Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9543 del 29/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 29/04/2011, (ud. 16/02/2011, dep. 29/04/2011), n.9543

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26271-2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

FALL NATURAL IMPORT EXPORT SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 66/2005 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 23/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/02/2011 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA CONCETTA SAMBITO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO FEDERICO, che ha concluso per l’accoglimento del 11

motivo, l’infondatezza del 1^.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Curatela del fallimento della Società Natural Import Export S.r.l. ha impugnato l’avviso di accertamento con cui era stato determinato induttivamente il reddito ai fini IRPEG ed ILOR per l’anno 1994. La CTP di Roma ha accolto il ricorso e l’appello dell’Ufficio è stato rigettato, con sentenza n. 66/6/05, depositata il 23.6.2005, dalla CTR del Lazio, che ha ritenuto insussistente il presupposto impositivo, per essere rimasto accertato un risultato negativo, nell’anno d’imposta di riferimento, come da perizia contabile disposta dal GD al fallimento.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate ricorrono per la cassazione di tale sentenza, sulla scorta di due motivi. La Curatela non ha presentato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare, va rilevata l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non ha partecipato al pregresso grado di giudizio: a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle Entrate, avvenuta con D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 e divenuta operativa dal 1 gennaio 2001 (D.M. 28 dicembre 2000, ex art. 1), si è verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale deve ritenersi che la legittimazione “ad causam” e “ad processum” nei procedimenti introdotti successivamente al 1 gennaio 2001 spetta all’Agenzia, e la proposizione dell’appello da parte o nei confronti della sola Agenzia, senza esplicita menzione dell’ufficio periferico che era parte originaria, si traduce nell’estromissione di quest’ultimo (cfr. S.U. n. 3116 e n. 3118 del 2006, n. 22641 del 2007).

Col primo motivo, l’Agenzia, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 25 e 31 della LF e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, si duole che la CTR ha omesso di pronunciare sull’eccezione d’inammissibilità del ricorso, da lei sollevata in appello, per la mancata emissione dell’autorizzazione a stare in giudizio del Curatore, da parte del GD al fallimento.

Il motivo è inammissibile. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che l’omessa pronuncia su una domanda o un’eccezione proposta costituisce violazione dei doveri decisori, che integra un “error in procedendo” ed è deducibile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto siffatta censura presuppone che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto della doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto (Cass. n. 1755/2006; n. 11844/2006; n. 24856/2006; n. 12952/2007).

L’inammissibilità, peraltro, non cesserebbe di configurarsi anche se la censura, in cui si fa espresso richiamo all’art. 112 c.p.c. – venisse correttamente valutata nella sua sostanza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per il difetto di autosufficienza della sua esposizione, dato che nel ricorso non si riportano le espressioni con cui l’eccezione in esame sarebbe stata formulata nell’atto d’impugnazione, nè viene specificato se siano state formulate conclusioni in tal senso. Ora, pur configurando la violazione dell’art. 112 c.p.c. un “error in procedendo”, per il quale la Corte di Cassazione è giudice anche del “fatto processuale”, non essendo tale vizio rilevabile d’ufficio, il potere-dovere della Corte di esaminare direttamente gli atti processuali non implica che la medesima debba ricercarli autonomamente, spettando, comunque, alla parte di indicarli (Cass. n. 978/2007).

Col secondo motivo, l’Agenzia, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 34 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, afferma che la CTR non aveva considerato che l’accertamento induttivo era scaturito dalla mancata trasmissione, da parte della Curatela all’Ufficio, che ne aveva fatto richiesta, della copia del bilancio del 1994, la dichiarazione dei redditi ed i verbali assembleari. Era, dunque, onere del contribuente di provare che il reddito non era stato prodotto, prova che non poteva ritenersi assolta, in assenza dì documentazione contabile, con riferimento al risultato negativo di bilancio riportato in una perizia disposta dal tribunale fallimentare, che era stata solo menzionata, ma non, anche, prodotta in giudizio; carenza documentale che, quale difetto probatorio, doveva ritorcersi in capo alla contribuente.

Il motivo è infondato.

L’impugnata sentenza ha rigettato l’appello non già perchè ha negato il potere dell’Ufficio di procedere ad accertamento induttivo, in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e del bilancio, e neanche perchè ha posto a carico dello stesso l’onere di provare l’effettiva produzione del reddito, in tal modo, determinato, ma perchè ha ritenuto insussistente il presupposto impositivo, in considerazione delle risultanze della perizia disposta in sede fallimentare, che aveva accertato una perdita di L. 6.633.000.000 nell’anno d’imposta di riferimento, e, così, escluso la percezione dei redditi. La questione relativa alla mancata produzione in giudizio di tale perizia contabile è del tutto nuova, e dunque, inammissibile, dato che l’impugnata sentenza tace al riguardo, ed, al contrario, la ritiene espressamente attendibile; nè la ricorrente, che pure ha affermato di aver rilevato, con la memoria integrativa in appello, “come non fosse presente agli atti alcun documento atto a dimostrare la fondatezza delle ragioni della società contribuente”, ha censurato l’omessa pronuncia su tale questione, riproducendo, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, le parti rilevanti dell’atto processuale col quale la aveva sollevata. La critica, poi, circa la sufficienza di tale risultanza processuale a documentare l’inesistenza di redditi impinge, all’evidenza, nella valutazione di merito, incensurabile, in questa sede, sotto il profilo della violazione di legge, qui dedotto. Al riguardo, va osservato che questa Corte ha, più volte, precisato che l’allegazione di una erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna alla esatta interpretazione della norma di legge ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione, tramite il quale la Corte ha, bensì, il potere di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, ma non anche quello di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa (Cass. n. 11936/2003; n. 15607/2005; n. 5489/2007; n. 18119/2008).

Nulla sulle spese, in assenza di difese da parte della Curatela intimata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze, e rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2011

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