Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9551 del 13/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 13/04/2017, (ud. 18/11/2016, dep.13/04/2017),  n. 9551

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17779-2014 proposto da:

COMUNE DI FORMELLO, in persona del Sindaco p.t. Signor

C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 82,

presso lo studio dell’avvocato LEONIDA CARNEVALE, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO ROSCIONI giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARNABA ORIANI

N. 85, presso lo studio dell’avvocato VALERIO DI GRAVIO, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3131/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/11/2016 dal Consigliere Dott. SCRIMA ANTONIETTA;

udito l’Avvocato LEONIDA CARNEVALE;

udito l’Avvocato FILIPPO DE LUCA per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 30 settembre 2005, il Tribunale di Tivoli rigettò la domanda proposta da A.M. nei confronti del Comune di Formello e volta ad ottenere la condanna dell’ente convenuto al risarcimento dei danni subiti a seguito dell’incidente avvenuto il (OMISSIS), allorchè, mentre percorreva, a bordo della propria Saab 900, via (OMISSIS) in direzione via (OMISSIS), all’altezza dell’incrocio ivi esistente, era andato a collidere con un’altra autovettura, proveniente dalla strada posta alla sua sinistra, a causa dell’insufficiente segnaletica stradale.

Avverso detta sentenza l’ A. propose gravame, cui resistette il Comune di Formello.

La Corte di appello di Roma, con sentenza depositata in data 29 maggio 2013, in parziale accoglimento dell’impugnazione proposta, condannò il Comune appellato al pagamento, in favore dell’appellante, dell’importo di complessivo di Euro 7.515,00, “somma maggiorata dal danno da ritardato pagamento e dagli interessi legali, dalla pubblicazione della sentenza al soddisfo”, nonchè della metà delle spese del doppio grado del giudizio di merito e pose le spese di c.t.u. definitivamente a carico del predetto ente.

Avverso la sentenza della Corte territoriale il Comune di Formello ha proposto ricorso per cassazione basato su un unico motivo.

A.M. ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha disposto la redazione della sentenza con motivazione semplificata.

2. Con l’unico motivo di ricorso, rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’ art. 2043 c.c., ovvero art. 2051 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con evidente contraddittorietà della motivazione”, il ricorrente sostiene che la Corte di merito, pur avendo “rettamente inquadrato la vicenda processuale nel regime dettato dall’art. 2043 c.c., avrebbe poi omesso di applicare i principi regolatori della disciplina individuata, giungendo così a conclusioni contrastanti con la logica applicata al diritto. Ad avviso del Comune di Formello il ragionamento della Corte territoriale – secondo cui la responsabilità ancorchè concorsuale dell’Amministrazione comunale andrebbe individuata nella mancanza di una segnaletica orizzontale in corrispondenza dell’incrocio ove si è verificato il sinistro – “non sarebbe censurabile laddove trovasse riscontro negli atti processuali, ovvero venisse convincentemente argomentato nella parte motiva della stessa sentenza impugnata”, mentre “la conclusione a cui sono pervenuti i giudici” sarebbe “completamente avulsa dal contesto del loro provvedimento ed anzi si po(rrebbe) in netto ed insanabile conflitto con le altre parti della motivazione”.

2.1. Il motivo è inammissibile, essendo volto sostanzialmente ad una rivalutazione del merito, non consentita in sede di legittimità.

2.1.1. Inoltre, in materia di procedimento civile, nel ricorso per cassazione il vizio della violazione e falsa applicazione della legge di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giusta il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere il proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. 28/02/2012, n. 3010; Cass., ord., 1/12/2014, n. 25419; Cass. 12/10/2011, n. 20951, Cass., 20/01/2006, n. 1108; Cass. 29 novembre 2005, n. 26048). Nella specie il ricorrente, pur dolendosi della violazione e falsa applicazione delle norme di diritto degli artt. 2043 e 2051 c.c., non ha poi specificamente indicato quali siano le affermazioni, in diritto, contenute nella sentenza impugnata in contrasto con le disposizioni indicate o con la interpretazione consolidata delle stesse datane dalla giurisprudenza di questa Corte o dalla prevalente dottrina, ma si è limitato a sollecitare, in sostanza, come già evidenziato, una “rilettura” delle risultanze istruttorie, con conseguente inammissibilità della deduzione.

2.1.2. Parimenti inammissibile è la censura motivazionale, formulata senza rispettare il paradigma legale di cui al dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nella formulazione novellata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis al caso di specie. Alla luce del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non è, infatti, più configurabile il vizio di insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del medesimo art. 360 c.p.c., n. 4, (Cass., ord., 6/07/2015, n. 13928; v. pure Cass., ord., 16/07/2014, n. 16300) e va, inoltre, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., ord., 8/10/2014, n. 21257). E ciò in conformità al principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8053 del 7/04/2014, secondo cui la già richiamata riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia – nella specie all’esame non sussistente – si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”.

3. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.

4. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma del dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge; ai sensi, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2017.

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