Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9543 del 25/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/05/2020, (ud. 18/09/2019, dep. 25/05/2020), n.9543

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3339-2019 proposto da:

D.N.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RENO n.

22, presso lo studio dell’avvocato GIULIO DI GIOIA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MILENA MONICA DE

NICOLA;

– ricorrente –

contro

MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 2513/2018 E.R. della CORTE D’APPELLO di

PERUGIA, depositato il 06/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA

FALASCHI.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte di appello di Perugia, con decreto n. 3246/2018, accogliendo il ricorso proposto da D.N.P., L. n. 89 del 2001, ex art. 3, condannava il Ministero della giustizia al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 792,00 a titolo di indennizzo per la violazione del termine di durata ragionevole del procedimento e per l’effetto liquidava le spese processuali in complessivi Euro 210,00.

Avverso il decreto della Corte di appello di Perugia il D.N. propongo ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo.

Il Ministero della giustizia ha depositato un mero atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Diritto

ATTESO

che:

– con l’unico motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 2233 c.c., comma 2, e con le norme del D.M. n. 55 del 2014. A detta della ricorrente, l’importo delle spese di lite liquidato dalla Corte di appello di Perugia sarebbe al di sotto dei valori minimi individuati dal D.M. n. 55 del 2014, e dalle relative Tabelle poichè, pur applicando i parametri minimi ridotti del 50% per ogni singola voce da riconoscere (fase di studio, fase introduttiva, fase istruttoria e fase decisionale), il totale minimo da liquidare avrebbe dovuto essere corrispondente all’importo di Euro 286,00 (anzichè di Euro 210,00).

La censura è fondata.

L’importo complessivo dei compensi professionali, relativi al giudizio definito con l’impugnato decreto, come liquidato dalla Corte di Perugia risulta certamente inferiore al totale del minimo tabellare, avuto riguardo ai parametri tariffari contemplati dal D.M. n. 55 del 2014. Infatti, pur applicando la massima riduzione ai singoli importi spettanti per ciascuna voce, ai sensi del citato D.M., art. 4, comma 1, si perviene al riconoscimento della somma totale di Euro 286,00, così computata: Euro 67,50 per la fase di studio della controversia (a fronte di Euro 135,00 come importo medio ordinario); Euro 67,50 per la fase introduttiva del giudizio (a fronte di Euro 135,00 quale importo medio ordinario); Euro 51,00 per la fase istruttoria (e non Euro 119,00, come richiesto dal ricorrente, computando l’importo liquidato quale risultante per effetto della riduzione del 70% – applicabile per tale voce rispetto alla somma ordinaria prevista in tabella di Euro 170,00); Euro 100,00 per la fase decisionale (a fronte di Euro 200,00 quale importo medio ordinario). Pur corrispondendo gli importi minimi liquidabili con riferimento alle voci relative allo studio della controversia, alla fase introduttiva e a quella decisionale a quelli richiesti dal ricorrente, la somma imputabile al minimo per la fase istruttoria è stata invocata in misura eccedente rispetto a quella prevista per tabella.

Peraltro, è stato anche chiarito come, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014, (che detta i criteri da applicare nel regolare le spese di causa, mentre il D.M. n. 140 del 2012, regola la materia dei compensi tra professionista e cliente: Cass. 17 gennaio 2018 n. 1018), non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale; pertanto, il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell’art. 2233 c.c., comma 2, il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione.

La liquidazione disposta dalla Corte di appello Perugia in complessivi 210,00 curo, invece, è stata operata senza dare alcuna adeguata motivazione, una determinazione globale dei compensi, in misura inferiore a quelli minimi di cui alla tabella 12 allegata al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, (Cass. 15 dicembre 2017 n. 30286; Cass. 31 gennaio 2017 n. 2386; Cass. 16 settembre 2015 n. 18167).

In definitiva, il ricorso deve essere accolto e il provvedimento impugnato cassato in relazione alla determinazione delle spese processuali, con rinvio alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, che provvederà nuovamente sul punto alla luce dei principi sopra illustrati, oltre a regolare le spese relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso;

cassa la decisione impugnata in relazione alla determinazione delle spese processuali e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-2 Sezione Civile, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2020

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