Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9554 del 12/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 12/04/2021, (ud. 08/10/2020, dep. 12/04/2021), n.9554

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11677/2015 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA S.P.A., (già SERIT SICILIA S.P.A.), Agente della

Riscossione per la Provincia di Milano, in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GERMANO GIUSEPPE GARAO;

– ricorrente –

contro

C.M., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dagli avvocati CARMELO MOBILIA, e ROMY CHRISTINA ASARO;

– controricorrente –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI,

LELIO MARITATO, MATANO GIUSEPPE, DE ROSE EMANUELE, CARLA D’ALOISIO,

ESTER ADA SCIPLINO;

– resistenti con mandato –

avverso la sentenza n. 77/2015 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 05/02/2015 R.G.N. 127/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/10/2020 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Messina ha confermato la sentenza del Tribunale di accoglimento dell’opposizione proposta da C.M. avverso l’intimazione di pagamento per contributi dovuti all’Inps notificata a cura di Riscossione Sicilia.

La Corte ha rilevato che la cartella di pagamento, posta a base dell’intimazione, non era stata opposta e che dalla sua notifica del maggio 2001 alla notifica dell’intimazione era decorso un termine superiore ai cinque anni di prescrizione. Ha quindi ritenuto prescritto ogni credito dell’Inps ed ha condannato Riscossione Sicilia a pagare le spese processuali rilevando che la prescrizione si era maturata in epoca successiva all’iscrizione a ruolo con la conseguenza che la responsabilità non poteva che essere ascritta alla società concessionaria.

2. Avverso la sentenza ricorre Riscossione Sicilia con due motivi. Resiste la C.. L’Inps ha rilasciato procura in calce.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. Con il primo motivo si denuncia violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, nonchè dell’art. 2953 c.c.. Censura l’applicabilità del termine di prescrizione quiquennale.

4. Il motivo è infondato dovendo trovare applicazione il principio enunciato da SSUU n. 23397/2016 e successivamente confermato dalla costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui la scadenza del termine pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010).

La decisione della Corte d’appello deve pertanto essere confermata.

5. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 75 disp. att. c.p.c..

Si censura la liquidazione delle spese in assenza di notula e senza alcuna specificazione impedendo ogni controllo.

Il motivo è infondato.

Da un lato va rilevata la genericità del motivo privo di adeguata specificazione circa quale avrebbe dovuto essere, secondo parte ricorrente, la corretta liquidazione delle spese.

Va, inoltre, rilevato che la mancata presentazione della notula impone, comunque,al giudice di procedere alla liquidazione delle spese a carico della parte soccombente ex art. 91 c.p.c..

Quanto alle modalità della liquidazione va richiamata la sentenza di questa Corte SU n. 17405 del 12/10/2012 secondo cui, agli effetti del D.M. 20 luglio 2012, n. 140, art. 41, il quale ha dato attuazione al D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 9, comma 2, convertito in L. 24 marzo 2012, n. 27, i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, sono da applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorchè tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l’accezione omnicomprensiva di “compenso” la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata.

In applicazione del nuovo sistema di liquidazione dei compensi non è censurabile la liquidazione complessiva, senza distinzione tra onorari e diritti, adottata dalla Corte.

6. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente a rimborsare alla C. le spese di lite. Non si deve provvedere alla liquidazione delle spese a favore dell’Inps in quanto non ha svolto attività difensiva.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna Riscossione Sicilia a pagare alla C. le spese di lite liquidate in Euro 2.500,00 per compensi professionali ed accessori legge nonchè Euro 200,00 per esborsi; nulla per spese a favore dell’Inps.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2021

 

 

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