Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9535 del 22/04/2010

Cassazione civile sez. III, 22/04/2010, (ud. 15/03/2010, dep. 22/04/2010), n.9535

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 41/2006 proposto da:

ATER AZIENDA TERRITORIALE EDIL RESIDENZIALE (OMISSIS), in persona

del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale

rappresentante Sig. R.D., B.E., BA.

M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FLAMINIA 318,

presso lo studio dell’avvocato CORAPI DIEGO, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato RULLI BONACA GIACOMO CLAUDIO giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

P.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA G. MONTANELLI 11, presso lo studio dell’avvocato AMENTA

PIERO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PACILIO

MAURO giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

A.M., F.S., TORO ASSICURAZIONI S. P. A.;

– intimati –

sul ricorso 3798/2006 proposto da:

A.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA GERMANICO 168, presso lo studio dell’avvocato D’AMMANDO FRANCO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato D’AMMANDO

MAURIZIO giusta delega in calce al controricorso e ricorso

incidentale;

– ricorrente –

contro

ATER AZIENDA TERRITORIALE EDIL RESIDENZIALE TERNI (OMISSIS),

F.S., P.E., TORO ASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimati –

sul ricorso 4949/2006 proposto da:

TORO ASSICURAZIONI S.P.A. (OMISSIS), in persona

dell’Amministratore Delegato e Legale Rappresentante pro tempore

Dott: S.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FLAMINIA 388, presso lo studio dell’avvocato BEVIVINO GIUSEPPINA,

rappresentata e difesa dall’avvocato ZAGANELLI STELIO giusta delega

allegata al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

ATER AZD TERRITORIALE EDIL RESIDENZIALE, B.E., BA.

M., F.S., A.M., P.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 311/2005 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

emessa il 09/06/2005, depositata il 05/08/2005 R.G.N. 465/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/03/2010 dal Consigliere Dott. MASSERA Maurizio;

udito l’Avvocato CORAPI DIEGO;

udito l’Avvocato RULLI BONACA GIACOMO CLAUDIO;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FEDELI Massimo

che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo e il rigetto

degli altri; assorbe incidentale “TORO” e incidentale ” A.”.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 3 aprile – 12 maggio 2003 il Tribunale di Terni dichiarava F.S. (esecutore dei lavori riguardanti la canna fumaria) responsabile della morte di P.F. avvenuta a seguito di avvelenamento dall’ossido di carbonio prodotto dalla combustione della caldaia a gas situata nell’appartamento in cui abitava e non smaltito per il mancato tiraggio della canna fumaria;

attribuiva il concorso di colpa nella misura del 40% ad P. E. e A.M., genitori separati del minore deceduto;

determinava in Euro 90.000,00 il danno subito da ciascuno dei genitori; condannava il F. al pagamento del 60% di tali somme, oltre al danno da ritardo; rigettava le domande proposte nei confronti dell’A.T.E.R. (già Istituto Autonomo Case Popolari, proprietario dell’appartamento), di B.E., e Ba.

M. (dipendenti dello IACP), di P.R. (proprietario dell’appartamento soprastante), nonchè della Toro Assicurazioni, che lo IACP aveva chiamato in garanzia.

Con sentenza in data 9 giugno – 5 agosto 2005 la Corte d’Appello di Perugia dichiarava il F., in ragione di due terzi, e il Ba., il B. e l’ATER, in ragione di un terzo, responsabili dell’evento e condannava il F. e l’ATER a pagare in solido all’ A. e al P. le intere somme liquidate dal Tribunale.

La Corte territoriale osservava per quanto interessa: il P. e la A. non avrebbero potuto fare nulla per evitare l’evento; la responsabilità del F. era stata accertata in sede penale;

l’ATER aveva assunto la qualità di committente dei lavori di rifacimento dell’impianto di riscaldamento dell’edificio e la direzione dei lavori era stata demandata al suo ufficio tecnico; i tecnici incaricati non avevano eseguito i necessari controlli e verifiche sull’allestimento dell’impianto prima dell’allocazione delle tubature; l’ATER aveva implicitamente rinunciato alla domanda nei confronti della Toro.

Avverso la suddetta sentenza l’ATER, il B. e il Ba. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.

La A. ha proposto ricorso incidentale subordinato e anche la Toro ha proposto ricorso incidentale condizionato.

Il P. ha resistito con controricorso.

I ricorrenti principali hanno presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente i tre ricorsi vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato; nullità della sentenza per vizio di ultrapetizione; violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c..

La censura è fondata. La sentenza di primo grado, che aveva ritenuto il F. responsabile dell’evento nella misura del 60% e la A. e il P. corresponsabili nella misura del 40%, è stata gravata dalla A. per ottenerne la riforma sull’assunto che l’evento sì era verificato per fatto e colpa del F. e dei dipendenti dell’ATER con richiesta. Quindi, di condanna di tutti costoro in solido al risarcimento integrale del danno subito.

Il P. ha proposto appello incidentale limitandosi a chiedere dichiararsi “l’esclusiva colpa del F. nella causazione del sinistro”.

Premesso che nella specie si verte in tema di cause scindibili, è agevole rilevare che, a differenza della A., in sede di appello il P. ha rivolto la propria domanda solo ed esclusivamente nei confronti del F., di cui ha chiesto affermarsi la totale responsabilità e non anche contro l’ATER e i suoi dipendenti B. e Ba..

Pertanto, in accoglimento del primo motivo, la sentenza impugnata va cassata nella parte in cui ha condannato l’Ater al risarcimento del danno anche in favore del P..

Con il secondo motivo i ricorrenti principali lamentano violazione dell’art. 2947 c.c., comma 3; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia con riferimento al rigetto dell’eccezione di prescrizione e alla ritenuta applicabilità alla specie dell’art. 2947 c.c., comma 3.

La censura è manifestamente infondata. La sentenza impugnata ha rigettato l’eccezione sulla base di due rationes decidendi: a) essendo intervenuta sentenza penale irrevocabile, la specie è regolata dall’art. 2947 c.c., comma 3; b) anche a voler ritenere non applicabile il termine prescrizionale di cui al comma 1 della norma citata alla posizione dell’Ater, rimarrebbe la considerazione che il fatto è considerato alla legge come reato.

Anche recentemente questa stessa Sezione (Cass. Sez. 3, n. 24531 del 2009 e n. 20347 del 2008) ha stabilito che l’art. 2947 c.c., quando fa coincidere il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno con il termine prescrizionale stabilito dalla legge penale, si riferisce, senza alcuna discriminazione, a tutti i possibili soggetti della pretesa risarcitoria e sì applica, quindi, non solo all’azione civile esperibile contro la persona penalmente imputabile, ma anche all’azione civile contro coloro che sono tenuti al risarcimento a titolo di responsabilità indiretta o secondaria (era stato incriminato anche D.A., direttore dei lavori per conto dello IACP), ancorchè siano rimasti estranei al processo penale a carico di colui al quale il reato è stato attribuito. La sentenza impugnata ha riconosciuto che il fatto all’origine della controversia è considerato dalla legge come reato.

Correttamente, dunque, la Corte territoriale ha ritenuto applicabile la norma in discussione.

Con il terzo motivo i ricorrenti principali denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. e dei principi in materia di responsabilità extracontrattuale; violazione e falsa applicazione delle norme in materia di direzione dei lavori di cui al R.D. 25 maggio 1985, n. 350, artt. 1 e 4; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

I ricorrenti assumono che la sentenza impugnata ha erroneamente o non adeguatamente ricostruito l’esatta natura dei compiti cui erano preposti i dipendenti IACP Ba. e B.. A tal fine viene fatto esplicito riferimento agli “specifici accertamenti istruttori” eseguiti in primo grado.

La sintesi che precede rivela che le argomentazioni poste a sostegno della censura implicano esame delle risultanze processuali e apprezzamenti di fatto, cioè attività di competenza esclusiva del giudice di merito.

La Corte territoriale ha fatto leva sulle seguenti circostanze:

l’IACP aveva assunto la veste di committente dei lavori di rifacimento dell’impianto di riscaldamento dell’edificio; la direzione dei lavori era stata affidata al suo ufficio tecnico; ciò implicava l’attività di supervisione dei lavori e di verifica quotidiana della loro esatta esecuzione; tale compito non era stato assolto dal Ba. e dal B., a ciò delegati dal D. (per questo assolto in sede penale); l’attività di sorveglianza imponeva loro non la presenza costante, ma una vigilanza tale da consentire l’effettiva esecuzione e regola d’arte dei lavori; sarebbe stato necessario controllare l’allocazione delle tubature dell’impianto prima che esse venissero sottratte alla vista da opere di muratura; non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo; la direzione dei lavori ha il dovere di garantire la verificazione di eventi contra jus; l’intervenuta occlusione della canna muraria non era avvenuta per un fatto eccezionale, ma bensì come conseguenza di una condotta gravemente colposa (la canna fumaria era risultata ostruita da detriti, mattoni e calce indurita); tra le mansioni affidate ai vigilanti e l’evento sussisteva almeno un nesso di occasionalità necessaria.

Le argomentazioni tratte pressochè testualmente dalla sentenza impugnata dimostrano che essa si è attenuta ai principi giuridici e alle norme che regolano la materia e che ha offerto adeguata e razionale spiegazione delle proprie statuizioni.

Non sussiste, dunque, il vizio di violazione di legge e non è ravvisabile neppure alcun vizio di motivazione nei contenuti limiti in cui esso è sindacabile in questa sede.

Con il quarto motivo i ricorrenti principali denunciano violazione degli artt. 2043 e 2056 c.c., e art. 1227 c.c., comma 1; omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.

La statuizione criticata è l’esclusione di qualsiasi responsabilità concorsuale a carico della A. e del P.. La censura si basa sulle dichiarazioni rese soprattutto dal P. ma anche dalla A. nel giudizio di primo grado per inferirne che essi non avevano controllato la caldaia.

La sentenza impugnata ha diffusamente trattato la questione e dato atto che la A. e il P. avevano omesso di far controllare la caldaia. Ma ha poi ritenuto (spiegandone congruamente le ragioni) che l’evento non fosse in alcun modo riconducibile alla caldaia, ma dipeso esclusivamente dall’anomalia del tracciato delle tubazioni dell’impianto di riscaldamento, anomalia di cui essi non avevano (e non potevano avere) cognizione. Anche in proposito risultano determinanti esame delle risultanze e apprezzamenti di fatto non consentiti al giudice di legittimità, per cui la censura non merita accoglimento.

Con il quinto motivo i ricorrenti principali lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 346 c.p.c. e conseguente nullità della sentenza per vizio di omessa pronuncia.

La censura riguarda il capo della sentenza che ha ritenuto rinunciata la domanda di garanzia proposta nei confronti della Toro Assicurazioni. Essa è infondata sostanzialmente per le stesse ragioni che hanno consentito l’accoglimento del primo motivo.

La sentenza impugnata ha esaminato la questione affermando che, anche a non voler ritenere necessaria la riproposizione della domanda di garanzia mediante appello incidentale, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia di cui all’art. 346 c.p.c. ed evitare la formazione del giudicato implicito, l’ATER avrebbe dovuto riproporre l’azione di regresso nei confronti della Toro nella comparsa di risposta o anche successivamente, in forma libera ma chiara e precisa, mentre invece si era limitata a chiedere la conferma integrale della sentenza in ogni sua parte.

Occorre condividere l’orientamento già espresso da questa sezione (Cass. n. 5249 del 2006) secondo cui, qualora l’appellato miri all’accoglimento della propria domanda nei confronti del chiamato in garanzia, per l’ipotesi in cui venga accolta la domanda principale proposta nei suoi confronti dall’attore rimasto soccombente in primo grado, non è sufficiente la riproposizione, ex art. 346 c.p.c., della domanda non esaminata o respinta dal primo giudice, ma deve essere proposto appello incidentale condizionato, poichè la richiesta dell’appellato non mira alla conferma della sentenza per ragioni diverse da quelle poste a fondamento della decisione, ma tende alla riforma della pronuncia concernente un rapporto diverso, non dedotto in giudizio con l’appello principale.

Il rigetto dei motivi di ricorso rivolti contro la A. e la Toro comporta l’assorbimento dei loro ricorsi incidentali condizionati.

In relazione al motivo accolto, la Corte osserva che non occorrono ulteriori accertamenti di fatto, per cui la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2: pertanto viene annullato il capo della sentenza che ha condannato l’Ater a risarcire il danno al P..

I ricorrenti principali vanno condannati a rimborsare ai ricorrenti incidentali le spese del giudizio di cassazione. Sussistono giusti motivi (l’errore è del giudice) per compensare le spese dei giudizi d’appello e di cassazione tra i ricorrenti principali e il P..

PQM

Riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo del ricorso principale e rigetta gli altri con assorbimento dei ricorsi incidentali condizionati. Cassa in relazione al motivo accolto e, pronunciando nel merito, annulla la condanna dell’ATER in favore del P..

Condanna i ricorrenti principali al pagamento in solido delle spese del giudizio di cassazione, liquidate, a favore della A., in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge e, a favore della Toro, in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge. Dichiara interamente compensate le spese dei giudizi di appello e di cassazione tra i ricorrenti principali e il P..

Così deciso in Roma, il 15 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2010

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