Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9564 del 13/04/2017


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Cassazione civile, sez. I, 13/04/2017, (ud. 03/02/2017, dep.13/04/2017),  n. 9564

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26645/2011 proposto da:

Porta Portese TV S.r.l. in Liquidazione (p.i. (OMISSIS)), in persona

liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Guido d’Arezzo n. 2, presso l’avvocato Frontoni Massimo, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Roma Capitale, già Comune di Roma, in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via del Tempio di Giove

n. 21, presso l’Avvocatura Capitolina, rappresentata e difesa

dall’avvocato Baroni Massimo, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 18732/2010 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 22/09/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/02/2017 dal Cons. Dott. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato GIANLUCA LUZI, con delega, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale SALVATO

Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto di

ragione.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La “Porta Portese TV S.r.l. in liquidazione” impugnò innanzi al Giudice di Pace l’avviso di liquidazione con cui il Comune di Roma le aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 2.079,73, per la rimozione coattiva di alcuni beni mobili. Il giudice adito dichiarò inammissibile il ricorso, perchè proposto ex lege n. 689 del 1981.

La decisione fu confermata dal Tribunale di Roma, secondo cui: a) il giudizio di primo grado si era svolto, senza contestazione alcuna, secondo le disposizioni di cui alla L. n. 689 del 1981, e la pronuncia d’inammissibilità era corretta, non vertendosi in materia di irrogazione di sanzione amministrativa pecuniaria; b) la proposizione dell’appello con atto di citazione, invece che con ricorso, non aveva comportato alcuna conseguenza rilevante, perchè sanata dalla costituzione del Comune.

Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso la Società in liquidazione con due motivi, illustrati da memoria, ai quali Roma Capitale ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma sintetica.

2. Col primo motivo, deducendo la violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, oltre che vizio di motivazione, la ricorrente lamenta che il giudice d’appello ha ribadito acriticamente la statuizione d’inammissibilità del ricorso, in quanto proposto ex lege n. 689 del 1981, senza valutare le argomentazioni svolte in appello a sostegno della sua ritualità e senza considerare che il Giudice di Pace avrebbe dovuto disporre il mutamento del rito ovvero applicare il principio secondo cui la violazione delle disposizioni relative alla procedura possono comportare la declaratoria d’invalidità dell’atto solo in costanza di un pregiudizio al diritto di difesa, con conseguente violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, e nullità della sentenza, in quanto formulata in termini di mera adesione a quella di primo grado.

3. Con il secondo motivo, si lamenta la contraddittorietà della motivazione, per avere il Tribunale, dapprima, confermato la statuizione d’inammissibilità emessa dal giudice di primo grado e, poi, ritenuto sanata l’irrituale proposizione dell’appello, con la costituzione in giudizio della parte avversa.

4. I motivi, da valutarsi congiuntamente, sono, in parte, inammissibili ed, in parte, infondati. 5. In relazione alla violazione dell’art. 112 c.p.c., va osservato che, essendo stata confermata la statuizione d’inammissibilità del ricorso, la dedotta omissione non è ravvisabile. 6. Quanto alla correttezza di tale decisione, in disparte che la censura avrebbe dovuto esser dedotta sotto l’afferente motivo della violazione di legge, il ricorso è totalmente generico: la ricorrente omette, infatti, di riportare il contenuto sia delle ordinanze sindacali che hanno dato luogo all’esecuzione in danno sia delle ragioni dell’opposizione proposta (rilevanti ai fini della valutazione della correttezza del rito), sia di trascrivere gli argomenti svolti in sede d’appello, limitandosi a formulare un mero inammissibile rinvio agli stessi.

7. La nullità della decisione per la carenza di motivazione è insussistente, tenuto conto che una sentenza incorre in nullità per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis) quando, ed il caso non ricorre, sia totalmente omessa la parte della motivazione rilevante per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione (cfr. Cass. 22/6/2015 n. 12864). 8. Il vizio di motivazione è inammissibile, perchè riferito alla motivazione su profili di diritto (utilizzo di uno schema processuale diverso da quello previsto per il caso).

9. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare al Comune le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2017

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