Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9531 del 12/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 12/04/2017, (ud. 16/02/2017, dep.12/04/2017),  n. 9531

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8042-2016 proposto da:

C.S. e C.V., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

TUSCOLANA 1178, presso lo studio dell’avvocato NELIDE CACI,

rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONIO FERRARO;

– ricorrenti –

contro

COMUNE CANICATTI, (P.I. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

LOREDANA VACCARO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1402/2015 del TRIBUNALE di AGRIGENTO,

depositata il 27/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/02/2017 dal Consigliere Dott. VINCENTI ENZO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso affidato a tre motivi, C.V. e C.S. hanno impugnato la sentenza del Tribunale di Agrigento, in data 27 ottobre 2015, che, in riforma della decisione del Giudice di pace di Canicattì e in accoglimento dell’appello incidentale proposto dal Comune di Canicattì, rigettava la domanda risarcitoria da loro avanzata contro detto Comune per i danni patiti a seguito del sinistro stradale verificatosi il (OMISSIS), allorquando C.S. (all’epoca minore), alla guida del motociclo di proprietà del padre V., si era imbattuto in una buca presente sul manto stradale, colma di acqua piovana, e perdendo l’equilibrio rovinava al suolo;

che il giudice di appello osservava che, alla luce dell’art. 2051 c.c. e sulla scorta delle risultanze istruttorie (deposizione del teste oculare G. e consulenze tecniche in atti), “andava affermata la derivazione causale del sinistro alla presenza della buca”, ma questa non presentava i caratteri dell’insidia, essendo visibile ed evitabile (essendo ampia mt. 1,33 e collocata su una carreggiata larga mt. 8, al centro della stessa verso sinistra), e sussistevano gli estremi del caso fortuito, quale esonero totale della responsabilità del Comune, per la condotta imprudente tenuta dal danneggiato, che viaggiava a velocità non moderata e senza tenere la propria mano;

che resiste con controricorso il Comune di Canicattì;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., è stata comunicata alle parti costituite, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale la ricorrente ha depositato memoria;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

a) con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. e dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, non avendo il giudice di appello esaminato, ai fini di riconoscere l’insidia, quanto risultante dalla c.t.u. tecnica in atti, ossia che la strada era priva di segnaletica orizzontale e che si trovava in cattivo stato di manutenzione;

b) con il secondo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., “erronea interpretazione delle risultanze istruttorie” e dedotto omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, non avendo il Tribunale considerato le circostanze della mancanza di segnaletica stradale e di cattiva manutenzione della strada e assunto erroneamente che la posizione del danneggiato non fosse sulla propria destra e che la buca fosse visibile;

c) con il terzo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. e dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, non avendo il giudice di appello tenuto conto che il danneggiato aveva comunque provato l’esistenza del nesso di causalità tra il danno e la res e l’oggettività pericolosità della cosa, spettando quindi al Comune la prova sul caso fortuito;

che le censure proposte con motivi di ricorso (e soltanto ribadite con la successiva memoria) – da scrutinarsi congiuntamente – sono in parte manifestamente infondate e in parte inammissibili;

che sono manifestamente infondate là dove postulano una violazione dell’art. 2051 c.c., giacchè la decisione del Tribunale è armonica rispetto al principio, consolidato (tra le altre, Cass. n. 12895/2016), per cui, ai sensi della predetta norma, allorchè venga accertato, anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa oggetto di custodia, che la situazione di possibile pericolo, comunque ingeneratasi, sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, deve escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento, e ritenersi, per contro, integrato il caso fortuito;

che sono, poi, inammissibili là dove, per un verso, non censurano appieno la ratio decidendi della sentenza impugnata, che, nella sua essenza (innanzi evidenziata), ritenendo ampiamente dimostrato il nesso causale tra l’evento lesivo e la cosa in custodia, si incentra esclusivamente sulla raggiunta prova del caso fortuito, costituita dalla condotta del danneggiato, quale causa di esonero della responsabilità del custode della strada (nella specie, il Comune di Canicattì) ai sensi dell’art. 2051 c.c.; mentre, per altro verso, veicolano doglianze che attengono all’accertamento di fatto, rimesso esclusivamente al giudice del merito, senza evidenziare, proprio in riferimento alla prova del caso fortuito (e, dunque, avuto riguardo non tanto alle condizioni della res, su cui il ricorso generalmente insiste, ma piuttosto al comportamento tenuto dal conducente del motociclo), un omesso esame di fatti storici, bensì denunciando una carente o erronea valutazione probatoria, che, come tale, non è più riconducibile al paradigma del vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

che, pertanto, il ricorso va rigettato e i ricorrenti condannati, in solido tra loro, al pagamento, in favore del Comune controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo in conformità ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014.

PQM

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento, in favore del Comune controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.800,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1 – bis.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 6 – 3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 16 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2017

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