Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9550 del 22/04/2010

Cassazione civile sez. III, 22/04/2010, (ud. 07/04/2010, dep. 22/04/2010), n.9550

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consiglie – –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12641/2006 proposto da:

M.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ERNESTO MONACI 21, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLI

ROBERTO, rappresentato e difeso dall’avvocato PITONI LAURA con delega

a margine del ricorso;

contro

ARCHITETTURA DI INTERNI DI DE AMICIS TIZTANA & C SAS IN

LIQUIDAZIONE

(OMISSIS), elettivamente domicilia in ROMA, VIALE REGINA

MARGHERITA 217 SC./D 3P, presso lo studio dell’avvocato FALIVENE

FILIPPO, che la rappresenta e difende con delega in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4561/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Seconda Sezione Civile, emessa il 22/10/2004; depositata il

03/03/2003;

R.G.N. 5353/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2010 dal Consigliere Dott. AMATUCCI ALFONSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La conduttrice Architettura di Interni s.a.s. si oppose (con atto notificato il 30.6.1998) al decreto ingiuntivo di pagamento alla locatrice M.M. di L. 18.725.000 per canoni scaduti.

Rappresento’ di essersi avvalsa, L. n. 292 del 1978, ex art. 27, della facolta’ di recedere anticipatamente dal contratto con effetto dal 30.9.1978, chiese di essere risarcita del danni derivatile dall’apposizione di ponteggi sulla facciata dell’edificio; e domando’ che dall’eventuale credito della locatrice per canoni non pagati fosse dedotto quanto dalla conduttrice versato per deposito cauzionale, ammontante a L. 7.000.000, oltre agli interessi maturati.

La locatrice M. resistette.

Il tribunale di Rieti rigetto’ l’opposizione con sentenza n. 459 del 2002.

Rilevo’ – per quanto in questa sede ancora interessa – che il credito della conduttrice alla restituzione del deposito non fosse liquido, stante la sua funzione di garanzia per il locatore.

2.- La sentenza e’ stata sul punto riformata dalla corte d’appello di Roma che, accogliendo con sentenza n. 4561/04 il gravame della conduttrice Architettura di Interni s.a.s. ed effettuata la parziale compensazione dei rispettivi crediti, la ha condannata al pagamento della minor somma di Euro 4929,90 ed alla meta’ delle spese processuali del doppio grado, compensandole per l’altra meta’.

Ha ritenuto la corte territoriale che si’ vertesse in ipotesi di compensazione legale e che il credito della conduttrice alla restituzione del deposito cauzionale potesse “essere opposto in compensazione quanto meno sin dalla riconsegna dell’immobile (settembre 1998), che coincideva con la costituzione dell’opposta M., per la ragione che a quella data (ne’ successivamente) non erano stati riscontrati danni nell’immobile locato (eccedenti l’uso normale dello stesso)” (pagina 3 della sentenza, in fine).

3.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione la locatrice M. M., affidandosi ad otto motivi.

Resiste con controricorso la conduttrice Architettura di Interni s.a.s..

Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- I primi due motivi attengono a violazioni di norme di diritto sostanziale per avere la corte d’appello accolto l’eccezione di compensazione relativa al deposito cauzionale benche’ quel credito non fosse ancora sorto al momento della proposizione dell’eccezione;

i successivi due motivi a violazioni di norme processuali per avere la corte fondato la decisione su un documento (verbale di restituzione) la cui produzione era ormai preclusa al momento in cui era stato versato in atti; il quinto ed il sesto a vizi della motivazione sull’interpretazione del predetto verbale; il settimo alla affermata violazione dell’art. 345 c.p.c. per avere la corte d’appello fondato la decisione su fatti non tempestivamente allegati in primo grado (ipotetica maturazione del credito alla restituzione del deposito, in esito alla riconsegna); l’ottavo alla intervenuta parziale compensazione delle spese del doppio grado, riconosciute alla M. solo per la meta’ in relazione alle ragioni (proclamate erronee) della decisione.

2.- Col primo e col secondo vengono in particolare dedotte violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, artt. 11, artt. 1590 e 1243 c.c. e art. 100 c.p.c..

Le censure sono infondate.

Non v’e’ dubbio che in tanto un credito opposto in compensazione e’ idoneo a produrre gli effetti estintivi del debito verso la controparte, ex art. 1241 c.c., in quanto potrebbe essere fatto valere in giudizio allo scopo di ottenere una sentenza di condanna al pagamento; che il credito del conduttore alla restituzione della somma versata a garanzia dei propri obblighi contrattuali in deposito cauzionale, avente natura di pegno irregolare, sorge solo al termine del rapporto locativo, dopo la restituzione dell’immobile e se il conduttore abbia integralmente adempiuto le proprie obbligazioni, fra le quali anche quella relativa proprio al pagamento del canone; e, ancora, che l’effetto estintivo non si produce fino a quando il credito non sia venuto a scadenza o, se illiquido, non sia stato liquidato dal giudice.

Ma questo non impedisce che l’eccezione possa essere sollevata anche prima della scadenza del credito opposto in compensazione, fermo il fatto che in tanto la compensazione operera’ in quanto quel credito sia divenuto attuale quantomeno al momento della decisione, al quale la corte d’appello ha avuto correttamente riguardo. In linea, tra l’altro, col principio secondo il quale puo’ considerarsi liquido ed esigibile il credito del conduttore alla restituzione del deposito cauzionale se, avvenuto il rilascio dell’immobile locato, il locatore trattenga la somma senza proporre domanda giudiziale per l’attribuzione, in tutto o in parte, della stessa a copertura di specifici danni subiti (Cass., nn. 13655/2002 e 4725/1989). Il presupposto dell’esigibilita’ e’, infatti, che l’immobile sia stato restituito e che il deposito cauzionale abbia esaurito la funzione di garanzia assegnatagli dalla legge.

3.- Tanto tuttavia presuppone che il giudice possa tenere conto dell’avvenuto rilascio, costituente – come s’e’ detto – il presupposto minimo per l’insorgenza del credito.

E nella specie non poteva, giacche’ il documento che lo diceva avvenuto il 28.9.1998 e’ stato prodotto nel 2002, dopo il mutamento del rito disposto (su sollecitazione dell’opponente conduttore) all’udienza di precisazione delle conclusioni, quando ormai era intervenuta preclusione in ordine alla produzione alla stregua del rito ordinario sino ad allora seguito. Preclusione gia’ d’altronde rilevata dal giudice di primo grado, quando la produzione del documento era stata precedentemente ed infruttuosamente effettuata dall’opponente oltre i termini di cui all’art. 184 c.p.c. nella formulazione all’epoca vigente.

Ne’ il mutamento del rito da ordinario a speciale puo’ produrre l’effetto (neppure a seguito della fissazione del termine perentorio ex art. 426 c.p.c. per la “integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria”, termine peraltro nella specie non assegnato), di una sorta di rimessione in termini rispetto alle preclusioni gia’ maturate alla stregua della normativa propria del rito ordinario (Cass., nn. 6209/1981, 6449/1986, 8526/1987), giacche’ l’integrazione degli atti va correlata alle decadenze di cui agli artt. 414 e 416 c.p.c., che non possono appunto aver corso se non per effetto dell’omessa tempestiva integrazione (cfr. Cass., n. 5971/1995; e si veda anche Cass., nn. 1274/91 e 511/01), ma non vale a ricondurre il processo ad una fase anteriore a quella gia’ svoltasi.

Sono dunque fondate le censure di cui al terzo ed al quarto motivo coi quali tali vizi sono dedotti.

4.- Rimangono assorbiti gli ulteriori motivi di censura, incluso quello relativo alla regolazione delle spese.

5.- Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., col rigetto dell’appello avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’opposizione.

Consegue la condanna della opponente (controricorrente in questa sede) al pagamento delle intere spese del primo e del secondo grado, stante la sua totale soccombenza: dunque, al doppio di quanto posto a suo carico dalla sentenza cassata, che ha liquidato le spese nella meta’, compensandole per l’altra la meta’.

Quelle del giudizio di cassazione possono essere compensate in relazione alla difformita’ tra le due sentenze di merito, alla difficolta’ delle questioni trattate ed alle ragioni della decisione.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa in relazione e, decidendo nel merito, rigetta l’appello di Architettura di Interni s.a.s. avverso la sentenza del tribunale di Rieti n. 459 del 2002 e la condanna al pagamento delle intere spese processuali del doppio grado a favore di M.M. nella misura del doppio rispetto a quanto liquidato, per la meta’, con la sentenza cassata;

compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2010

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