Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9564 del 29/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 29/04/2011, (ud. 30/03/2011, dep. 29/04/2011), n.9564

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

KONINKLJIKE KPN N.V. SPA in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA REGGIO CALABRIA 6,

presso lo studio dell’avvocato BULTRINI NICOLA, rappresentato e

difeso dall’avvocato ROMANELLI EUGENIO con procura speciale notarile

del Not. Dr. PETRUS HENRICUS MARIA GERVER in AMSTERDAM il 22/08/2001;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 137/2005 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 28/02/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/03/2011 dal Consigliere Dott. MARIAIDA PERSICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato RANUCCI, che ha chiesto

l’accoglimento in subordine rinvio alla Corte di Giustizia;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La societa’ per azioni KONINKLIJKE KPN NV impugnava il provvedimento di diniego – motivato dalla tardivita’ della relativa istanza -del rimborso dell’IVA, dalla stessa versata nell’anno 2000 e relativa a fatture per acquisti di servizi da societa’ estera attinenti attivita’ svolte in Italia, ma senza stabile organizzazione.

Sosteneva la natura non perentoria ma meramente ordinatoria del termine di cui all’art. 7, comma 2 della 8^ Direttiva CEE n. 1072/79.

La C.T.P. accoglieva il ricorso.

Contro tale decisione proponeva appello l’Ufficio che riproponeva la tesi della perentorieta’ del predetto termine.

La Commissione tributaria regionale rigettava l’appello.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione fondato su motivo unico, illustrato da successiva memoria;

la contribuente ha controdedotto.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. L’Agenzia denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 ter dell’art. 7 della 8^ Direttiva 79/1072 CEE, del D.M. 20 maggio 1982, art. 1 nonche’ dell’art. 152 c.p.c.; sostiene l’erroneita’ della decisione impugnata per non avere affermato che il temine stabilito dall’art. 7 citato, in ragione del contenuto specifico e dettagliato della disposizione in discorso, e’ posto a pena di decadenza.

2. La censura e’ infondata.

2.1 Ritiene il Collegio di dare continuita’ all’orientamento oramai prevalente della giurisprudenza di questa Corte, che ha affermato (Cass. n. 8690/2010; conf.: 7181/09, 23855/09, 25198/09, Cass 5116/05): “In tema di i.v.a. e con riguardo al rimborso dell’imposta, D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 38 ter a soggetto domiciliato o residente negli Stati membri della Comunita’ economica europea, e privo di stabile organizzazione in Italia, il termine per la proposizione dell’istanza di rimborso, previsto dal D.M. 20 maggio 1982, art. 1, comma 2, (al quale rinvia il comma 6 del citato art. 38 ter), non e’ stabilito a pena di decadenza, non avendogli il legislatore attribuito espressamente carattere perentorio, conformemente ai principi della direttiva Cee 1072/79, e non sussistendo nell’ordinamento principi generali che limitino il diritto di proporre istanza di rimborso. Conseguentemente, in mancanza di specifiche disposizioni normative volte ad assicurare, attraverso la perentorieta’, la certezza del rapporto tributario, si applica il termine perentorio biennale previsto dal D.Lgs. 31 n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, norma residuale e di chiusura del sistema”.

2.2 In effetti la Direttiva CEE n. 1072 del 1979. che disciplina i rimborsi iva per i soggetti comunitari che operano in paese europeo diverso da quello in cui hanno sede ed organizzazione, non contiene alcuna espressione in virtu’ della quale si possa ritenere che il legislatore italiano sia stato autorizzato ad apporre il carattere di perentorieta’ al termine per la presentazione dell’istanza di rimborso. La tesi della perentorieta’ del termine appare anzi in contrasto con il dato normativo dell’art. 6 della citata Direttiva, secondo cui “Gli Stati membri non possono imporre ai soggetti passivi di cui all’art. 2, oltre agli obblighi di cui agli artt. 3 e 4 alcun altro obbligo oltre a quello di fornire, in casi particolari, le informazioni necessaria per accertare la fondatezza della domanda di rimborso”, tenuto conto che tra gli obblighi posti a carico del richiedente dall’art. 3, lett. a), b), d) della suddetta direttiva, richiamati dal successivo art. 4, non e previsto il rispetto di alcun termine (il quale e’ indicato dal successivo art. 7). Ad identica conclusione porta l’esegesi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 ter – introdotto dal D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 793, art. 16 al fine di dare esecuzione alla citata direttiva CEE – che al comma 6 rimette alla fonte secondaria il compito di stabilire, fra l’altro, “le modalita’ e i termini per la richiesta degli stessi” rimborsi, e del successivo D.M. 20 maggio 1982, che regolamenta, appunto, tali modalita’. In particolare, con riferimento all’art. 1 del predetto Decreto, giova ribadire che non e’ affatto condivisibile l’opinione secondo cui esso introdurrebbe il suddetto termine in modo espressamele perentorio. In effetti, l’art. 1 del citato Decreto stabilisce, al comma 1, che l’ufficio iva “provvede alla esecuzione del rimborso … entro il termine di sei mesi dalla data di presentazione dello richiesta e, al comma 2, che l’istanza degli interessati e’ “da presentare entro il 30 giugno dell’anno solare successivo a quello cui il trimestre si riferisce”. Ne consegue che il verbo dovere utilizzato nell’espressione “deve essere eseguito”, contenuta nel comma 2 del menzionato decreto, si riferisce all’obbligo dell’Ufficio di provvedere al rimborso entro sei mesi (comma 1) non alla presentazione dell’istanza di rimborso. Merita aggiungere che l’interpretazione seguita appare altresi’ conforme al principio di ordine generale del nostro ordinamento secondo cui la natura perentoria di un termine non puo’ desumersi per interpretazione, ma deve essere espressamente prevista e cio’ allo scopo di limitare la soggezione del contribuente ai poteri dell’Amministrazione finanziaria e di informare a principi di certezza i rapporti tributar (Cass. S.U. n. 1498 del 2004). Non sono rintracciabili, inoltre, nel nostro ordinamento principi generali limitativi, sotto il profilo temporale, del diritto di proporre istanze di rimborso. Sussistono, anzi, “consolidati principi giurisprudenziali sul carattere eccezionale (e sulla conseguente necessita’ di espressa ed esplicita menzione) della decadenza in materia di diritti) soggettivi” (Cass. civ, sent. n. 3575 del 2003, cit.); cosi’ come e’ da ritenere inesistente una regola generale, in virtu’ della quale tutti i termini in materia tributaria avrebbero carattere perentorio, (v. motivazione Cass. 23855/2009).

3. Da tanto consegue il rigetto del ricorso.

4. Tenuto conto del consolidarsi del principio sopra esposto in epoca successiva a quella della proposizione del ricorso le spese del giudizio vengono interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; compensa interamente tra le parti le spese del giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, il 30 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2011

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