Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9549 del 25/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/05/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 25/05/2020), n.9549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22995/2018 R.G. proposto da:

COMUNE DI NAPOLI, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso

dall’Avv. Fabio Maria Ferrari, con domicilio eletto in Roma, via

Appennini, n. 46, presso lo Studio legale associato Leone;

– ricorrente –

contro

B.S., rappresentato e difeso dall’Avv. Bartolomeo

Della Morte e dal Prof. Giovanni Leone, con domicilio eletto in

Roma, via Principessa Clotilde, n. 2, presso lo studio dell’Avv.

Paolo Leone;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Napoli depositata il 26

giugno 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 febbraio

2020 dal Consigliere Dott. Mercolino Guido.

Fatto

RILEVATO

che con ordinanza del 5 settembre 2016 la Corte d’appello di Napoli dichiarò inammissibile, in quanto tardiva, l’opposizione proposta dal Comune di Napoli avverso la stima dell’indennità dovuta a B.S., proprietario di un fondo della superficie di 13794 mq. sito in Napoli, e riportato in Catasto al foglio 131, particelle 292 e 91, per l’espropriazione dell’immobile, disposta con decreto del 12 dicembre 2008, n. 1 per la realizzazione di un parco agricolo-didattico;

che il ricorso per cassazione proposto dal Comune avverso la predetta sentenza fu accolto da questa Corte con sentenza del 3 novembre 2017, n. 26248;

che il giudizio fu pertanto riassunto dinanzi alla Corte d’appello, che con ordinanza 26 giugno 2018 ha rigettato l’opposizione;

che avverso la predetta ordinanza il Comune ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, al quale il B. ha resistituo con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo d’impugnazione il Comune denuncia la violazione dell’art. 2909 c.c., osservando che, nel determinare le possibilità di utilizzazione del fondo espropriato, l’ordinanza impugnata è incorsa in violazione del giudicato, avendo richiamato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sede di Napoli, del 14 settembre 2007, n. 7695, la quale, nel rigettare il ricorso proposto dal B. avverso il diniego dell’autorizzazione richiesta per la realizzazione di un parcheggio, aveva escluso la possibilità di realizzare parcheggi interrati sia di tipo stanziale che di tipo pertinenziale;

che con il secondo motivo il ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nel valutare la sentenza del Giudice amministrativo, l’ordinanza impugnata ne ha preso in considerazione soltanto un passaggio argomentativo, riguardante la possibilità di realizzare parcheggi pertinenziali, senza tener conto del resto della motivazione, da cui emergeva la totale esclusione della possibilità di costruire parcheggi nell’area espropriata;

che i due motivi, da trattarsi congiuntamente, in quanto aventi ad oggetto questioni strettamente connesse, sono infondati;

che l’autorità del giudicato sostanziale opera infatti soltanto entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione, e presuppone pertanto che tra la precedente causa e quella in atto vi sia non solo identità di parti, ma anche identità di petitum e causa petendi (cfr. Cass., Sez. I, 24/03/2014, n. 6830; 8/08/2013, n. 19017; Cass., Sez. lav., 20/04/2011, n. 9043);

che il presente giudizio e quello conclusosi con la sentenza invocata hanno in comune soltanto i soggetti, differenziandosi invece sia per il peti-tum, costituito nel primo caso dalla determinazione dell’indennità di espropriazione e nel secondo dall’annullamento del provvedimento di diniego dell’autorizzazione, che per la causa petendi, rappresentata nel presente giudizio dalla vicenda ablatoria ed in quello amministrativo dall’insieme dei presupposti di fatto che avrebbero giustificato il rilascio dell’autorizzazione;

che nel presente giudizio l’accertamento compiuto dal Giudice amministrativo in ordine alla classificazione urbanistica del fondo espropriato ed alle conseguenti possibilità di sfruttamento dell’immobile non riveste dunque efficacia vincolante, potendo venire in considerazione esclusivamente sotto il profilo probatorio, in quanto avente ad oggetto una questione di fatto rilevante sia ai fini della determinazione del valore di mercato del fondo espropriato che ai fini del rilascio del titolo legittimante la trasformazione del suolo;

che l’errata valutazione del materiale probatorio acquisito agli atti non costituisce peraltro motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il quale, nel testo sostituito dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2010,circoscrive le anomalie motivazionali deducibili in sede di legittimità alla pretermissione di un fatto storico, principale o secondario, che abbia costituito oggetto del dibattito processuale e risulti idoneo ad orientare in senso diverso la decisione, nonchè a quelle che si convertono in violazione di legge, per mancanza del requisito di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, escludendo pertanto da un lato la possibilità di estendere il vizio in esame al di fuori delle ipotesi, nella specie neppure prospettate, in cui la motivazione manchi del tutto sotto l’aspetto materiale e grafico, oppure formalmente esista come parte del documento, ma risulti meramente apparente, perplessa, o costituita da argomentazioni talmente inconciliabili da non permettere di riconoscerla come giustificazione del decisum, e tale vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 8053 e 8054; Cass., Sez. VI, 8/10/ 2014, n. 21257), dall’altro la possibilità di far valere, sotto tale profilo, l’omessa o inadeguata valutazione di elementi istruttori (cfr. Cass., Sez. VI, 15/05/2018, n. 11863; 10/02/2015, n. 2498; Cass., Sez. lav., 9/07/2015, n. 14324);

che il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del contro-ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 25 maggio 2020

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