Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9555 del 22/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 22/04/2010, (ud. 02/12/2009, dep. 22/04/2010), n.9555

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B,

presso lo studio dell’avvocato SIGILLO’ MASSARA GIUSEPPE, che la

rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio dell’avvocato COLAIOCCO ARNALDO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato VUOSO LUCIO, giusta mandato in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1879/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/05/2005 R.G.N. 10177/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

02/12/2009 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l’Avvocato GENTILE GIOVANNI per delega SIGILLO’ MASSARA

GIUSEPPE;

udito l’Avvocato MICHELE PONTONE per delega VUOSO LUCIO e COLAIOCCO

ARNALDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Roma, A.A. conveniva in giudizio l’INAIL, deducendo di avere prestato servizio in qualità di portiera presso uno stabile di proprietà dell’Istituto, a seguito della stipulazione di cinque contratti a tempo determinato. Lamentava che, in realtà, si era trattato di un rapporto a tempo indeterminato per illegittima apposizione del termine e che quindi il licenziamento, da parte dell’INAIL, andava annullato, con la conseguenza che la stessa doveva essere reintegrata nel suo posto di lavoro, con condanna dell’Istituto al pagamento delle retribuzioni non corrisposte.

L’INAIL si costituiva, eccependo il difetto di legittimazione passiva e nel merito l’infondatezza delle avverse pretese.

Il Tribunale accoglieva le domande dell’ A., dichiarando la nullità dei termini apposti ai contratti di lavoro subordinato e condannando l’INAIL al ripristino dei rapporto di lavoro ed al pagamento delle retribuzioni maturate.

Avverso tale decisione proponeva appello l’Istituto insistendo per il rigetto delle domande proposte con il ricorso introduttivo.

L’ A. si costituiva chiedendo il rigetto del gravame.

Con sentenza del 7 marzo-16 maggio 2006, l’adita Corte di Appello di Roma, pur confermando la declaratoria di nullità dei termini apposti ai contratti di lavoro, come sancito dal primo Giudice, in considerazione della natura pubblicistica del dedotto rapporto di lavoro, disattendeva, ai sensi del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 36, comma 2, le richieste relative al ripristino del rapporto di lavoro ed al pagamento delle retribuzioni maturate dal 27 aprile 2001, data di cessazione del rapporto medesimo.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre A.A. con otto motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

Resiste l’INAIL con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i primi due motivi di ricorso la A., denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112115 e 416 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), ed ancora violazione e falsa applicazione degli artt. 345 e 437 c.p.c., comma 2, nonchè vizio di motivazione, deduce la illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui ha accolto l’eccezione di inapplicabilità della L. n. 230 del 1962, al rapporto intercorso tra le parti in ragione della natura pubblicistica del dedotto rapporto lavorativo, nonostante detta eccezione fosse stata sollevata dall’INAIL per la prima volta nel ricorso in appello, e senza che sulla questione la Corte territoriale avesse motivato.

Più in dettaglio, la A. sostiene che la Corte di Appello di Roma avrebbe accolto una eccezione inammissibile in quanto proposta per la prima volta in appello, senza che l’Istituto avesse allegato già in primo grado il fatto su cui la stessa si fondava, costituito dalla natura pubblica del rapporto di lavoro dei portieri degli stabili di proprietà dell’INAIL, con conseguente applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36.

Le censure sono infondate, considerato che la riconducibilità del rapporto intercorrente tra l’INAIL e la sig.ra A. alla fattispecie del pubblico impiego è stata effettuata dal Giudice di secondo grado sulla base dei fatti di causa già allegati in primo grado dalle parti. Pertanto, la Corte di Appello disponeva degli elementi necessari per fare riferimento alla normativa ritenuta applicabile (in proposito, v. Cass. n. 18658/05).

Con il terzo e quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 25 Cost., comma 2, art. 11 disp. gen. e D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 2, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

Si osserva che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto applicabile alla fattispecie il D.Lgs. n. 165 del 2001, relativo alle “forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale” nella Pubblica Amministrazione, il cui art. 36, comma 2, disponendo che “In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione”, conduceva – ad avviso della Corte territoriale – a rigettare “le richieste di parte appellata relative al ripristino del rapporto di lavoro e al pagamento delle retribuzioni maturate dal 27.4.2001”. La Corte di Appello di Roma ha osservato in proposito che il rapporto di lavoro dei dipendenti addetti al servizio di portineria degli immobili di proprietà dell’INAIL, ancorchè soggetti alla disciplina privatistica dei contratti collettivi, integra un rapporto di pubblico impiego, con conseguente esclusione dell’operatività della L. n. 230 del 1962 e, in particolare, della conversione del contratto con apposizione di termine illegittimo in rapporto a tempo indeterminato.

In altri termini, secondo il convincimento espresso dal Giudice a qua, dalla natura pubblicistica del rapporto di lavoro discenderebbe sic et simpliciter l’applicazione della disciplina stabilita dal Testo unico sul pubblico impiego.

Tale convincimento – secondo la ricorrente – sarebbe del tutto errato sia perchè il D.Lgs. n. 165 del 2001 non sarebbe, ratione temporis, applicabile alla fattispecie sia – per l’assorbente rilievo – perchè la natura pubblicistica del dedotto rapporto non condurrebbe alle conclusioni fatte proprie dal Giudice a quo.

Le censure sono fondate nei termini che seguono.

Va innanzitutto chiarito che l’osservazione circa la inapplicabilità ratione temporis del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, al caso in esame è priva di rilevanza tenuto conto che già il D.Lgs. n. 29 del 1993, all’art. 36 – come modificato dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 22, comma 8, – prevedeva che “in ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni …”.

Tanto precisato, va subito osservato che questa Corte si è trovata in più occasioni ad affrontare la questione concernente la natura – se pubblica o privata – dei rapporti di lavoro del personale addetto alla vigilanza e custodia degli stabili di proprietà dell’INAIL, oltre che per questioni attinenti alla giurisdizione (ex plurimis, Cass. S.U. 28 novembre 1990 n. 11459), anche al fine di accertare il carattere di stabilità o meno di detti rapporti, e, quindi, del decorso o meno, in costanza dei medesimi, del termine di prescrizione dei diritti dei lavoratori (ex plurimis, Cass. 3 agosto 1990 n. 7774).

Si è così pervenuti alla conclusione, per quanto qui interessa, che il rapporto fra l’INAIL ed i portieri addetti alla vigilanza e custodia di edifici di proprietà del primo, pur essendo di pubblico impiego, è disciplinato, nel suo contenuto, da un contratto collettivo di natura privatistica che lo sottrae all’operatività della legge sul parastato (n. 70 del 1975), per effetto del successivo D.P.R. n. 411 del 1976, che disciplina il rapporto di lavoro del personale degli enti pubblici. Pertanto la natura dell’ente datore di lavoro non può ritenersi circostanza autonomamente sufficiente per conferire carattere di stabilità al rapporto suddetto e, conseguentemente, consentire il decorso, in costanza del medesimo, del termine di prescrizione dei diritti del lavoratore, rimanendo, invece, come in ogni altro caso, necessario accertare, a tal fine, se, ai sensi della disciplina in concreto applicabile, l’eventuale licenziamento sia subordinato alla presenza di circostanze obiettive e predeterminate, sindacabili dal giudice, con possibilità, per quest’ultimo, ove riconosca la illegittimità del recesso, di rimuoverne compiutamente gli effetti (Cass. n. 7774/1990 cit).

Alla luce di siffatto orientamento, pienamente condivisibile, il convincimento espresso nella sentenza impugnata risulta erroneo, dovendo, al contrario ritenersi che la deroga alla sanzione della conversione del contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato, prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001 citato, trova applicazione per i rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni diversi da quelli di vigilanza e custodia.

Detti rapporti, invero, seppur rientrano nella generale nozione di pubblico impiego, non possono essere ricondotti agli specifici rapporti di impiego pubblico di cui alla L. 20 marzo 1975, n. 70 e successive modifiche (cfr. Cass., sez. un., 23 giugno 1989, n. 3000).

La loro instaurazione, peraltro, non avviene mediante pubblico concorso e neppure tramite particolari procedure selettive, essendo richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo, (D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 36, comma 1, lett. b) come modificato dal D.Lgs n. 80 del 1998, art. 22), oltre, beninteso, gli “eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità”; ciò che vale di per sè ad escluderne l’assoggettamento alla disciplina pubblicistica invocata dal resistente Istituto. Tale conclusione è del tutto in linea con la sentenza n. 89 del 2003, con la quale si ribadisce che la Corte Costituzionale ha sottolineato la ratio della inoperatività della conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, costituita esclusivamente dalla salvaguardia del principio del concorso nell’accesso al pubblico impiego.

Nel ribadire, pertanto, la condivisione del segnalato orientamento e quindi l’infondatezza della tesi esposta dalla difesa dell’INAIL ed accolta dalla impugnata pronuncia, il Collegio osserva che l’accoglimento dell’esaminato quarto motivo comporta l’assorbimento degli ulteriori.

Ed, infatti, con il quinto motivo, il ricorrente lamenta la erroneità della sentenza impugnata anche laddove non ha considerato come, al di là della illegittimità del termine apposto ai contratti di lavoro della ricorrente, entrambe le parti avrebbero inequivocabilmente manifestato la volontà di dar luogo ad un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, essendosi, il rapporto di lavoro de qua – svolto senza soluzione di continuità sino al 27 aprile 2001, e dunque anche ben oltre la scadenza del termine finale.

Tale lamentela risulta evidentemente ultronea nel momento in cui si sancisce l’applicabilità della conversione dei contratti a tempo determinato, il cui termine è stato ritenuto nullo dai giudici di merito.

Quanto al sesto motivo, con cui si denuncia violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 43, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), il ricorrente lamenta l’erroneità della sentenza impugnata per non avere osservato il disposto della L. 23 dicembre 2000, n. 388, che all’art. 43, comma 19, stabilisce che “i lavoratori, già dipendenti degli enti previdenziali, addetti al servizio di portierato o di custodia e vigilanza degli immobili che vengono dismessi, di proprietà degli enti previdenziali, restano alle dipendenze dell’ente medesimo”.

Ma su tale questione coerentemente il Giudice a quo non si è pronunciato in considerazione della – seppur erronea – ritenuta non convertibilità dei rapporti scaturiti da contratti di lavoro con termine nullo in rapporti a tempo indeterminato. Sicchè sarà rimessa alla cognizione del giudice di rinvio l’accertamento dei presupposti di fatto ai fini dell’applicazione della discendente disciplina.

Assorbiti sono anche il settimo ed ottavo motivo, con cui si lamentano le conseguenze tratte dalla Corte di Appello dal teste indicato erroneo presupposto da cui ha preso le mosse per la sua decisione.

In conclusione, il ricorso va accolto, nei termini sopra descritti, con annullamento della sentenza impugnata e conseguente rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà riesaminare la controversia tenendo presente che il rapporto fra l’INAIL ed i portieri addetti alla vigilanza e custodia di edifici di proprietà del primo, pur essendo di pubblico impiego, è disciplinato, nel suo contenuto, da un contratto collettivo di natura privatistica che lo sottrae all’operatività della disciplina pubblicistica, di cui al D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 36 – come modificato dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 22, comma 8, – che esclude, in caso di violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni; ciò in quanto la natura dell’ente datore di lavoro non può ritenersi circostanza autonomamente sufficiente per escludere la conversione di contratti a tempo determinato con termini nulli – circostanza definitivamente acclarata dai giudici di merito – in contratti a tempo indeterminato.

La stessa designata Corte di Appello provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie parzialmente il ricorso; cassa la sentenza impugnata il relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2010

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