Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9567 del 29/04/2011

Cassazione civile sez. II, 29/04/2011, (ud. 01/02/2011, dep. 29/04/2011), n.9567

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.E. (OMISSIS), R.E. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63,

presso lo studio dell’avvocato CONTALDI MARIO, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato TRUSSI ROLANDO;

– ricorrenti –

contro

FAMMILUME SRL P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro’ tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GREGORIO VII 396, presso lo studio dell’avvocato BUSCEMI PAOLO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SCALIA GIOVANNI;

– controricorrente –

e contro

BR.MA. (OMISSIS), P.M.R.

(OMISSIS), O.G., CITA IMMOBILIARE SRL in

persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimati –

e sul ricorso n. 22568 del 2005 proposto da:

BR.MA. (OMISSIS), P.M.R.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE PARIOLI

47, presso lo studio dell’avvocato CORTI PIO, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato BRUSATORI FELICE;

– ricorrenti –

contro

FAMMILUME SRL P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GREGORIO VII 396, presso lo studio dell’avvocato BUSCEMI PAOLO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SCALIA GIOVANNI;

– controricorrente –

e contro

B.E., R.E., CITA IMMOBILIARE SRL in persona del

legale rappresentante pro tempore, O.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3192/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/02/2011 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 1995 tra il condominio (OMISSIS) sito in (OMISSIS) e la Fammilume srl veniva concluso contratto per l’esecuzione di opere edili, che davano luogo a contrasto tra le parti. L’impresa appaltatrice otteneva dal pretore di Gallarate il decreto ingiuntivo n. 351/98, per circa L. 26 milioni. Il decreto veniva opposto da due coppie di condomini, i signori R. – B. e i signori Br. – P., con unico atto di citazione del 15 giugno 1998. Il tribunale con sentenza 8 febbraio 2001 rigettava sia l’opposizione, sia la domanda proposta dagli opponenti nei confronti dei terzi chiamati in causa Cita Immobiliare e O.G..

I Br. – P. proponevano appello principale e i R. – B. appello incidentale.

La corte d’appello di’ Milano, sempre in contumacia dei terzi chiamati, con sentenza del 10 dicembre 2004 respingeva gli appelli, con il favore delle spese per la Fammilume srl. La Corte rilevava che, terminata l’opera, l’impresa aveva sollecitato la verifica dei lavori, alla quale si erano sottratti tanto il condominio che i condomini, ditalche’ l’opera era da ritenere accettata ex art. 1665 c.c., comma 3, con diritto dell’appaltatore a conseguire il residuo prezzo. In premessa la sentenza riferiva che il Condominio non era litisconsorte necessario, perche’ delle obbligazioni contratte dall’amministratore i condomini rispondevano solidalmente nei confronti del terzo.

Dichiarava assorbita ogni altra questione e confermava la correttezza dell’ingiunzione sotto il profilo contabile.

Sono qui esaminati due coevi ricorsi contro la sentenza n. 3192 del 10 dicembre 2004 della Corte ambrosiana, proposti rispettivamente, il primo, il 22 luglio 2005 dai signori R.E. e B.E.;

il secondo il 27/28 luglio 2005 dai signori Br.Ma. e P.M.R..

A entrambi i ricorsi si e’ opposta la Fammilume srl con distinti controricorsi.

Sono rimasti intimati Cita Immobiliare srl e O.G..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2) Avverso la sentenza qui impugnata e’ stato proposto altro precedente ricorso a istanza dei signori Br. – P., notificato il 13 giugno 2005, al quale i R. – B. hanno chiesto la riunione del proprio.

Consta pero’ alla Corte di Cassazione che il primo ricorso proposto dai signori Br. P. e’ stato gia’ deciso e respinto con sentenza di questa Sezione n. 5436 del 9 marzo 2007.

In quel giudizio i R. – B. non si sono costituiti ne’ tempestivamente, per proporre il ricorso in via incidentale, come avrebbero dovuto, ne’ tardivamente, per far presente che avevano proposto separato ricorso per cassazione.

2.1) E’ da chiedersi se le due impugnazioni oggi esaminate siano da dichiarare improcedibili.

In tal senso e’ la giurisprudenza dominante di questa Corte, la quale insegna (cfr in motivazione SU 15843/09)che “nel sistema processuale civile opera il principio generale di unicita’ del processo di impugnazione sancito dall’art. 335 c.p.c. – che trova ragione sia in esigenze di economia processuale, sia nella necessita’ di prevenire possibili contrasti di giudicati, sia ancora in quella di rispettare l’unitarieta’ del giudizio attraverso l’unicita’ del suo atto conclusivo – e che tale principio impone che tutte le impugnazioni proposte separatamente siano riunite, anche di ufficio, in un solo processo. Con tale principio chiaramente si coordina il disposto dell’art. 333 c.p.c. secondo il quale – sul presupposto che l’impugnazione proposta per prima assume i caratteri e gli effetti dell’impugnazione principale e determina la pendenza dell’unico processo nel quale le successive impugnazioni devono confluire per essere decise simultaneamente – tutte le parti cui detta impugnazione sia stata notificata hanno l’onere, a pena di decadenza, di esercitare il proprio diritto di impugnazione nelle forme e nei termini previsti per l’impugnazione incidentale”.

La mancata riunione delle due impugnazioni non incide sulla validita’ della pronuncia relativa alla prima e rende improcedibile la seconda, atteso che, risultando ormai impossibile il “simultaneus processus”, si verifica pertanto un impedimento all’esame degli ulteriori gravami, in ragione della decadenza con la quale opera il meccanismo, teste’ riassunto, di cui all’art. 333 c.p.c..

Si e’ precisato (Cass. 21432/07) che il principio dell’unita’ della decisione pone un impedimento all’esame degli ulteriori gravami, in ragione del fatto che il ricorso per cassazione, allo scopo di evitare la pendenza di piu’’ processi originati da diverse impugnazioni contro la medesima decisione, deve essere proposto in unico atto; per cui, appunto, la parte che abbia gia’ proposto impugnazione (principale od incidentale) contro alcune statuizioni della sentenza oggetto di gravame, non puo’ presentare un secondo atto di impugnazione nell’ambito dello stesso rapporto processuale.

2.2) E’ dunque chiaramente precluso il secondo ricorso Br. – P., ma non diversa e’ la sorte dell’altro, anche se si ha riguardo alla tesi che esige, con la prima pronuncia, la formazione del giudicato sulle questioni poste dalle impugnazioni successive, quale presupposto per sancirne l’improcedibilita’ (Cass. 5846/08).

Va infatti rilevato che sulle questioni poste dal ricorso si e’ formato il giudicato, atteso che la sentenza 5436 ha pronunciato sulla mancata ammissione delle prove testimoniali e sulla violazione degli artt. 1662, 1665, 1666 e 2697 c.c. che sono oggetto delle censure qui poste.

2.3) Conviene esaminarle partitamente.

Il primo motivo del ricorso R. – B. e’ inammissibile, perche’ insiste nel contestare, come gia’ in appello, la sussistenza dei presupposti per l’emissione del decreto ingiuntivo, questione irrilevante una volta che sia instaurato, a seguito dell’opposizione, il giudizio di merito (da ultimo Cass. 19560/09). Nel far cio’ parte ricorrente non svolge pero’ una puntuale critica agli argomenti sviluppati dalla Corte d’appello, ma, del tutto ignorando i riferimenti giurisprudenziali gia’ svolti dal primo giudice e riproposti dalla sentenza impugnata, ripete che solo gli estratti autentici delle scritture contabili – e non le fatture -avrebbero potuto giustificare l’ingiunzione.

Il motivo non e’ quindi ammissibile per difetto di specificita’ della censura, che deve consistere in una critica alla tesi argomentata dalla sentenza impugnata.

2.4) Il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 184 c.p.c. e vizio di motivazione in relazione alla mancata ammissione di prove testimoniali, censura gia’ svolta e disattesa nel primo ricorso Br..

Essa peraltro mirava a far emergere la mancata esecuzione di alcuni lavori, questione logicamente subordinata a quella affrontata con il terzo motivo, che lamenta violazione delle norme sopramenzionate, oggetto delle censure del primo ricorso Br.. Infatti la Corte d’appello (pag. 19), dopo aver ritenuto che vi fosse stata accettazione dell’opera, ha considerato assorbita ogni questione istruttoria.

2.5) Terzo e quarto motivo lamentano violazione degli artt. 1662, 1665, 1666 e 2697 c.c. e vizi di motivazione.

Pur essendo state diffusamente articolate, le doglianze del ricorso R. – B. non colgono l’essenza della decisione Parte ricorrente cita (nel terzo motivo) Cass 1291//02 (recte Cass. 12981/02) per sottolineare che l’accettazione dell’opera da parte del committente e’ atto ontologicamente diverso da quelli della verifica e del collaudo. Nel quarto motivo lamenta la mancata o incompleta esecuzione delle opere, citando documenti vari (lettere di contestazione risalenti al maggio 1996, al settembre 1996, al maggio 1997 , verbale di assemblea del settembre 1997).

Anche in questo caso le censure sono sovrapponibili a quelle disattese dalla sentenza 5436 e ivi oggetto degli ultimi, due motivi.

Esse sono poi inammissibili perche’ ancora una volta prescindono dal nucleo decisivo della sentenza e non sono quindi idonee a scalfirla.

In particolare mette conto evidenziare che la Corte d’appello ha avuto ben presente la distinzione tra verifica, collaudo e accettazione; ha motivatamente ritenuto che il committente non ha provveduto alla verifica dell’opera e ha posto in essere l’accettazione tacita dell’opera, dalla quale deriva, come proprio Cass. 12981/02 insegna, la liberazione dell’appaltatore dalla garanzia per i vizi.

Per spiegare la propria tesi, la Corte d’appello ha rafforzato la motivazione resa dal primo giudice, il quale aveva ravvisato l’accettazione, ex art. 1665 c.c. nel comportamento inerte del committente, anche in considerazione del “benestare finale” rilasciato dalla direzione lavori.

La Corte ha evidenziato che l’inerzia dei condomini era desumibile dal mancato seguito, per l’omessa verifica, alla delibera condominiale del 18 dicembre 1997.

Al lume di queste risultanze invano il ricorso si sofferma sul valore del benestare, che nella motivazione della Corte d’appello non era decisivo, ma solo concordava con il quadro volto a far ritenere che l’inerzia aveva portato all’accettazione.

Ne’ rilevano le lettere e le contestazioni anteriori alla assemblea del dicembre 1997, che aveva deliberato sul meccanismo di verifica da adottare, come logicamente e congruamente ha spiegato la sentenza, che ha ripreso lunghi passi della decisione di primo grado.

L’inerzia successiva, che e’ valsa accettazione ex art. 1665 c.c. non poteva certamente essere confutata facendo riferimento alle lagnanze in precedenza inviate.

Dunque anche queste censure per la loro incongruita’, cioe’ specifica inidoneita’ a inficiare la decisione impugnata, si rivelano inammissibili.

Una volta che si e’ verificata con esame puntuale la inammissibilita’ dei motivi, prevale tuttavi’a la declaratoria di improcedibilita del ricorso (Cass. 1104/06), che consegue alla sovrapponibilita’ alle questioni definite con efficacia di giudicato dalla sentenza 5436/07.

Alla resistente, difesasi con separati controricorsi, spettano le spese di lite, liquidate per i due ricorsi riuniti a carico separatamente di ciascuno dei gruppi di ricorrenti.

P.Q.M.

LA CORTE riuniti i ricorsi, li dichiara improcedibili.

Condanna ciascuno dei gruppi di ricorrenti alla refusione delle spese di lite in favore della resistente, liquidate per ciascuno in Euro 1.000,00 per onorari, 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile, il 1 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2011

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