Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9553 del 22/04/2010

Cassazione civile sez. III, 22/04/2010, (ud. 07/04/2010, dep. 22/04/2010), n.9553

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consiglie – –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27505/2006 proposto da:

B.R. (OMISSIS), C.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIOVANNI

NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato LAGANA’ GIANCARLO,

rappresentati e difesi dall’avvocato BOSCHERINI MARCO con delega a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

e contro

BA.CR.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1476/2006 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

Seconda Sezione Civile, emessa il 22/06/2006; depositata il

04/09/2006; R.G.N. 1760/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2010 dal Consigliere Dott. AMATUCCI ALFONSO;

udito l’Avvocato BOSCHERINI MARCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’inammissibilita’ o

rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Il (OMISSIS) B.R. loco’ “in affitto transitorio” alla cittadina (OMISSIS) Ba.Cr. un appartamento sito in Firenze, per la durata di un anno ma con salvezza di “nuovi patti”, per il canone mensile di L. 750.000.

Nell’agosto del 1998 la Ba. agi’ giudizialemnte per l’accertamento della simulazione sulla natura transitoria delle esigenze abitative, per la determinazione del canone legalmente dovuto (che da allora corrispose nella misura di L. 123.000 mensili) e per la condanna della locatrice alla restituzione delle somme versatele in eccesso. La B. resistette e chiese in riconvenzione che fosse dichiarata la finita locazione alla data del 31.5.1999.

Il 31.3.1999, inoltre, intimo’ alla conduttrice Ba. sfratto per morosita’ e la cito’ contestualmente per la convalida. La Ba. a sua volta resistette.

Le cause vennero definite separatamente dal tribunale di Firenze:

a) la prima, con il rigetto delle domande della conduttrice e, in accoglimento della riconvenzionale della locatrice B., con la declaratoria di cessazione della locazione al 31.5.1999 e conseguente ordine di rilascio (sentenza n. 131/P, depositata il 18.2.2002);

b) la seconda, con il parziale accoglimento della domanda della locatrice e la condanna della Ba. al pagamento di Euro 13.599.86 per differenze sui canoni e di Euro 778,03 per spese condominiali non pagate (sentenza n. 211/P, depositata il 13.3.2002).

2.- Entrambe le sentenze furono appellate dalla conduttrice Ba.. La B. propose appello incidentale in ordine al mancato accoglimento della domanda relativa al pagamento dei canoni dal giugno del 1996 al luglio del 1998. Nel giudizio intervenne C.A., acquirente dell’immobile locato, che fece proprie le domande della propria dante causa.

Con sentenza n. 1476, depositata il 4.9.2006, la corte d’appello di Firenze, riunite le cause, accertato il passaggio in giudicato del capo della prima sentenza relativo alla cessazione della locazione e respinta ogni altra domanda, ha dichiarato la simulazione del contratto di locazione per esigenze abitative transitorie della conduttrice e la conseguente assoggettabilita al regime dell’equo canone del contratto dissimulato, condannando la locatrice al pagamento di Euro 12.261,31 ed al rimborso delle spese del doppio grado.

3.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione la locatrice B. R., affidandosi a tre motivi.

L’intimata Ba. non ha svolto attivita’ difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Sono formulati i seguenti motivi di ricorso:

a) nullita’ della sentenza e del procedimento: art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 3, artt. 437, 346, 434, 414, 420 e 156 c.p.c.;

b) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio;

c) violazione o falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 3, artt. 437, 346, 434, 414 e 420 c.p.c., artt. 2697 e 1218 c.c., L. n. 392 del 1978, art. 1, art. 26, comma 1, lett. a), artt. 5, 45, 55 e 79.

2.- Il ricorso e’ inammissibile.

Il secondo motivo di ricorso, che in larga misura ricalca il primo e che si articola in cinque distinti paragrafi, non contiene le indicazioni prescritte dalla seconda parte dell’art. 366 bis c.p.c..

Il primo ed il terzo sonno connotati da “quesiti” che assolutamente non soddisfano il requisito prescritto dalla norma citata in relazione alla funzione del quesito di diritto, che e’ quella di far comprendere alla corte di legittimita’, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (cfr., ex multis, Cass., n. 8463 del 2009).

Il quesito mira dunque alla semplificazione dell’esercizio della funzione nomofilattica demandata alla corte.

Nella specie il quesito relativo al primo motivo di ricorso si articola in sei distinte richieste di accertamento (lettere da “e” a “f”) che constano nella reiterazione delle censure gia’ illustrate, sulla cui fondatezza la ricorrente interroga la corte (in circa 60 righe).

Quello relativo al terzo motivo di ricorso e’ articolato in 13 separati punti (occupanti circa 120 righe) ed e’ connotato dalle stesse caratteristiche del primo.

3.- In difetto di esercizio di attivita’ difensiva da parte dell’intimata non sussistono i presupposti per provvedere sulle spese.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2010

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