Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9530 del 29/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 29/04/2011, (ud. 09/02/2011, dep. 29/04/2011), n.9530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12777-2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

F.LLI BAROSCO SDF;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4/2005 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 25/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA VINCENZO, che ha concluso per la nullità della sentenza

impugnata, rimessione atti al 1^ Giudice.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

L’11.4.2006 è stato notificato alla “Fratelli Barosco s.d.f. un ricorso del Ministero delle Finanze e dell’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata il 25.2.2005), che ha respinto l’appello dell’Agenzia contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Venezia n. 72/08/2001, che aveva integralmente accolto il ricorso della parte contribuente avverso cartella di pagamento.

Non ha svolto attività difensiva la parte contribuente.

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 9.2.2011, in cui il PG ha concluso per la rimessione degli atti al giudice di primo grado.

2. I fatti di causa.

Con la menzionata cartella di pagamento l’Amministrazione aveva agito – a seguito di iscrizione a ruolo – per ottenere l’adempimento dell’ILOR dovuta dalla contribuente società a seguito di accertamento di maggior reddito d’impresa relativo all’anno 1984 (in relazione ad attività di costruzione e vendita di fabbricati), accertamento definito con sentenza n. 48/34/98 della CTR di Venezia passata in giudicato. La CTP di Venezia aveva accolto il ricorso della parte contribuente avverso l’anzidetta cartella di pagamento sulla base dell’assunto che l’iscrizione a ruolo dell’imposta dovuta fosse avvenuta fuori termine e l’appello dell’Amministrazione era stato poi respinto dal l’adita CTR. 3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che – da una parte – l’iscrizione a ruolo a ruolo della somma oggetto della cartella rappresenta un autonomo atto di riscossione, soggetto ad autonoma impugnazione, indipendente da pregresse e diverse iscrizioni, sicchè essa deve rispettare i termini e le modalità disposte per ciascun atto di riscossione (con conseguente nullità di quello qui in considerazione e della conseguente cartella, perchè emesso oltre il termine di legge) e nel senso che – dall’altra parte – la notifica della cartella esattoriale deve considerarsi nulla per non essere le relate sottoscritte dal notificatore.

4. Il ricorso per cassazione.

Il ricorso per cassazione è sostenuto con tre distinti motivi d’impugnazione e si conclude – previa indicazione del valore della lite nella somma di Euro 50.000 circa – con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni consequenziale pronuncia anche in ordine alle spese di lite.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Questione preliminare.

Preliminarmente necessita rilevare l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero delle Finanze.

Quest’ultimo non è stato parte del processo di appello (instaurato dopo il 1 gennaio 2001 – data di inizio dell’operatività delle Agenzie fiscali – dal solo Ufficio locale dell’Agenzia) sicchè non ha alcun titolo che lo legittimi a partecipare al presente grado.

Sussistono giusti motivi, in considerazione del fatto che la giurisprudenza di questa Corte in tal senso si è formata in epoca successiva alla proposizione del ricorso, per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

6. Il primo motivo d’impugnazione.

Il primo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 61 e 36. Nullità della sentenza per mancanza assoluta di motivazione. Omessa o carente motivazione su punti decisivi della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5)”.

Si tratta di motivo di impugnazione che – per quanto detto in rubrica – si articola in tre distinti profili.

Il primo ed il secondo profilo possono essere unitariamente esaminati perchè relativi al medesimo nucleo logico, e cioè il difetto assoluto di motivazione, sorretto dal rilievo secondo cui la sentenza di appello non specifica “i presupposti di legge in base ai quali troverebbe fondatezza” e non contiene “neppure una succinta indicazione dei motivi di fatto e di diritto sufficienti a giustificare sotto il profilo logico e giuridico la decisione stessa”.

Senonchè, nella parte narrativa di questa sentenza sono state riassunte le due (succintamente espresse) ratio decidendi sulle quali la pronuncia impugnata si fonda, le quali ultime sono più che sufficiente espressione delle ragioni che hanno indotto il giudicante alla reiezione dell’appello, nè osta alla compiutezza della motivazione il fatto che non sia stato indicato alcun sostegno normativo, competendo semmai alla parte qui ricorrente identificare la disposizione di legge in violazione della quale la ratio decidendi della pronuncia impugnata sarebbe stata enucleata.

Il secondo profilo del motivo di impugnazione, afferente il vizio di motivazione, è argomentato nel senso che dalla parte motiva della decisione non sarebbe dato di comprendere “quale è la normativa di legge su cui si fonda il dispositivo ovvero la norma che prevede la sottoscrizione della cartella da parte del notificatore”. A parte l’anzidetta critica, la ricorrente Agenzia non identifica alcun fatto controverso nei gradi di merito (e neppure ne prospetta la decisività) sul quale sarebbe mancato il supporto argomentativo del giudicante.

Il profilo di censura così riassunto risulta inammissibile per la sua inidoneità, alla luce del costante ed uniforme insegnamento di questa Corte: “E’ inammissibile il motivo del ricorso per cassazione con il quale la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, anche nel senso di applicazione di una norma a preferenza di un’altra, venga denunziata come vizio di omessa, insufficiente e contraddirlo ria motivazione” (per tutte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5271 del 12/04/2002). Il vizio di motivazione è infatti necessariamente riferito ai “fatti” considerati dalla decisione impugnata e non può estendersi alle ragioni giuridiche che la sorreggono, rispetto alle quali il percorso vincolato di critica normativamente dato impone che si utilizzi lo strumento della censura per violazione o falsa applicazione della legge (art. 360, comma 1, n. 3).

7. Il secondo motivo di impugnazione.

II secondo motivo di impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60 con riferimento agli artt. 156 e 160 c.p.c., nonchè al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26 (art. 360 c.p.c., n. 3)”.

La parte ricorrente lamenta che il giudice di merito abbia annullato l’atto impugnato facendo riferimento ad una fantomatica nullità della notifica della cartella (per omessa sottoscrizione della relata) ed evidenzia che la sanzione della nullità non può essere ricavata ma deve essere comminata dalla legge. Nella specie l’art. 160 prevede la nullità della notifica solo in due espressi casi (violazione delle disposizioni relative al consegnatario o incertezza assoluta sulla persona alla quale è fatta la notifica o sulla data della stessa), fatto salvo comunque l’effetto sanante previsto dall’art. 156 c.p.c.. Il menzionato art. 26, poi, non prevede che si rediga un’apposita relata di notifica.

La censura è fondata e da accogliersi, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui: “In caso di nullità (provocata da qualunque vizio) della notifica degli avvisi di accertamento (nella specie, in tema di lei), trovano applicazione, in virtù del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, le norme sulle notificazioni nel processo civile ed il relativo regime delle nullità e delle sanatorie, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare, con effetto “ex tunc”, la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, art. 156 c.p.c. (Cassazione civile, sez. trib., 02 luglio 2009, n. 15554).

Poichè nella specie è pacifico che il contribuente ha tempestivamente impugnato il provvedimento impositivo, l’asserito difetto di forma della notifica non ha provocato pregiudizio alcuno e resta perciò sanato ed irrilevante.

7. Il terzo motivo d’impugnazione.

Il terzo motivo d’impugnazione, è collocato sotto la seguente rubrica:”Violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17. Omessa o carente motivazione su punti decisivi della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)” e, riferendosi esso ad una ratio autonoma della pronuncia qui impugnata, deve essere esaminato nonostante l’accoglimento di quello che precede.

La parte ricorrente lamenta che il giudice del merito abbia ritenuto violati i termini voluti dal legislatore e ribadisce la tempestività dell’iscrizione a ruolo “effettuata in data 19.10.1999 rispetto alla data – 30 luglio 1988 – del passaggio in giudicato della sentenza nr.

48/34/98, notificata dall’ufficio (con raccomandata) il 29 maggio 1998”.

Il motivo di impugnazione è fondato e va accolto.

Ed invero, così come argomentata dal giudice di appello, la pronuncia adottata è rimasta indifferente all’accertamento – su cui il giudice medesimo ha glissato – del fatto che la seconda iscrizione e ruolo fosse o meno effettivamente giustificata da “discarico” di quella precedente, e cioè per la correzione di un errore materiale sul computo della somma effettivamente iscritta a ruolo.

Se però la nuova iscrizione fosse stata effettivamente in correlazione con una precedente e giustificata dalla necessità di apportarvi le opportune correzioni, è manifesto che la denunciata tardività non possa essersi realizzata, giacchè la decadenza stabilita dalla legge (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17) sarebbe stata già evitata e impedita nel suo verificarsi per il fatto della pregressa tempestiva iscrizione a ruolo, di cui la seconda altro non sarebbe che una semplice correzione e perfezione, siccome avviene ogni volta che la Pubblica Amministrazione opera in autotutela per la correzione di erronei provvedimenti da essa Amministrazione adottati.

D’altronde, non è inutile evidenziare che la disciplina dell’art. 17 anzicitato non è stata del tutto appropriatamente applicata nella specie di causa in cui non si verteva (come è nell’ambito di potenziale operatività della norma suddetta, che per sua natura è di genere “eccezionale” e quindi non può applicarsi al di fuori dei casi espressamente previsti: sul punto Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15152 de 30/06/2006) in materia riscossione di imposte derivanti da liquidazione in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti, ovvero da liquidazione in base agli accertamenti degli uffici, bensì invece in tema di riscossione a seguito di provvedimento giudiziale.

Invero, nella materia tributaria, non di meno che nelle altre, non può prescindersi dalla regola codicistica secondo cui per i diritti giudizialmente accertati l’azione esecutiva che vi inerisce (cd.

“actio iudicati”) è soggetta al termine di prescrizione ordinaria, anche se rispetto a detti diritti la legge prevede un termine prescrizionale inferiore. Per una applicazione in termini di tributi doganali si veda Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6077 del 12/03/2010; in materia di sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie si veda invece Cass. Sez. U, Sentenza n. 25790 del 10/12/2009.

Non resta che cassare la pronuncia qui impugnata, e rimettere la causa al giudice di appello, in diversa composizione, affinchè rinnovi l’accertamento in ordine la merito della controversia ed in specie sul punto della contestata tempestività del termine di iscrizione a ruolo, alla luce del materiale istruttorio prodotto dalle parti. Il medesimo giudice provvederà anche sulle spese di causa relative a questo grado.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Ministero delle Finanze e compensa le spese ad esso relative. Accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR di Venezia che provvederà anche sulle spese di questo grado.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2011

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