Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9546 del 18/04/2018

Civile Sent. Sez. 2 Num. 9546 Anno 2018
Presidente: COSENTINO ANTONELLO
Relatore: SCARPA ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 27029-2016 proposto da:
A.A.
– ricorrente contro
BANCA D’ITALIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
NAZIONALE N.91, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE
GIOVANNI NAPOLETANO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato RUGGERO IPPOLITO;
– controricorrente avverso il decreto n. 7211/2016 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositato il 07/09/2016;

Data pubblicazione: 18/04/2018

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
13/02/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. LUCIO CAPASSO, il quale ha concluso per il rigetto del
ricorso;

FATTI DI CAUSA
A.A. ha proposto ricorso articolato in due motivi
avverso il decreto n. 7211/2016 della Corte d’Appello di Roma,
depositato il 7 settembre 2016, che ne aveva respinto
l’opposizione ex art. 145 del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385
(Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia)
spiegata contro la delibera n. 421 del 5 agosto 2014 del
Direttorio della Banca d’Italia.
Resiste con controricorso la Banca d’Italia.
A seguito di ispezioni svolte dalla Banca d’Italia tra il novembre
2012 ed il settembre 2013 presso la Banca Marche s.p.a. e la
sua controllata XX s.p.a., vennero contestate a
A.A., ex consigliere del consiglio di
amministrazione di XX s.p.a., carenze
nell’organizzazione e nei controlli con particolare riferimento al
processo del credito, e venne perciò irrogata allo stesso una
sanzione di C 54.000,00.
La Corte d’Appello di Roma, adita con opposizione da A.A., disattese l’eccezione di decadenza della potestà
sanzionatoria, ritenendo tempestiva la notifica delle
contestazioni avvenuta il 25 ottobre 2013 rispetto alla chiusura
della seconda ispezione (6 settembre 2013); superò la dedotta
violazione del principio di legalità, quanto alla contestazione
degli addebiti; replicò, circa le difese dell’opponente sulla crisi
Ric. 2016 n. 27029 sez. 52 – ud. 13-02-2018
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uditi gli Avvocati Russo e Ippolito.

del mercato, che proprio tale congiuntura imponesse l’adozione
di adeguati presidi organizzativi per il contenimento dei rischi
dell’intermediario; escluse ogni portata esimente dell’allegata
influenza dominante della Banca Marche sulla Medioleasing,
come anche la vincolatività per gli amministratori della società

concessione di crediti eccedenti il 20% del patrimonio di
vigilanza; negò rilievo, a fronte delle accertate gravi passività e
degli illeciti sussistenti già nel 2010 (epoca di una precedente
ispezione), alla deduzione del A.A. di essere un
consigliere senza deleghe, sia per difetto di prova di un
comitato ristretto di amministratori con delega nel C.d.A di
XX, sia perché comunque ciò non ne avrebbe escluso
l’obbligo di vigilanza; reputò non provata dall’opponente la sua
ignoranza incolpevole di tali illeciti, e per contro dimostrata una
attività consiliare del A.A. superficiale ed inefficace, alla
luce degli interventi e delle segnalazioni nel C.d.A. (si cita in
particolare la posizione in sofferenza del Gruppo Foresi); valutò
la ritardata adozione ad opera del C.d.A. di misure di ripristino
della qualità dell’attivo, il deficit patrimoniale di 40 milioni di
euro e l’insufficiente presidio minimo di patrimonializzazione di
XX. Per effetto delle accertate responsabilità del
A.A., la Corte di Roma stimò adeguata la sanzione di C
8.000,00 per ciascuna delle tre irregolarità che diceva
contestate allo stesso (sub 1, 3 e 4), pari a complessivi C
24.000.00, in misura definita inferiore alla metà del massimo
editale, tenendo conto delle dimensioni aziendali, del numero e
della gravità delle violazioni e della recidiva rispetto ad una
precedente sanzione del 2011.
Le parti hanno presentato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

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controllata dei “pareri di coerenza” della capogruppo sulla

RAGIONI DELLA DECISIONE
MI primo motivo di ricorso di A.A. denuncia la
violazione e falsa applicazione dell’art. 2381, commi 3 e 6, c.c.,
assumendo che la Corte d’Appello di Roma abbia errato nel
ritenere che il ricorrente avesse “un autonomo dovere di

della società”, né “potesse ignorare cha già dal 6.2.2013 vi
fosse stato un rapporto informativo dell’Audit interno
all’intermediario con cui si segnalavano criticità e lacune”. Così
ragionando, la responsabilità degli amministratori privi di
specifiche deleghe operative, secondo il ricorrente, trasmoda
nei fatti in responsabilità oggettiva. Si aggiunge che nel C.d.A.
di XX s.p.a. vi fossero un amministratore delegato e
un direttore generale, cui era affidata la gestione esecutiva
societaria, fonte di informazioni primaria per l’obbligo di agire
informati gravante sugli amministratori non esecutivi e privi di
deleghe, quale appunto era il A.A..
La controricorrente Banca d’Italia conclude per l’inammissibilità
o per l’infondatezza del ricorso, facendo rilevare come solo a
pagina 11 dell’impugnazione per cassazione siano state
allegate per la prima volta le questioni di fatto dell’esistenza di
un amministratore delegato e dell’importanza del Direttore
generale. Tali questioni risultano, tuttavia, per lo meno
implicitamente affrontate nell’impugnato decreto a proposito
del terzo motivo di opposizione, dove si legge della deduzione
del A.A. di essere soltanto un “consigliere non delegato”,
nonché dei rapporti tra Consiglio di Amministrazione e
Direttore generale.

1.1. Il primo motivo di ricorso è comunque infondato, alla luce
del consolidato orientamento di questa Corte in tema proprio di
sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalla Banca d’Italia
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controllo”, ovvero un “obbligo di vigilare sulla corretta gestione

ai sensi dell’art. 144 del d.lgs. 10 settembre 1993, n. 385, per
carenze nell’organizzazione e nei controlli interni. Tale
orientamento, che va qui ribadito, precisa come, ai fini del
contenimento del rischio creditizio nelle sue diverse
configurazioni nonché dell’organizzazione societaria e dei

1993 e le disposizioni attuative dettate con le Istruzioni di
vigilanza per le banche, mediante la circolare n. 229 del 1999
(e successive modificazioni e integrazioni), sanciscono doveri di
particolare pregnanza in capo al consiglio di amministrazione
delle società bancarie, che riguardano l’intero organo collegiale
e, dunque, anche i consiglieri non esecutivi, i quali sono tenuti
ad agire in modo informato e, in ragione dei loro requisiti di
professionalità, ad ostacolare l’evento dannoso, sicché
rispondono del mancato utile attivarsi. Ne consegue, inoltre,
che in caso di irrogazione di sanzioni amministrative, la Banca
d’Italia, anche in virtù della presunzione di colpa vigente in
materia, ha unicamente l’onere di dimostrare l’esistenza dei
segnali di allarme che avrebbero dovuto indurre gli
amministratori non esecutivi, rimasti inerti, ad esigere un
supplemento di informazioni o ad attivarsi in altro modo,
mentre spetta a questi ultimi provare di avere tenuto la
condotta attiva dovuta o, comunque, mirante a scongiurare il
danno (Cass. Sez. 1, 09/11/2015, n. 22848). Il dovere di
agire informati dei consiglieri non esecutivi delle società
bancarie, sancito dagli artt. 2381, commi 3 e 6, e 2392 c.c.,
non va, del resto, rimesso, nella sua concreta operatività, alle
segnalazioni provenienti dai rapporti degli amministratori
delegati, giacché anche i primi devono possedere ed esprimere
costante e adeguata conoscenza del business bancario e,
essendo compartecipi delle decisioni di strategia gestionale
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controlli interni, l’art. 53, lett. b) e d), del d.lgs. n. 385 del

assunte dall’intero consiglio, hanno l’obbligo di contribuire ad
assicurare un governo efficace dei rischi di tutte le aree della
banca e di attivarsi in modo da poter efficacemente esercitare
una funzione di monitoraggio sulle scelte compiute dagli organi
esecutivi, non solo in vista della valutazione delle relazioni

poteri, spettanti al consiglio di amministrazione, di direttiva o
avocazione concernenti operazioni rientranti nella delega
(Cass. Sez. 2, 05/02/2013, n. 2737).
Questa interpretazione non vale ad accollare una responsabilità
oggettiva agli amministratori non esecutivi, essendo gli stessi
perseguibili ove ricorrano comunque sia la condotta d’inerzia,
sia il fatto pregiudizievole antidoveroso, sia il nesso causale tra
i medesimi, sia, appunto, la colpa, consistente nel non aver
rilevato colposamente i segnali dell’altrui illecita gestione, pur
percepibili con la diligenza della carica (anche
indipendentemente dalle informazioni doverose ex art. 2381
c.c.), e nel non essersi utilmente attivati al fine di evitare
l’evento. Sotto il profilo probatorio, ciò comporta che spetta al
soggetto il quale afferma la responsabilità allegare e provare, a
fronte dell’inerzia dei consiglieri non delegati, l’esistenza di
segnali d’allarme (anche impliciti nelle anomale condotte
gestorie) che avrebbero dovuto indurli ad esigere un
supplemento di informazioni o ad attivarsi in altro modo (con la
richiesta di convocazione del consiglio di amministrazione
rivolta al presidente, il sollecito alla revoca della deliberazione
illegittima od all’avocazione dei poteri, l’invio di richieste per
iscritto all’organo delegato di desistere dall’attività dannosa,
l’impugnazione delle deliberazione ex art. 2391 c.c., la
segnalazione al p.m. o all’autorità di vigilanza, e così via);
assolto tale onere, è, per contro, onere degli amministratori
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degli amministratori delegati, ma anche ai fini dell’esercizio dei

provare di avere tenuto la condotta attiva dovuta o la causa
esterna, che abbia reso non percepibili quei segnali o
impossibile qualsiasi condotta attiva mirante a scongiurare il
danno (Cass. Sez. 1, 09/11/2015, n. 22848). A ciò si aggiunga
come, in materia di sanzioni amministrative, quali appunto

385, nei confronti dei soggetti che svolgono funzioni di
amministrazione, di direzione o di controllo di istituti bancari, il
legislatore individua una serie di fattispecie, destinate a
salvaguardare procedure e funzioni ed incentrate sulla mera
condotta, secondo un criterio di agire o di omettere doveroso,
e così ricollega il giudizio di colpevolezza a parametri normativi
estranei al dato puramente psicologico, limitando l’indagine
sull’elemento oggettivo dell’illecito all’accertamento della
“suità” del comportamento inosservante, con la conseguenza
che, una volta integrata e provata dall’autorità amministrativa
la fattispecie tipica dell’illecito, grava sul trasgressore, in virtù
della presunzione di colpa posta dall’art. 3 della legge 24
novembre 1981, n. 689, l’onere di provare di aver agito in
assenza di colpevolezza (cfr. analogamente Cass. Sez. U,
30/09/2009, n. 20930).
Per quanto specificamente attiene ai consiglieri non esecutivi di
società bancaria, l’art. 53, lett. b e lett. d, del d.lgs. 10
settembre 1993, n. 385, prevede che la Banca d’Italia emani
disposizioni di carattere generale aventi ad oggetto, tra l’altro,
il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni e il
governo societario, l’organizzazione amministrativa e contabile,
nonché i controlli interni e i sistemi di remunerazione e di
incentivazione. Le disposizioni attuative sono state quindi
dettate con le Istruzioni di vigilanza per le banche, mediante la
circolare 21 aprile 1999 n. 229, e le successive modificazioni
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quelle previste dall’art. 144 del d.lgs. 1° settembre 1993, n.

ed integrazioni, le quali sanciscono doveri di particolare
pregnanza in capo all’intero consiglio di amministrazione di
azienda bancaria (e quindi anche dei consiglieri non esecutivi),
che si incentrano, per l’intero organo collegiale, proprio in quel
compito di monitoraggio e valutazione della struttura

La Corte d’Appello di Roma, nel decreto impugnato, si è
uniformata a questi principi, avendo essa affermato che la crisi
economica generale avrebbe imposto l’adozione di adeguati
presidi organizzativi per il contenimento dei rischi
dell’intermediario; che la prospettata influenza dominante della
Banca Marche sulla Medioleasing, come anche la vincolatività
per gli amministratori della società controllata dei “pareri di
coerenza” della capogruppo sulla concessione di crediti
eccedenti il 20% del patrimonio di vigilanza, non valessero ad
esonerare il A.A. da ogni scelta gestionale; che le
accertate gravi passività e gli illeciti emersi già nel corso
dell’ispezione del 2010 avrebbero dovuto sollecitare l’obbligo di
vigilanza del ricorrente; che era dimostrata una attività
consiliare del A.A. superficiale ed inefficace, senza
formali dissociazioni dall’operato del direttore generale, e
senza l’adozione di idonee misure di controllo sull’esposizione
della clientela (viene fatto riferimento alla posizione in
sofferenza del Gruppo Foresi); che nulla il A.A. avesse
allegato sul

deficit

patrimoniale di 40 milioni di euro e

sull’insufficiente presidio minimo di patrimonializzazione di
XX.
II. Il secondo motivo di ricorso di A.A. allega la
violazione e falsa applicazione dell’art. 11, legge n. 689/1981,
non essendo stata effettivamente determinata una sanzione
“personalizzata”, visto che il decreto impugnato ha stimato
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operativa.

congrua la misura della stessa nell’importo di C 8.000,00 per
ciascuna delle tre irregolarità che diceva contestate al
ricorrente, pari ad un totale di C 24.000,00, laddove allo stesso
è stata irrogata, in realtà, un’unica sanzione di C 54.000,00 per
la sola irregolarità contestatagli. Oltre a tale errore di fatto nel

Corte di Roma, al pari della Banca d’Italia, ponendo
sull’identico piano tutti i consiglieri di amministrazione, il
direttore generale e i sindaci, non avrebbe ben valutato la
gravità della violazione inflitta al ricorrente alla luce della
vincolatività del parere di coerenza della capogruppo e della
maggiore responsabilità del collegio sindacale.
11.1. Il secondo motivo di ricorso è fondato nei limiti che si
precisano.
E’ costante l’interpretazione di questa Corte secondo cui, in
tema di sanzioni amministrative pecuniarie, quali appunto
quelle per violazione della legge bancaria, ove la norma indichi
un minimo e un massimo della sanzione, spetta al potere
discrezionale del giudice determinarne l’entità entro tali limiti,
senza esser tenuto nemmeno a specificare in sentenza i criteri
adottati nel procedere a detta determinazione (Cass. Sez. 1,
08/02/2016, n. 2406; Cass. Sez. 2, 07/04/2017, n. 9126). La
statuizione del giudice dell’opposizione sulla misura della
sanzione pecuniaria è tuttavia denunciabile per cassazione ove
siano stati superati i limiti edittali della sanzione, oppure
emerga dal provvedimento che non si sia tenuto conto dei
parametri previsti dall’art. 11 della I. n. 689 del 1981, quali la
gravità della violazione, la personalità dell’agente e le sue
condizioni economiche. Nel caso in esame, la Corte d’Appello di
Roma è allora incorsa in errore sia sui presupposti di fatto della
condotta contestata, affermando che al A.A. fossero
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considerare l’importo della sanzione inflitta al A.A., la

state attribuite tre concorrenti irregolarità (a fronte di una
effettiva), sia sull’importo stesso della sanzione irrogata,
ritenuta nel decreto pari a complessivi C 24.000,00 (a fronte di
C 54.000,00 effettivi), e ciò ha dato luogo ad un vero e proprio
“error in iudicando”

nell’individuazione dei parametri e dei

III. Va quindi rigettato il primo motivo del ricorso di Claudio
A.A. ed invece accolto il secondo motivo di ricorso.
Consegue la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio ad
altra sezione della Corte d’Appello di Roma, che deciderà la
causa attenendosi ai rilievi svolti con riguardo alla censura
accolta.
Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine al regolamento
delle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo
motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche
per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della
Corte d’Appello di Roma.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda
sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 febbraio
2018.
Il Consigliere estensore
Do t. Antonio Scarpa

Il Pres/4ente
Dott.

Ric. 2016 n. 27029 sez. 52 – ud. 13-02-2018
-10-

llo Cosentino

criteri di applicazione della pena pecuniaria.

nario Giudizi*

eria NERI

DEPOSITATO IN CANCELLEM

1

8 APR. 2018

Roma,

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