Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9540 del 29/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 29/04/2011, (ud. 16/02/2011, dep. 29/04/2011), n.9540

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25696-2007 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

GIELLE SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 110/2006 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

BRESCIA, depositata il 23/08/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/02/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO DIDOMENICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO FEDERICO, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia dep. il 23/08/2006 che aveva confermato la sentenza della CTP di Milano che aveva accolto il ricorso della Gielle s.r.l. in liquidazione avverso la cartella di pagamento per sanzioni Iva per gli anni 1991, 1992 e 1993. La CTR assumeva che, non essendo più previsto, a norma del D.Lgs. n. 193 del 2001, alcun obbligo di pagamento preventivo, e cioè a prescindere dalla iscrizione a ruolo, di pagamento dell’imposta, per il principio del favor rei, la sanzione di cui al D.L. n. 471 del 1997, art. 13 non era più applicabile.

Si duole la ricorrente di violazione di legge in quanto la norma sanzionatoria era immutata, non influendo le modalità di recupero.

La contribuente non resiste. La causa veniva rimessa alla decisione in pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Coll’unico motivo di ricorso l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs novembre 1997, n. 47111, art. 13 e del D.Lgs n. 427 del 1997, art. 3 e, premesso che la norma sanzionatoria è costituita dall’art. 13 predetto, le innovazioni apportate dal D.Lgs. n. 193 del 2001 (che imponevano la necessità di iscrizione a ruolo) non incidevano sulla punibilità del fatto.

Il motivo è fondato.

Il D.Lgs n. 471 del 1997, art. 13 prevede” (Ritardati omessi versamenti diretti).

1. Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorchè non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. Per i versamenti riguardanti i crediti assistiti integralmente da forme di garanzia reale o personale previste dalla legge o riconosciute dall’amministrazione finanziaria, effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione di cui al primo periodo, oltre a quanto previsto dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 13, comma 1, lett. a), è ulteriormente ridotta ad un importo pari ad un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo. Identica sanzione si applica nei casi di liquidazione della maggior imposta ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 36 bis e 36 ter, e ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 bis.

2. Fuori dei casi di tributi iscritti a ruolo, la sanzione prevista al comma 1 si applica altresì in ogni ipotesi di mancato pagamento di un tributo o di una sua frazione nel termine previsto.

3. Le sanzioni previste nel presente articolo non si applicano quando i versamenti sono stati tempestivamente eseguiti ad ufficio o concessionario diverso da quello competente.

Il D.Lgs n. 472 del 1997, art. 3 così sancisce: (Principio di legalità).

1. Nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione della violazione.

2. Salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato.

3. Se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole,; salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo.

Il D.Lgs n. 193 del 2001, art. 2, lett. c ebbe ad abrogare il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, commi da 2 a 5, così modificando il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 37.

L’art. 60 predetto, nella parte che interessa, così prevedeva:

L’imposta o la maggiore imposta accertata dall’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto deve essere pagata dal contribuente entro sessanta giorni dalla notificazione dell’avviso di accertamento o di rettifica.

Se il contribuente propone ricorso contro l’accertamento,il pagamento dell’imposta o della maggiore imposta deve essere eseguito:

1) per un terzo dell’ammontare accertato dall’ufficio,nel termine stabilito nel comma 1;

2) fino alla concorrenza della metà dell’ammontare accertato dalla commissione tributaria di primo grado,entro sessanta giorni dalla notificazione,a norma dell’art. 56, comma 1, della liquidazione fatta dall’ufficio;

3) fino alla concorrenza di due terzi dell’ammontare accertato dalla commissione tributaria di secondo grado,entro sessanta giorni dalla notificazione della liquidazione fatta dall’ufficio;

4) per l’intero ammontare che risulta ancora dovuto in base alla decisione della commissione centrale o alla sentenza della corte d’appello, entro sessanta giorni dalla notificazione della liquidazione fatta dall’ufficio.

La norma incriminatrice dell’omesso è ritardato pagamento è sempre vigente nel nostro ordinamento.

La circostanza che nel tempo(nel caso in esame a decorrere dal 9 giugno 2001) siano diversamente regolate le condizioni perchè si possa ritenere il predetto ritardo, in quanto a decorrere dalla data predetta era necessaria la iscrizione a ruolo, laddove in precedenza era ammessa la riscossione in pendenza del giudizio, non elimina la punibilità del ritardo verificatosi sotto la precedente normativa.

Non v’è una normativa successiva diversa sotto il piano sanzionatorio, bensì diversa normativa (in senso lato, amministrativa) regolante l’obbligo di pagamento, per cui non può ritenersi subentrata una normativa sanzionatoria più favorevole nè, tanto meno, una ipotesi di abolitio criminis.

In senso conforme è poi l’orientamento espresso da questa Corte in casi analoghi.

Cass. n. 25053/2006 ha ritenuto che “l’abrogazione delle norme istitutive dell’imposta locale sui redditi, e la sostituzione di questa con altre imposte, non ha fatto venir meno l’obbligo del contribuente di provvedere al pagamento dell’ILOR per gli anni in cui quella normativa è stata in vigore, nè l’obbligo di presentare in relazione a quei periodi d’imposta dichiarazioni veritiere. Da ciò consegue che l’illecito costituito dalla infedele dichiarazione per tali anni non è stato abrogato, continuando ad applicarsi ad esso le relative sanzioni. Di “abolitio criminis” in relazione agli illeciti connessi all’accertamento ed alla riscossione di un’imposta, infatti, può correttamente parlarsi soltanto quando questa venga radicalmente meno, di guisa che essa non possa essere più pretesa e riscossa neppure in riferimento alle annualità pregresse (come a seguito della dichiarazione di incostituzionalità dell’obbligazione ILOR per i lavoratori autonomi); quando, invece, la legge istitutiva di un’imposta venga abrogata a far tempo da una data stabilita dal legislatore, ma l’imposta continui ad essere dovuta per i fatti verificatisi anteriormente, in relazione ad essi l’obbligo di corrispondere l’imposta rimane in vigore, sicchè non sono abrogate le norme sanzionatorie che tale obbligazione tributaria assistono”.

Cass. n. 14390/2010 ha ritenuto che “in tema di imposta di registro, l’espressa abrogazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 70 da parte del D.Lgs. n. 473 del 1997, art. 1 non esclude l’applicabilità della sanzione prevista dalla norma abrogata per il ritardo nel versamento dell’imposta, non essendo configurabile una “abolitio criminis”, avuto riguardo alla continuità normativa con la più ampia fattispecie sanzionatoria, riguardante l’omesso o il ritardato versamento di qualsivoglia tipologia di tributo, prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 e non trovando applicazione il principio del “favor rei”, in quanto la previdente soprattassa del venti per cento è stata sostituita dalla sanzione del trenta per cento.” Il ricorso deve essere, pertanto, accolto e la causa, non abbisognando di ulteriore attività istruttoria può essere decisa nel merito col rigetto del ricorso introduttivo. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo e condanna la contribuente alle spese che liquida in Euro 2.500,00 per il presente giudizio Euro 1.000,00 per ciascun grado di merito di cui 600/00 per onorari oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 16 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2011

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