Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9559 del 12/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 12/04/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 12/04/2021), n.9559

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15650/2015 proposto da:

D.P., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MARCO AQUILANI;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA

PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4647/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/06/2014 R.G.N. 7968/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/12/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con sentenza del 10 giugno 2014, la Corte di appello di Roma ha riformato la sentenza di primo grado e rigettato la domanda dell’assistita, volta al riconoscimento del diritto all’assegno ordinario di invalidità, in adesione alle conclusioni dell’ausiliare nominato in sede di gravame;

2. per la cassazione della sentenza propone ricorso D.P. e affida l’impugnazione a un motivo di censura;

3. l’Inps ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

4. si deduce, con il motivo di ricorso, violazione del D.Lgs. n. 509 del 1988, artt. 2, 3 e 4 e del D.M. n. 43 del 1992, nella prima parte, punti 1, 2, 3, 4 e nella terza parte, lett. B), per non essersi l’ausiliare officiato nel giudizio di gravame attenuto, nell’individuare il grado di invalidità, ai valori individuati dalle tabelle per giungere al valore complessivo secondo le procedure prescritte, desumendo i parametri di base da arbitrarie valutazioni attinte aliunde e da altre fonti (la soglia invalidante ai sensi della L. n. 222 del 1984 e le tabelle Inail), errando nell’applicazione del criterio analogico e della formula riduzionistica, trascurando la coesistenza tra menomazioni a organi e apparati funzionalmente distinti tra loro, errori riverberatisi nella sentenza impugnata;

5. il ricorso è da rigettare;

6. il parametro di valutazione dell’invalidità civile è costituito da un sistema di tabelle che individuano indici medi riferiti ad un’attività lavorativa generica;

7. la tabella indicativa delle percentuali di invalidità per le minorazioni e le malattie invalidanti, approvata con D.M. 5 febbraio 1992, in attuazione del D.Lgs. 23 novembre 1988, n. 509, art. 2, integra la norma primaria ed è vincolante, con la conseguenza che la valutazione del giudice, che prescinda del tutto dall’esame di tale tabella, comporta un vizio di legittimità denunciabile con ricorso per cassazione (v., fra le altre, Cass. n. 6850 del 2014);

8. la Corte territoriale non è incorsa in alcuna delle denunciate violazioni di legge;

9. la sentenza impugnata ha sottolineato che per l’affezione riscontrata a carico della regione lombare era stata attribuita a percentuale del 30 per cento per essere emerse, dall’esame obiettivo, soltanto dolenzie alla digitopressione e riduzione dei movimenti del rachide ai gradi estremi e, nel corso della visita peritale, solo limitazioni nei movimenti di flesso estensione, rotazione della inclinazione dello stesso tratto con solo lieve reazione dolorosa durante tali movimenti, quantificandola nella misura del 64 per cento;

10. risulta, dalla sentenza impugnata, l’applicazione delle singole voci delle tabelle e applicazione delle percentuali in rapporto alla gravità (25 per cento per le problematiche articolari a carico della cuffia dei rotatori della spalla destra; 45 per cento gli esiti invalidanti dell’asma bronchiale cronica; 12 per cento la patologia del rachide lombare in considerazione del modesto impegno funzionale) e l’esito, in applicazione della formula riduzionistica, non superiore al 64 per cento;

11. infine, ha precisato la Corte territoriale che solo per l’ernia discale, e il relativo modesto impegno funzionale, la percentuale del 12 per cento in assenza di specifica previsione tabellare, sono stati richiamati i criteri di valutazione in ambito infortunistico;

12. ne consegue che non coglie nel segno la censura secondo cui non sarebbero state applicate le voci delle tabelle delle quali, invece, è stato dato puntualmente conto nell’iter argomentativo della sentenza e neanche colgono nel segno le censure che investono l’errata applicazione delle tabelle in riferimento a malattie coesistenti;

13. invero, applicabile, nella specie, la tabella di cui al D.M. 5 febbraio 1992, in forza della delega di cui al D.Lgs. n. 509 del 1988, art. 2 e della L. n. 407 del 1990, art. 3, comma 3, D.Lgs. n. 509 cit., art. 4, dispone che: “In caso di concorso o di coesistenza in uno stesso soggetto di più minorazioni, il danno globale non è valutato addizionando i singoli valori percentuali ma considerato nella sua incidenza reale sulla validità complessiva del soggetto. Per i danni coesistenti si tiene conto della tecnica valutativa a scalare individuata con il decreto di cui all’art. 2, comma 1”;

14. con riferimento alle infermità plurime, la tabella distingue ulteriormente secondo che le invalidità dovute a menomazioni multiple per infermità tabellate e/o non tabellate risultino in concorso funzionale ovvero ricorra una semplice loro coesistenza;

15. sono funzionalmente in concorso tra loro, le menomazioni che interessano lo stesso organo o lo stesso apparato e in questi casi, a parte l’ipotesi in cui il concorso è direttamente considerato in tabella (quale quello comportante danni oculari, acustici, degli arti), va valutata separatamente la singola menomazione e poi si procede a valutazione complessiva sulla base di un valore percentuale proporzionale a quello tariffato per la perdita totale anatomo-funzionale dell’organo o dell’apparato;

16. non sono considerate le minorazioni inscritte tra lo O ed il 10, ove non “concorrenti” tra loro o con altre minorazioni comprese nelle fasce superiori (D.Lgs. n. 509 del 1988, ex art. 5);

17. sono da considerarsi in (mera) coesistenza quelle menomazioni che interessano organi ed apparati funzionalmente distinti tra loro;

18. applicando questa disciplina al caso di specie, va rilevato che trattandosi di malattie coesistenti, il danno globale non va valutato addizionando i singoli valori percentuali, ma va valutato nella sua “incidenza reale sulla validità complessiva del soggetto”, così dispone infatti del citato D.Lgs. n. 509, art. 4;

19. la stessa disposizione prevede che per i danni coesistenti si tiene conto della tecnica valutativa a scalare, di cui al decreto ministeriale, tuttavia l’operatività di questa tecnica non consente di derogare al principio generale sopra riportato e, pertanto, ottenuto il danno globale con la tecnica valutativa a scalare, occorre pur sempre considerare come esso incida nella realtà sulla validità complessiva del soggetto (v., fra le altre, Cass. n. 7465 del 2005 e numerose conformi);

20. la sentenza impugnata ha svolto il giudizio complessivo negando l’invalidità totale in presenza di affezioni diverse, ciascuna delle quali con valore percentuale non elevato e le censure si risolvono in un’inammissibile richiesta di riesame del merito;

21. quanto alle spese, la Corte di appello ha dato atto della sussistenza delle condizioni per l’esonero di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c., le quali – in difetto di comunicazioni riguardanti variazioni reddituali nelle more intervenute – devono presumersi sussistenti anche per il presente giudizio;

22. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2021

 

 

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