Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9551 del 19/04/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9551 Anno 2013
Presidente: D’ALONZO MICHELE
Relatore: SCHIRO’ STEFANO

SENTENZA
sul ricorso n. 14111/2005 proposto da:
ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI DELLA PROVINCIA
DI NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in Roma, piazza Augusto Imperatore 22, presso
l’avv. Andrea Cuccia, rappresentato e difeso dall’avv. Ermanno Bocchini
per procura in atti,
– ricorrente contro

COMUNE DI SERRARA FONTANA, in persona del Sindaco pro
tempore,
-intimatoe sul ricorso n. 18606/2005 proposto da:
COMUNE DI SERRARA FONTANA, in persona del Sindaco pro

Data pubblicazione: 19/04/2013

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via M. Dionigi 57, presso
l’avv. Claudia De Curtis, rappresentato e difeso dall’avv. Enrico Bonelli per
procura in atti,

– controricorrente e ricorrente incidentale

contro

DI NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in Roma, piazza Augusto Imperatore 22, presso
l’avv. Andrea Cuccia, rappresentato e difeso dall’avv. Ermanno Bocchini
per procura in atti,

– controricorrente a ricorso incidentale avverso la sentenza n. 134/01/04 della Commissione tributaria regionale
della Campania, depositata il 19 aprile 2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza in data 25
settembre 2012 dal relatore, cons. Stefano Schirò;
udito, per il ricorrente principale, l’avvocato Andrea Cuccia, per delega, che
ha chiesto il rinvio della causa per perfezionare la rinuncia al ricorso;
udito il Pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale,
dott. Pasquale Fimiani, che si è opposto al rinvio e ha concluso chiedendo il
rigetto di entrambi i ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Istituto autonomo case popolari della Provincia di Napoli ha proposto
ricorso per cassazione, sulla base di dodici motivi, nei confronti del Comune
di Serrara Fontana, avverso la sentenza della Commissione tributaria
regionale Campania indicata in rubrica, che ha dichiarato inammissibile

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ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI DELLA PROVINCIA

l’appello proposto dal nominato Istituto contro il decreto del Presidente
della Commissione tributaria provinciale di Napoli n. 174/42/2002 in data
11 settembre 2002, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso
dell’Istituto contribuente avverso un avviso di liquidazione ICI per il 1993,
in quanto il ricorrente non aveva attestato la conformità del ricorso

depositato in segreteria a quello consegnato o spedito per posta all’ufficio
impositore.
Il Comune di Serrara Fontana resiste con controricorso e ricorso incidentale,
sulla base di un motivo, contrastato dall’Istituto ricorrente con
controricorso.
All’udienza pubblica del 4 marzo 2010, la causa, su richiesta del ricorrente
principale, è stata rinviata a nuovo ruolo per consentire la definizione
transattiva della lite.
Alla odierna udienza pubblica il ricorrente principale ha nuovamente chiesto
il rinvio della causa per perfezionare la rinuncia al ricorso. Il Pubblico
ministero si è opposto al rinvio della causa e ha concluso chiedendo il
rigetto di entrambi i ricorsi.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve disporsi la riunione dei ricorsi in quanto attinenti
all’impugnazione della medesima sentenza.
Ancora in via preliminare va rilevato che l’Istituto autonomo case popolari
della Provincia di Napoli, ricorrente principale, ha depositato atto di
rinuncia al ricorso per cassazione, sottoscritto dal legale rappresentante
dell’Istituto ma non accettato dal Comune controricorrente, né a questo
ritualmente notificato.

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A

Osserva il collegio che la documentazione prodotta dal ricorrente principale,
a corredo della rinuncia al ricorso, consente comunque la definizione del
giudizio e che pertanto la richiesta dello stesso ricorrente principale di rinvio
della trattazione della causa per perfezionare detta rinuncia va disattesa.
La dichiarazione di rinuncia al ricorso principale da parte del’Istituto

controparte e a questa non notificata, non è idonea a determinare
l’estinzione del giudizio a norma dell’art. 391 c.p.c. Tuttavia dalla
documentazione prodotta dal ricorrente principale – dalla quale risulta che il
medesimo ha provveduto al pagamento dell’ICI dovuta per l’anno 1993 e
oggetto della presente controversia — emerge la prova dell’avvenuta
cessazione della materia del contendere, con conseguente inammissibilità
del ricorso principale per sopravvenuta carenza d’interesse
all’ impugnazione.
Parimenti inammissibile è il ricorso incidentale, con il quale il Comune di
Serrara Fontana ha censurato la compensazione delle spese del giudizio di
appello, disposta dalla Commissione tributaria regionale con la motivazione
dell’esistenza di giusti motivi. Infatti, poiché il giudizio di cui trattasi —
definito con sentenza di appello depositata il 19 aprile 2004 — è stato
instaurato prima della modifica, da parte dell’art. 2 della legge 28 dicembre
2005, n. 263, dell’art. 92, comma 2, c.p.c., applicabile quindi alla fattispecie
in esame, ratione temporis, nella originaria versione secondo cui “se vi è
soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, il giudice può
compensare … le spese tra le parti”, trova applicazione nel caso di specie il
principio secondo il quale, in tema di regolamento delle spese processuali, il

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autonomo case popolari della Provincia di Napoli, priva dell’accettazione di

giudice può compensare le stesse per giusti motivi senza obbligo di
precisarli, atteso che l’esistenza di ragioni che giustifichino la
compensazione va posta in relazione e deve essere integrata con la
motivazione della sentenza e con tutte le vicende processuali, stante
l’inscindibile connessione tra lo svolgimento della causa e la pronuncia sulle

compensazione per giusti motivi, il principio sancito dall’art. 111, comma
sesto, Cost., secondo cui ogni provvedimento giurisdizionale deve essere
motivato. Inoltre, il potere del giudice di compensare le spese processuali
per giusti motivi non è in contrasto con il principio dettato dall’art. 24, primo
comma, Cost., giacché il provvedimento di compensazione non costituisce,
per la parte, ostacolo alla difesa dei propri diritti, non potendosi estendere la
garanzia costituzionale dell’effettività della tutela giurisdizionale sino a
comprendervi anche la condanna del soccombente al rimborso delle spese.
Tale interpretazione dell’art. 92 c.p.c. ha avuto l’avallo della Corte
costituzionale (v. sentenza della Corte Cost. 21 dicembre 2004 n. 395) e
trova conferma nella circostanza che solo per effetto del nuovo art. 92,
secondo comma, c.p.c. (come sostituito dall’art. 2, della legge n. 263 del
2005) il giudice può compensare le spese tra le parti se vi è soccombenza
reciproca o se concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati in
motivazione (Cass. 2008/2397; 2011/20457).
Di conseguenza, nei giudizi instaurati prima della menzionata modifica
dell’art. 92 c.p.c., il sindacato di legittimità sulle pronunce del giudice di
merito con le quali sia stata disposta la compensazione delle spese giudiziali
è limitato — fermo rimanendo il divieto di condanna alle spese della parte

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spese medesime, non trovando perciò applicazione, in relazione alla

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totalmente vittoriosa — all’accertamento dell’avvenuto richiamo, da parte del
giudice stesso dei giusti motivi richiesti dall’art. 92 c.p.c. (Cass. 2005/8540;
2006/3282; 2007/17460).
L’esito del giudizio giustifica la totale compensazione tra le parti delle spese
del giudizio di cassazione.

La Corte riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili.
Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 25 settembre 2012.

P.Q.M.

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