Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9544 del 12/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9544 Anno 2015
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: BOGNANNI SALVATORE

ORDINANZA
sul ricorso 944-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata

in

ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente contro
EDIL CORI SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL CIRCO MASSIMO 9,
presso lo STUDIO LORETI, rappresentata e difesa dagli avvocati
FABIO GENTILI (per costituzione di nuovo procuratore) e
ALESSANDRO LORETI, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –

2r1.3
25

Data pubblicazione: 12/05/2015

avverso la sentenza n. 650/14/2011 della Commissione Tributaria
Regionale di ROMA dell’11.10.2011, depositata il 19/10/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE
BOGNANNI;

agli scritti.

Ric. 2012 n. 00944 sez. MT – ud. 16-04-2015
-2-

udito per la controricorrente l’Avvocato Fabio Gentili che si

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Sesta (Tributaria)
R.G. ric. n. 944/12

Ricorrente: agenzia entrate
Controricorrente: società EDIL CO.RI srl.

Ordinanza
Svolgimento del processo

1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale del Lazio n. 650/14/11, depositata il 19 ottobre
2011, con la quale, accolto l’appello principale della società EDIL CO.RI srl., e rigettato l’altro incidentale della prima contro
la decisione di quella provinciale, l’impugnazione inerente
all’avviso di accertamento, relativo all’Ires, Iva ed Irap per l’
anno 2004, veniva ritenuta fondata. In particolare il giudice di
secondo grado osservava che l’atto impositivo si basava unicamente
su presunzioni, non suffragate da elementi di prova. Ino re ‘
maggiori introiti riscontrati dai verificatori erariali
della verifica erano da ritenere non proventi in nero, ben dei
prestiti dei soci, la cui posizione reddituale precedente peraltro
denotava disponibilità finanziaria. Parimenti non era condivisibile la contestazione dell’agenzia circa l’agevolazione dell’Iva al
4% applicata alle prestazioni rese ad altra società immobiliare,
perché le relative operazioni “…risulta(va)no ampiamente dimostrate”. Quanto poi alle fatture ritenute inerenti ad operazioni
inesistenti, il relativo onere probatorio gravava sull’agenzia
stessa, sicché i costi e le rimanenze andavano collocati tra le
poste negative del bilancio, come dimostrato dalla contribuente, e
ciò poteva “ritenersi provato in forza del principio della non
contestazione”. La Edil Cori resiste con controricorso, ed ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1

Oggetto: impugnazione avviso accertamento per maggior reddito,

2

2. Col primo motivo la ricorrente deduce il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio, in quanto la commissione di secondo grado non enunciava le ragioni, in virtù delle quali riteneva che
l’appellante principale avesse fornito la prova degli assunti ad-

basava sulle rilevanti carenze riscontrate dai verificatori erariali.
Il motivo è fondato. Invero, com’è noto, il vizio di omessa o
insufficiente motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, denunziabile
in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5
cod. proc. civ., ricorre allorquando il giudice di merito ometta
di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero enuncia i medesimi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo
sull’esattezza e sulla logicità del percorso argomentativo seguito, come nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 9113 d
06/06/2012, n. 1756 del 2006).
Dunque la sentenza impugnata non risulta motivat mod
guato sul punto.
3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, giacché la CTR non indicava le
ragioni, secondo cui la società avrebbe dimostrato che i costi
fossero stati effettivi, nonostante le fatture fossero carenti dei
dati prescritti; che le rimanenze fossero costituite da quelle annotate, sebbene non fossero state riscontrate dai verificatori, e
lo stesso legale rappresentante, tale Pietrosante, avesse dichiarato che parecchie operazioni passive fossero state eseguite solo
su accordi verbali, nonché che le rimanenze stesse fossero state
valutate “.. ..a sua discrezione”.
La censura ha pregio. Infatti, com’è noto, in tema di
accertamento del reddito d’impresa, pur in presenza di contabilità
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dotti in contestazione all’avviso di accertamento, che invece si

3

regolare, ma sostanzialmente priva di garanzia di affidabilità e
congruità sostanziali, il fisco può utilizzare qualsiasi elemento
probatorio e fare ricorso al metodo induttivo, avvalendosi anche di
presunzioni cosiddette “super l semplici”, cioè prive dei requisiti di
gravità, precisione e concordanza di cui all’art. 38, terzo comma,

un’inversione dell’onere della prova, ponendo a carico del
contribuente la deduzione di elementi contrari intesi a dimostrare
che il reddito non è stato prodotto, o lo è stato in misura
inferiore a quella indicata dall’ufficio, come nel caso in esame
(V. pure Cass. Sentenze n. 15027 del 02/07/2014, n. 14941 del
2013). Del resto l’irregolarità delle fatture, non redatte in
conformità ai requisiti di forma e contenuto prescritti dall’art.
21 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, faceva venir no
presunzione di veridicità di quanto in esse rappresent
rendeva inidonee a costituire titolo per la contribuente ai ini
del diritto alla deduzione del costo relativo. Pertanto
l’Amministrazione finanziaria ben poteva contestare l’effettività
delle operazioni ad esse sottese, e ritenere indeducibili i costi
indicati nelle stesse (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 21446 del
10/10/2014, n. 9108 del 2012). Inoltre va osservato che l’aliquota
agevolata del 4 per cento prevista dal punto 21 della parte seconda
della tabella A, allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633,
ancorché riguardante i fabbricati e loro porzioni di cui all’art.
13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, ceduti da imprese
costruttrici, pur se non ultimati, purché permanga l’originaria
destinazione, tuttavia non si applica ad un’impresa edile che si
sia limitata a rivendere un immobile da essa non costruito, atteso
che detta agevolazione tributaria ha la finalità di favorire lo
svolgimento dell’attività edilizia, anche se esercitata in tutto o
in parte con la collaborazione di terzi, ma non può estendersi
all’altra commerciale meramente speculativa di compravendita di
immobili, come sembra nella fattispecie (V. pure Cass. Sentenze n.
16664 del 29/07/2011, n. 3954 del 1998).
3

del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, le quali determinano

4

Quindi la decisione gravata non risulta motivata in modo adeguato e giuridicamente corretto su tali punti.
4. Ne discende che il ricorso va accolto, con la conseguente
cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice “a
quo”, altra sezione, per nuovo esame, e che dovrà uniformarsi ai

5.

Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse saranno

regolate dal giudice del rinvio stesso.
P.Q.M.
La Corte
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata,

rinvia,

anche per le spese, alla commissione tributaria regionale del
Lazio, altra sezione, per nuovo esame.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta Sezione civile, il 16 aprile 2015.

suindicati principi di diritto.

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