Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9568 del 13/04/2017


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Cassazione civile, sez. I, 13/04/2017, (ud. 08/02/2017, dep.13/04/2017),  n. 9568

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

C.D.G., rappr. e dif. dall’avv. Paolo Pacifici e

dall’avv. Gianfranco Cualbu, elett. dom. in Roma, via Antonio

Vallisneri, n. 11, presso lo studio del primo, come da procura a

margine dell’atto;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO DEI PROPRIETARI DI PUNTA SARDEGNA E PORTO RAFAEL, in

persona del l.r.p.t., rappr. e dif. dall’avv. Martino U. Chiocci e

dall’avv. Alessandra Ruggiero, elett. dom. presso lo studio del

primo, in Roma, via Rodi n. 32, come da procura a margine dell’atto;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza App. Cagliari, sez. distacc.

Sassari, 11.2.2014 n. 64/14 in RG 290/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 8 febbraio 2017 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro;

uditi gli avvocati C. Pacifici per il ricorrente e M.Chiocci per il

controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. D.C.G. impugna la sentenza App. Cagliari (sez. distacc. Sassari) 11.2.2014, n. 64/2014 con cui era stato rigettato il proprio appello proposto avverso la sentenza Trib. Tempio Pausania 21.4.2009 che aveva dichiarato infondata la sua opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore del Consorzio dei Proprietari di Punta Sardegna e Porto Rafael per Euro 6.131,39. L’ingiunzione era stata confermata riconoscendosi dovute le predette somme perchè recate da obbligazioni propter rem, come da delibere non impugnate del consorzio di urbanizzazione, cui apparteneva l’immobile di proprietà della opponente e benchè fosse venuta a scadenza la durata del consorzio, prorogata però dall’assemblea fino alla dismissione delle infrastrutture e dei servizi comuni, come accertato in grado d’appello in altro giudizio.

2. Ritenne la corte territoriale che: a) non ricorreva causa di incompatibilità del giudice, per avere pronunciato su una controversia tra le stesse parti, relativa a delibera del consorzio, essa nemmeno costituendo grave ragione di convenienza per l’astensione; b) non poteva essere negata la legittimazione attiva del Consorzio, che era sopravvissuto alla data di prevista scadenza, per via del patto statutario (art. 3) che ne differiva l’operatività fino all’assunzione da parte del Comune di Palau delle opere di organizzazione, demandando lo scioglimento a Delib. Assembleare da adottare solo dopo tale circostanza, in ciò negandosi che il collaudo di alcune opere avesse integrato l’evento, avendo fatto difetto la presa in carico formale delle infrastrutture di urbanizzazione; c) sussisteva la legittimazione passiva dell’appellante, che non era divenuto estraneo al consorzio (nè vi era stato consorzio nuovo) dopo il suo recesso del marzo 1999, essendosi limitata l’assemblea a fissare una durata di contro alla precedente clausola senza limite e nemmeno in realtà era possibile il recesso ad nutum, da armonizzare alla titolarità individuale della proprietà dei beni e dunque alla perdurante obbligazione propter rem di contribuire alle relative spese; d) il credito era poi fondato, per come originato dalle delibere dei bilanci 2002-03 e 2003-04, con i relativi riparti e mancate impugnazioni, nè competeva al giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo accertare la effettiva erogazione dei servizi corrispondenti.

3. Il ricorso è su cinque motivi, ai quali resiste con controricorso il consorzio. Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 24 c.c., comma 2, artt. 27, 30 c.c., art. 11 disp. att. c.c., art. 1325, 1418, 2604 c.c., L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 28, oltre che il vizio di motivazione, avendo trascurato la corte che con la convenzione del 1977 i proprietari degli immobili di (OMISSIS) avevano dato vita ad un consorzio volontario di lottizzazione, soggetto del tutto autonomo rispetto al consorzio, da intendersi associazione non riconosciuta, formato nel 1970 per gestire i servizi di zona.

2. Con il secondo motivo si censura la violazione dell’art. 24 c.c., comma 2, art. 27 c.c., comma 1, art. 30 c.c. e art. 11 disp. att. c.c., L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 28, nonchè il vizio di motivazione, stante l’omessa considerazione del recesso della ricorrente dal primo consorzio e l’inesistenza di un titolo di subentro in obbligazioni propter rem, potendo esse sorgere per contratto solo nei casi e limiti espressi di legge.

3. Con il terzo motivo si censura la violazione dell’art. 24 c.c., comma 2, art. 27 c.c., comma 1, art. 30 c.c. e art. 11 disp. att. c.c., artt. 2 e 18 Cost., nonchè il vizio di motivazione, avendo la corte trascurato che la ricorrente era receduta con il decorso del termine decennale di proroga già contrattualmente previsto dal consorzio, a seguito della modifica dell’assemblea straordinaria del 1979 e per il caso di mancata assunzione del Comune di Palau dei servizi, conseguendone che comunque il (OMISSIS) il consorzio era cessato.

4. Con il quarto motivo si censura la violazione dell’art. 24 c.c., comma 2, art. 27 c.c., comma 1, art. 30 c.c. e art. 11 disp. att. c.c., nonchè il vizio di motivazione, avendo errato la sentenza ove ha fondato la prova del credito, deliberato da assemblee, richiamando principi in tema di condominio.

5. Con il quinto motivo si censura la violazione dell’art. 14 c.c., art. 24 c.c., comma 2, art. 27 c.c., comma 1, art. 30 c.c. e art. 11 disp. att. c.c., nonchè il vizio di motivazione, avendo trascurato la sentenza che le due Delib. assembleari, oltre che adottate dopo la cessazione del consorzio, non erano state assunte con atte pubblico.

6. Il primo motivo, in tutti i suoi profili, è inammissibile. La censura contravviene al principio, qui condiviso, per cui “Nel giudizio di legittimità, il ricorrente che censuri la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, quali quelle processuali, deve specificare, ai fini del rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione” (Cass. 9888/2016). Anche nella presente vicenda ricorrente non ha riportato per estremi essenziali ovvero trascritto quelle parti dell’atto di appello necessarie a dimostrare la proposizione, già nell’atto introduttivo del gravame, dei motivi pretesamente non esaminati dalla corte, nè ha riepilogato i fatti – relativi all’appartenenza a(consorzio volontario di lottizzazione – che ne avrebbero connotato la separazione di responsabilità rispetto a quello originario fra proprietari. In ogni caso, al di là della denominazione redazionale (peraltro generica nell’indistinto collegamento delle norme alle specifiche violazioni che di esse avrebbe fatto la decisione), il ricorrente censura l’apprezzamento di fatto cui è motivatamente pervenuto il giudice di merito, il quale ha compiutamente dato conto di tutti gli elementi che conducono ad integrare la continuità del soggetto consortile quale ente di gestione dei servizi sul territorio, dunque non integrandosi violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. 12928/2014).

7. Nè sul punto può invocarsi per efficacia preclusiva la sentenza di questa Corte n. 11035/2015 che, nel cassare con rinvio altra sentenza fra le parti D. – C. e Consorzio, ha censurato per difetto di motivazione la sentenza App. Cagliari – Sassari n. 165/20112, rinviando ad un più preciso riscontro di una “valida manifestazione di volontà” per poter predicare la partecipazione o l’adesione ad un consorzio fra proprietari immobiliari. La stessa pronuncia non ha escluso che il consorzio, all’altezza del fenomeno associativo, possa implicare la prova di detta volontà anche da presunzioni o fatti concludenti, – come la consapevolezza di acquistare un immobile già compreso in un consorzio ovvero l’utilizzazione concreta dei servizi messi a disposizione dei partecipanti. Può semmai essere rilevato che, con sentenza n. 261/2013 ancora questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione avverso altra sentenza App. Cagliari – Sassari n. 254/2006 che, in accoglimento dell’appello incidentale del Consorzio (convenuto da altri consorziati), aveva rigettato la domanda di nullità dell’assemblea straordinaria e della Delib. 14 agosto 2001, di proroga dell’ente, escludendo che lo spirare del termine di durata ne avesse cagionato l’automatica estinzione, effetto invece da collegarsi alla venuta meno dei soci.

8. Il secondo e terzo motivo – da trattare congiuntamente per connessione – sono infondati, avendo evitato il ricorrente di esplicitare come l’invocato recesso da un consorzio formato da e fra proprietari potesse rendersi efficace benchè unilaterale e prescindente dal legame, di cui non si predica la cessazione, con la proprietà immobiliare individuale stessa, e dunque svincolato dalle responsabilità per i servizi anche individualmente fruibili in virtù della originaria e volontaria appartenenza al citato sodalizio. Va così data continuità al principio, espresso da Cass. 7427/2012 e con ratio estensibile al caso di consorzio emerso agli atti, per cui “I consorzi di urbanizzazione consistenti in aggregazioni di persone fisiche o giuridiche, preordinate alla sistemazione o al miglior godimento di uno specifico comprensorio mediante la realizzazione e la fornitura di opere e servizi – sono figure atipiche, nelle quali i connotati delle associazioni non riconosciute si coniugano con un forte profilo di realità, sicchè il giudice, nell’individuare la disciplina applicabile, deve avere riguardo, in primo luogo, alla volontà manifestata nello statuto e, solo ove questo non disponga, alla normativa delle associazioni o della comunione; ne consegue che, qualora lo statuto preveda la cessazione dell’appartenenza al consorzio per l’intervenuta alienazione del diritto reale e il subingresso dell’acquirente nei diritti e negli obblighi dell’alienante, il nuovo proprietario subentra nel debito per, le quote consortili, che è obbligazione “propter rem”, senza necessità della dichiarazione di recesso o della delibera di esclusione prescritte dall’art. 24 c.c., in materia di associazioni”. (conf. Cass. 18939/2016). Sulla portata del contratto di consorzio, va ripetuto il limite di autosufficienza e specificità esposto al primo motivo e ribadito che l’interpretazione della sequenza con cui i consorziati, anche nelle assemblee, hanno mantenuto la originaria organizzazione, rinvia – oltre che alla valenza dell’accertamento di cui a Cass. n. 261/2013 – ad un risultato di apprezzamento del fatto, in questa sede insindacabile, ove la corte ha strettamente ricostruito la sopravvivenza del consorzio alla mancata presa in carico, da parte del Comune di Palau o altro ente pubblico, dei servizi previsti dal piano di lottizzazione convenzionale, evento mai verificatosi. Occorre perciò ribadire che “In tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati” (Cass. 2465/2015, 10891/2016).

9. Il quarto motivo è inammissibile, per l’assoluta genericità del riferimento di pretesa contraddizione della pronuncia con altra decisione, non riportata e comunque nemmeno precisata per ogni eventuale valore pregiudiziale, mentre la continuità dell’ente – come riassunta con riguardo ai precedenti motivi – giustifica la corretta fonte del debito del consorziato, collocata dal giudice di merito nelle delibere di assemblea assunte.

10. Il quinto motivo è inammissibile, per assoluta genericità dei riferimenti alle delibere invocate, oggetto peraltro di eccepita diversa portata, per come contestate dal controricorrente e dunque tali da non permettere di censire la natura del vizio invalidante la decisione.

11. Il ricorso va pertanto rigettato, con condanna alle spese secondo la regola della soccombenza e liquidazione come meglio da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimità in favore del controricorrente, liquidate in Euro 8.200 (di cui Euro 200 per esborsi), oltre al 15% a forfait sui compensi e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2017

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