Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9560 del 12/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 12/04/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 12/04/2021), n.9560

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18286/2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELA

CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI;

– ricorrente –

contro

L.P., L.L., L.M., (nella

qualità di eredi di C.F.);

– intimati –

avverso la sentenza n. 10606/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/01/2015 R.G.N. 4121/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/12/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con sentenza in data 23 gennaio 2015, la Corte di Appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda proposta da C.F. per il pagamento dell’assegno sociale con decorrenza dal compimento del 65 anno di età ((OMISSIS)), in sostituzione dell’assegno di invalidità di cui la stessa beneficiava;

2. avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso affidato a due motivi, al quale non hanno opposto difese gli eredi di C.F., in epigrafe indicati.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

3. con i motivi di ricorso l’INPS deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità della sentenza, per avere la Corte di merito omesso di statuire su un capo autonomamente apprezzabile, sebbene investita con specifico motivo di gravame con il quale si evidenziava la mancanza del requisito reddituale per il diritto all’assegno di invalidità civile, poi trasformato in pensione sociale, per essere l’assistita divenuta titolare di pensione ai superstiti con decorrenza settembre 2001 (primo motivo); deduce, inoltre, violazione di legge in tema di trasformazione ex lege in assegno sociale, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, della provvidenza goduta dall’invalido infrasessantacinquenne, per avere la Corte di merito disatteso la disciplina sui limiti reddituali dell’assegno di invalidità per gli invalidi civili al fine del mantenimento dell’assegno sociale, con la conseguenza che l’invalida divenuta titolare di pensione di reversibilità dal settembre 2001, non aveva diritto all’erogazione della prestazione assistenziale sostitutiva in presenza di redditi personali superiori ai limiti previsti per l’assegno;

4. il ricorso è da accogliere, esaminate congiuntamente le censure giacchè incentrate, pur per profili diversi, sulla medesima questione inerente ai limiti reddituali per la prestazione sociale sostitutiva;

5. sono consolidati i principi affermati da questa Corte di cassazione (v., da ultimo, Cass. nn. 9740 e 33397 del 2019 e i precedenti ivi richiamati), secondo cui l’ammissione degli invalidi civili, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, alla pensione sociale erogata dall’INPS in sostituzione della pensione di invalidità corrisposta dal Ministero dell’Interno ha, in applicazione della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 19, carattere automatico e prescinde pertanto dall’accertamento, da parte di detto Istituto, della rivalutazione della posizione patrimoniale dell’assistito, costituendo la titolarità della pensione di invalidità sufficiente presupposto per il conseguimento della pensione sociale alle condizioni di maggior favore già accertate;

6. è stata, inoltre, sottolineata la necessità di applicare rigorosamente la L. n. 118 del 1971, art. 19, interpretato nel senso che gli invalidi civili, i quali già fruiscano della relativa pensione (o assegno mensile), ne ottengono automaticamente la trasformazione in pensione sociale (assegno sociale a decorrere dal 1 gennaio 1996, per effetto della riforma pensionistica L. n. 335 del 1995, ex art. 3, commi 6 e 7) al compimento del sessantacinquesimo anno di età, alle stesse condizioni reddituali stabilite per il trattamento in corso di erogazione, senza che sia possibile alcuna autonoma valutazione, da parte dell’INPS, dei requisiti di ammissione e, in particolare, delle condizioni economiche dell’invalido (v., fra le tante, Cass. n. 10397 del 1997 e i precedenti ivi richiamati; in senso contrario, Cass. n. 1082 del 1998);

7. va anche aggiunto che le Sezioni unite della Corte, sentenza n. 25204 del 2015, hanno affermato che la trasformazione della prestazione di invalidità civile in assegno sociale, secondo il disposto della L. n. 118 cit., art. 19, va realizzata dal primo giorno del mese successivo al compimento del sessantacinquesimo anno di età anche nei casi in cui non sia stato pagato neanche un rateo della provvidenza di invalidità civile e si debba corrispondere direttamente l’assegno sociale;

8. l’assegno sociale si inserisce nel novero delle prestazioni economiche di assistenza sociale e costituisce, dunque, una prestazione assistenziale erogata agli ultrasessantacinquenni, istituita in attuazione dell’art. 38 Cost., per far fronte al “particolare stato di bisogno derivante dall’indigenza, risultando altre prestazioni – assistenza sanitaria, indennità di accompagnamento – preordinate a soccorrere lo stato di bisogno derivante da grave invalidità o non autosufficienza, insorte in un momento nel quale non vi è più ragione per annettere significato alla riduzione della capacità lavorativa, elemento che, per contro, caratterizza le prestazioni assistenziali in favore dei soggetti infrasessantacinquenni” (v. Corte Cost. nn. 152 del 2020, 12 del 2019 e 400 del 1999);

9. l’assegno sociale è connotato, come la pensione sociale che ha sostituito, dalla funzione assistenziale svolta dall’ordinamento per soccorrere i cittadini anziani sprovvisti dei mezzi necessari per vivere (v. Corte Cost. n. 31 del 1986), di importo più elevato rispetto alla pensione sociale e soggetto a stringenti limiti di reddito;

10. in continuità con Cass. n. 14513 del 2020 va, pertanto, riaffermato che il diritto alla corresponsione dell’assegno sociale della L. n. 335 del 1995, ex art. 3, comma 6, prevede, oltre al requisito anagrafico dei sessantancinque anni per uomini e donne (incrementato dalle misure legislative, D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 12-bis, conv., con modif., in L. n. 122 del 2010, inapplicabili, nella specie, ratione temporis), il requisito dello stato di bisogno effettivo dell’assistito, desunto dall’assenza di redditi o dall’insufficienza di quelli percepiti nella misura inferiore al limite massimo prescritto dalla legge;

11. lo stato di bisogno effettivo dell’assistito indigente è ancorato al criterio oggettivo del limite reddituale normativamente fissato sotteso al carattere universalistico della tutela economica approntata dall’ordinamento di sicurezza sociale (v., per il riconoscimento dell’assegno sociale anche al cittadino extracomunitario, Cass. nn. 15170 e 16989 del 2019);

12. la previsione ex lege della trasformazione in assegno sociale della provvidenza già goduta dall’invalido indigente, al raggiungimento del limite anagrafico fissato dall’ordinamento, non richiede un atto amministrativo di riconoscimento, nè una domanda dell’interessato, diversamente da altre prestazioni assistenziali;

13. quanto alla rivalutazione della situazione patrimoniale, alla quale l’INPS non sarebbe tenuto a fronte della titolarità della prestazione d’invalidità, ciò implica che tale condizione costituisce presupposto sufficiente per l’erogazione della provvidenza sociale alle condizioni di maggior favore già accertate (v., da ultimo, Cass. n. 33397 del 2019 cit. in continuità con Cass., Sez. Un., n. 10972 del 2001 cit.), non già che il diritto alla prestazione sociale sostitutiva, o trasformata che dir si voglia, sia per sua natura perenne, a prescindere dal mutamento delle condizioni reddituali e, dunque, di indigenza dell’invalido ultrasessantancinquenne;

14. in definitiva, il sostegno a carico della collettività delle condizioni di invalidità e debolezza dell’età viene meno allorchè il limite reddituale previsto per la prestazione assistenziale dovuta (l’assegno di invalidità) sia superato dall’invalido ultrasessantacinquenne per la sopraggiunta titolarità di altri redditi, come nella specie la pensione di reversibilità sin dal settembre 2001, fermo restando il diritto ai ratei dell’assegno sociale per il periodo antecedente;

15. la sentenza impugnata va, pertanto, cassata e, per essere necessari ulteriori accertamenti, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che procederà a nuovo esame alla stregua dei principi enunciati e provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2021

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