritevoli di collaudo e che l’importo totale dell’opera, compresi i lavori non autorizzati, rientri nei limiti delle spese approvate (Cass. 17/07/2014, n. 16366; Cass. 21/07/2016, n. 15029).

2.2.2. Nel caso concreto, la Corte d’appello ha accertato che non risultava approvata la perizia di variante da parte dell’autorità competente, ed ha, pertanto, del tutto correttamente escluso la possibilità di un arricchimento senza causa della stazione appaltante, in relazione a lavori che non potevano neppure essere eseguiti dall’impresa.

3. Con il terzo motivo di ricorso, la Acciona Infraestructuras s.a. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

3.1. Lamenta la ricorrente la condanna alle spese di lite di primo e secondo grado operata dalla Corte d’appello, ancorchè il rigetto del gravame fosse da reputarsi erroneo, per le ragioni suesposte.

3.2. Il mezzo è infondato, atteso che la pronuncia è stata correttamente ancorata dal giudice territoriale alla soccombenza integrale della ricorrente rispetto alle domande proposte – confermata in questa sede di legittimità – tenuto conto del risultato complessivo dei due gradi di merito del giudizio (cfr., ex plurimis, Cass. 29/09/2011, n. 19880; Cass. 13/03/2013, n. 6369).

4. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso proposto dalla Acciona Infraestructuras s.a. deve essere rigettato.

5. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, nella misura di cui in dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente, in favore della controricorrente, alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2017

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