Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9563 del 12/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 12/04/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 12/04/2021), n.9563

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14379/2017 proposto da:

C.A., A.C., L.G.,

M.B.G., V.S., tutti elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA CARLO MIRABELLO 6, presso lo studio dell’avvocato GRAZIELLA

RUSSO, rappresentati e difesi dall’avvocato COSTANTINO TINDARO

SCAFFIDI LALLARO;

– ricorrenti –

contro

ASSESSORATO AGRICOLTURA E FORESTE DELLA REGIONE SICILIANA –

DIPARTIMENTO REGIONALE AZIENDA FORESTE DEMANIALI DI MESSINA, in

persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore,

rappresentati e difesi ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI n. 12;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 319/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 20/04/2017 R.G.N. 1335/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/12/2020 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. la Corte d’Appello di Messina ha accolto l’appello proposto dall’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana e dal Dipartimento Regionale Aziende Foreste Demaniali di Messina avverso la sentenza del Tribunale di Patti che aveva condannato gli appellanti al pagamento delle differenze retributive rivendicate da C.A. e dagli altri litisconsorti indicati in epigrafe, tutti operai assunti con contratti a tempo determinato di natura privatistica, i quali avevano lamentato di essere stati retribuiti in misura inferiore al dovuto, perchè il datore di lavoro non aveva applicato i minimi retributivi previsti dalla contrattazione nazionale (c.c.n.l. 1/8/2002 – accordo di rinnovo parte economica del 12/5/2004 – e dal c.c.n.l. 2/8/2006 – ipotesi di accordo per il rinnovo retributivo del 19/6/2008 -) per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria, della quale avevano chiesto l’applicazione anche ai sensi dell’art. 36 Cost.;

2. la Corte territoriale ha premesso che la Regione Sicilia gode di potestà legislativa esclusiva nel settore agricoltura e foreste e che la L.R. 10 aprile 1978, n. 2, conferiva alla Giunta il potere di esprimere parere vincolante sull’adozione di atti comportanti modifiche allo stato giuridico ed economico del personale in servizio presso i diversi assessorati;

3. ha aggiunto che, essendo la Regione Sicilia parte del solo contratto integrativo regionale, non di quello collettivo nazionale, quest’ultimo doveva essere recepito mediante l’adozione di un atto formale, anche perchè il contratto integrativo conteneva all’art. 54 la clausola di rinnovo tacito e rinviava a quello nazionale solo per la disciplina degli istituti non espressamente previsti;

4. ha precisato al riguardo che la richiamata L.R. n. 2 del 1978, già valorizzata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 2169/2004 per escludere l’immediata applicabilità della contrattazione nazionale, non è divenuta inapplicabile a seguito della contrattualizzazione dell’impiego pubblico, perchè la Regione Sicilia, nel recepire con la L.R. n. 10 del 2000, i principi fondamentali dettati dalla Legge Delega n. 421 del 1992, da ritenersi norme fondamentali di riforma economica-sociale, all’art. 22, comma 3, aveva fatto salve le norme regionali vigenti, limitatamente agli istituti del rapporto di lavoro non regolati dalla stessa legge;

5. quanto al rapporto fra contratto collettivo nazionale e contratto integrativo regionale, la Corte territoriale ha evidenziato che il principio di parità di trattamento fra dipendenti delle pubbliche amministrazioni va coordinato con quello, di pari rango, del rispetto dei limiti di spesa del personale e di necessaria copertura finanziaria, che trova il suo fondamento costituzionale nell’art. 81 Cost., comma 4, sicchè va esclusa la diretta applicabilità ai dipendenti regionali dei trattamenti economici riconosciuti dalla contrattazione nazionale, in quanto la stessa precluderebbe la fondamentale esigenza di verifica da parte dell’amministrazione regionale della compatibilità dei trattamenti retributivi nazionali con i vincoli di spesa;

6. ad avviso della Corte territoriale il rapporto fra contrattazione collettiva nazionale e contrattazione integrativa non è mutato a seguito dell’entrata in vigore della L.R. Sicilia 14 aprile 2006, n. 14, art. 49, con il quale si è previsto che il contratto collettivo nazionale di lavoro è recepito, quanto alla parte normativa, dall’Assessore regionale per l’agricoltura e le foreste entro trenta giorni dalla sottoscrizione e nei successivi sessanta giorni dalla Giunta Regionale in relazione agli aspetti economici;

7. detta norma, infatti, richiede pur sempre il recepimento formale che, in quanto volto ad assicurare la necessaria copertura finanziaria, non si può ritenere automatico, sicchè prima del recepimento non sorge il diritto soggettivo del lavoratore a vedersi applicare la normativa economica nazionale con le decorrenze previste dalla stessa;

8. infine il giudice d’appello ha ritenuto che gli originari ricorrenti non potessero invocare l’art. 36 Cost., in quanto non era stata fornita alcuna prova della non conformità al precetto costituzionale del trattamento economico previsto nel contratto applicato dalla regione;

9. per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso i litisconsorti indicati in epigrafe sulla base di tre motivi, ai quali l’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana ed il Dipartimento Regionale Aziende Foreste Demaniali di Messina hanno replicato con tempestivo controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano “violazione e/o falsa applicazione degli articoli: art. 1, comma 3, art. 40, comma 3 (nel testo previgente alla riforma del 2009) art. 45, commi 1 e 2 (nel testo previgente alla riforma del 2009), D.Lgs. n. 165 del 2001; L. n. 421 del 1992, art. 2, comma 1, lett. d) e comma 2; R.D.Lgs. n. 455 del 1946, art. 14 (Statuto della Regione Siciliana); L.R. n. 10 del 2000, art. 1, comma 1, lett. c) e comma 2; L.R. n. 66 del 1981, art. 8; L.R. n. 16 del 1996, art. 45 ter, commi 4 e 5; L.R. n. 145 del 1980, art. 66” e assumono, in sintesi, che ha errato la Corte territoriale nel ritenere che l’applicazione del c.c.n.l. per il personale addetto ad attività di sistemazione idraulico forestale e idraulico agraria richiedesse un atto formale di recepimento e fosse subordinata alla stipula del contratto integrativo regionale;

1.1. deducono che il rapporto di lavoro che lega gli operai forestali alla Regione Siciliana è sempre stato qualificato di natura privatistica ed il legislatore regionale ha espressamente rinviato per la disciplina economica e normativa alla contrattazione nazionale (L.R. n. 66 del 1981, art. 8 e L.R. n. 16 del 1996, art. 45 ter), sicchè è a quest’ultima che occorreva fare riferimento per stabilire quali fossero i limiti della contrattazione integrativa, nella specie autorizzata a determinare non il trattamento stipendiale ordinario bensì solo quello accessorio e integrativo;

1.2. sostengono l’inapplicabilità alla fattispecie del principio di diritto affermato da Cass. n. 2169/2004, sia perchè in quel caso si discuteva di pretese avanzate in epoca antecedente alla contrattualizzazione dell’impiego pubblico, sia perchè la decisione aveva valorizzato i poteri conferiti alla Giunta regionale dalla L.R. n. 2 del 1978, art. 3, norma, questa, abrogata dalla L.R. n. 145 del 1980, art. 66;

1.3. aggiungono che nell’impiego pubblico contrattualizzato la contrattazione collettiva integrativa si svolge solo sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, perchè deve essere salvaguardata l’esigenza di assicurare parità di trattamento ai dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni, con la conseguenza che la Regione non può far valere esigenze finanziarie e di bilancio per sottrarsi all’adempimento di obblighi fissati dalla contrattazione nazionale;

2. la seconda censura addebita alla sentenza impugnata “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 36 Cost.; omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio già oggetto di discussione tra le parti” ed insiste nel sostenere che “nulla avrebbe potuto e dovuto impedire l’applicazione immediata e diretta della contrattazione collettiva nazionale sul territorio regionale”;

2.1. i ricorrenti asseriscono che i minimi del trattamento economico collettivo nazionale consentono di assicurare al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del lavoro prestato, sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa, sicchè la Corte territoriale non poteva ritenere insussistente la violazione dell’art. 36 Cost., sulla base di una motivazione “così scarna da rasentare l’omissione d’esame” in una fattispecie in cui pacificamente la Regione aveva omesso di corrispondere gli aumenti salariali previsti dal c.c.n.l., continuando ad applicare il trattamento retributivo fissato dal C.I.R.L. del 2001, con il quale era stata recepita la disciplina economica e giuridica del c.c.n.l. 1998/2001;

2.2. aggiungono che l’insufficienza della retribuzione emergeva già dalla semplice comparazione fra i due parametri economici ed evidenziano che, ove venga in rilievo l’adeguatezza del trattamento retributivo, grava sul lavoratore l’onere di provare solo l’entità del corrispettivo, del quale il giudice deve comunque valutare la conformità all’art. 36 Cost., eventualmente previa attivazione dei poteri istruttori d’ufficio;

3. con il terzo motivo i ricorrenti lamentano “violazione e/o falsa applicazione degli articoli: L.R. n. 66 del 1981, art. 8; L.R. n. 16 del 1996, art. 45 ter, commi 4 e 5; L.R. n. 14 del 2006, art. 49; art. 2043 c.c.” nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio già costituente oggetto di discussione fra le parti, perchè la Corte territoriale non avrebbe tenuto in alcun conto le leggi regionali richiamate in rubrica, con le quali il legislatore ha sempre rinviato per la disciplina economica del rapporto alla contrattazione collettiva di settore, della quale ha previsto l’obbligatorio recepimento;

3.1. il ritardo con il quale la Regione aveva adempiuto gli obblighi da essa stessa assunti in sede legislativa doveva essere ritenuto quantomeno fonte di responsabilità risarcitoria per attività antigiuridica e legittimava la richiesta, anche a titolo di risarcimento del danno, delle differenze retributive;

4. i motivi di ricorso, da trattare unitariamente in considerazione della loro connessione logico-giuridica, sono infondati alla luce dell’orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che, pronunciando in fattispecie analoghe, ha disatteso la tesi, prospettata dai ricorrenti, secondo cui, ai fini della disciplina economica e normativa del rapporto intercorrente fra la Regione Sicilia e gli operai addetti a lavori idraulico-forestali e idraulico-agrari, il contratto collettivo nazionale si imporrebbe in ambito regionale per il solo fatto della sua sottoscrizione, prevalendo su quello integrativo regionale, a prescindere da un suo espresso recepimento ed in ragione di una sorta di prevalenza gerarchica (Cass. nn. 356/2016, da 26973 a 26975 del 2016, 27396/2016, 27398/2016, 20231/2017, 20987/2017, 20988/2017, 16839/2018, 18165/2018, 17421/2018 e 17966/2018, 31276/2019, 15613/2019, 15369/2019 queste ultime pronunciate in fattispecie sovrapponibili a quella oggetto di causa);

5.1. con le richiamate pronunce, alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c., si è ritenuto necessario il recepimento della contrattazione collettiva nazionale mediante delibera di giunta e decreto assessoriale, conclusione, questa, alla quale la Corte era già pervenuta, sia pure sulla base di un diverso percorso motivazionale in ragione della diversità delle fonti applicabili ratione temporis, con la sentenza n. 2169/2004, con la quale si era evidenziato che la Regione Sicilia non partecipa alla stipula del contratto nazionale, ma solo a quella del contratto integrativo regionale, la cui sottoscrizione presuppone la necessaria previa valutazione da parte degli organi regionali della compatibilità della disciplina contrattuale nazionale con le disponibilità finanziarie dell’ente;

5.2. il ricorso non prospetta argomenti che possano indurre a rimeditare l’orientamento già espresso, perchè la natura cogente della contrattazione collettiva nazionale di diritto privato non può essere desunta nè dalla L.R. Sicilia n. 66 del 1981, art. 8, nè dalla L.R. Sicilia n. 16 del 1996, art. 45 ter, come modificato dalla L.R. n. 14 del 2006, che questa Corte ha valutato ed interpretato nelle pronunce sopra richiamate, pervenendo alle medesime conclusioni in precedenza espresse;

6. anche la denunciata violazione dell’art. 36 Cost., è stata esclusa sul rilievo che non è di per sè sola sufficiente a fondare la denunciata violazione del principio costituzionale la comparazione con il trattamento retributivo corrisposto ad altri lavoratori impegnati nel medesimo settore, ma in ambiti territoriali diversi;

7. infine il terzo motivo è inammissibile nella parte in cui afferma che andava comunque riconosciuto il diritto al risarcimento del danno in relazione al ritardo con il quale la Regione Sicilia aveva provveduto a recepire la contrattazione nazionale;

7.1. la sentenza impugnata non fa cenno alla pretesa risarcitoria che i ricorrenti assumono di aver fatto valere, sicchè trova applicazione il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, alla stregua del quale qualora una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione in entrambi i gradi del giudizio di merito, ma anche di specificare in quale atto e con quale modalità l’allegazione sia avvenuta, onde dare modo alla Corte di Cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (cfr. fra le più recenti Cass. n. 2038/2019 e Cass. n. 15430/2018);

7.2. gli oneri richiamati nei punto che precede non sono stati assolti dai ricorrenti, i quali si sono limitati ad argomentare sul diritto al risarcimento del danno, senza neppure allegare di avere formulato in via subordinata la domanda risarcitoria e di averla riproposta in sede di appello;

8. la decisione gravata, che ha escluso la diretta applicabilità della contrattazione collettiva nazionale ed ha ritenuto requisito imprescindibile l’espresso recepimento da parte degli organi regionali, va, pertanto, confermata;

9. il regolamento delle spese del giudizio di cassazione va effettuato nel rispetto del principio della soccombenza e, pertanto, i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle stesse, liquidate come da dispositivo;

10. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dai ricorrenti.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2021

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