Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9524 del 04/04/2019

Cassazione civile sez. I, 04/04/2019, (ud. 27/11/2018, dep. 04/04/2019), n.9524

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16597/2014 proposto da:

San Carlo S.p.a., in liquidazione, già Finanziaria San Carlo S.p.a.,

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente e

domiciliata in Roma, Via Donatello n. 23, presso lo studio

dell’avvocato Villa Piergiorgio, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Siracusano Filippo Marcello, giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

e contro

Unicredit S.p.a., che ha incorporato il Banco di Sicilia S.p.a., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Viale delle Milizie n. 9, presso lo studio

dell’avvocato D’Acunti Stefano, che la rappresenta e difende, giusta

procura speciale per Notaio avv. Z.D. di Roma – Rep. n.

6295 del 5.11.2018;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1912/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 18/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/11/2018 dal Cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 22 settembre 1995, la Rodriquez Finleasing s.p.a. (successivamente Finanziaria San Carlo s.p.a., ora San Carlo s.p.a. in liquidazione) conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Palermo, il Banco di Sicilia s.p.a., chiedendone la condanna al pagamento della somma di Lire 100.000.000, a titolo di risarcimento del danno per la mancanza di diligenza nella negoziazione di un assegno bancario, posto all’incasso con l’apparente firma di girata di L.E., destinataria di un mutuo concesso dall’istituto alla medesima ed a S.G.. Il giudizio veniva interrotto dal giudice istruttore, per l’avvenuta fusione per incorporazione del Banco di Sicilia in Capitalia s.p.a. (che successivamente conferiva il ramo di azienda nel Banco di Sicilia, Società per azioni), con ordinanza del 19/09/2002, e veniva riassunto dalla Finanziaria San Carlo s.p.a..

Con sentenza n. 1343/2007, l’adito Tribunale dichiarava l’estinzione del giudizio per la mancata notifica, ai sensi dell’art. 305 c.p.c., dell’atto di riassunzione al soggetto succeduto a Capitalia s.p.a., che aveva incorporato il Banco di Sicilia s.p.a., ossia al Banco di Sicilia, Società per azioni.

2. Il giudizio di appello, instaurato dalla Finanziaria San Carlo con l’impugnazione della sentenza di primo grado, veniva integrato con la chiamata in causa di Unicredit s.p.a., quale incorporante di Capitalia s.p.a., e si concludeva con la sentenza della Corte d’appello di Palermo, n. 1912/2013, depositata il 18 dicembre 2013, con la quale la Corte – in parziale accoglimento dell’appello – annullava la statuizione con la quale era stata dichiarata l’estinzione del giudizio, e rigettava, nel merito, la domanda a suo tempo proposta dalla Rodriquez Finleasing s.p.a.. Il giudice di appello – pur rilevando che la disposta c.t.u. aveva accertato la falsità della firma di girata dell’assegno in discussione, apparentemente apposta da L.E. – riteneva che il titolo non presentasse particolari segni che potessero indurre nel personale della banca il ragionevole sospetto della suddetta falsità della firma di girata per l’incasso.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso la San Carlo s.p.a. in liquidazione nei confronti del Banco di Sicilia s.p.a. e di Unicredit s.p.a. anche quale incorporante Capitalia s.p.a., sulla base di tre motivi. La resistente Unicredit s.p.a. ha replicato con controricorso, contenente altresì ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi, e con memoria ex art. 380-bis 1. c.p.c.. L’intimato Banco di Sicilia s.p.a. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale, la San Carlo s.p.a. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 354 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1. La ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello – dopo avere riformato la decisione di prime cure che aveva dichiarato l’estinzione del processo per la tardiva riassunzione operata, a seguito della sua interruzione ed in violazione dell’art. 305 c.p.c., nei confronti del successore del Banco di Sicilia, Società per azioni – abbia deciso il giudizio nel merito, senza rimettere la causa al primo giudice, in violazione dell’art. 354 c.p.c..

1.2. Il motivo è infondato.

1.2.1. Dal principio che la rimessione del processo al primo giudice ha carattere eccezionale e non può essere disposta oltre i casi espressamente previsti, nè è estensibile a fattispecie simili od analoghe, discende che detta rimessione, nel caso previsto dell’art. 354 c.p.c., comma 2, deve intendersi strettamente limitata alla prevista ipotesi di riforma della sentenza con la quale il tribunale, in base all’art. 308 c.p.c., comma 2, abbia respinto il reclamo contro l’ordinanza del giudice istruttore che – nel corso dell’istruttoria – ha dichiarato l’estinzione del processo, senza alcuna possibilità di estenderla ai casi in cui tale estinzione sia stata dichiarata direttamente dal tribunale, in sede di decisione della causa, con sentenza emessa nelle forme ordinarie, ai sensi dell’art. 307 c.p.c., u.c. (Cass., 27/05/2011, n. 11722; Cass., 13/02/2015, n. 2880).

Solo nella prima delle suddette ipotesi, invero, e non anche nella seconda, il giudizio di prime cure non ha avuto un normale iter di svolgimento fino all’epilogo in sede decisoria, con conseguente necessità, in caso di riforma dell’ordinanza che aveva dichiarato l’estinzione, di rimettere la causa al primo giudice perchè decida la controversia nel merito.

1.2.2. Nel caso di specie, la Corte si è pronunciata su di una sentenza del Tribunale che aveva dichiarato l’estinzione del processo nelle forme ordinarie, ai sensi dell’art. 307 c.p.c., commi 3 e 4, accogliendo – in sede decisionale – l’eccezione sollevata dal Banco di Sicilia, Società per azioni. Ne consegue che – contrariamente all’assunto della ricorrente – la rimessione al primo giudice non andava effettuata.

1.3. Il motivo va, di conseguenza, rigettato.

2. Con il secondo motivo di ricorso, la San Carlo s.p.a. denuncia la violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1736 del 1933, art. 43, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. L’istante lamenta che la Corte d’appello sia incorsa nella violazione del R.D. n. 1736 del 1933, art. 43, avendo disatteso la domanda della San Carlo s.p.a. di condanna dell’istituto di credito appellato, sebbene fosse stata accertata in giudizio – a mezzo dell’espletata c.t.u. – la falsità della sottoscrizione apparentemente apposta dalla L. sull’assegno in contestazione.

2.2. La censura è infondata.

2.2.1. Secondo il recente arresto delle Sezioni Unite, ai sensi del R.D. n. 1736 del 1933, art. 43, comma 2 (c.d. legge assegni), la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato – per errore nell’identificazione del legittimo portatore del titolo – dal pagamento dell’assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità a persona diversa dall’effettivo beneficiario, è ammessa a provare – vertendosi in ipotesi di responsabilità di tipo contrattuale da contatto sociale qualificato che l’inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176 c.c., comma 2 (Cass. Sez. U., 21/05/2018, n. 12477).

A tal riguardo, deve reputarsi insufficiente – come correttamente affermato dalla Corte territoriale nel caso di specie – la mera rilevabilità dell’alterazione, occorrendo che la stessa sia riscontrabile “ictu oculi”, attraverso un attento esame diretto, visivo o tattile dell’assegno da parte dell’impiegato addetto, che non deve essere un esperto grafologo ma in possesso di comuni cognizioni teorico-tecniche, ovvero anche tramite mezzi e strumenti di agevole utilizzo e reperibilità, senza che debba ricorrersi ad attrezzature tecnologiche sofisticate e di difficile e dispendioso reperimento (Cass., 26/01/2016, n. 1377; Cass., 04/08/2016, n. 16332; Cass., 20/03/2014, n. 6513).

2.2.2. Ebbene, nel caso concreto, la Corte d’appello ha accertato – con giudizio di fatto non censurabile in questa sede – che l’assegno in questione non presentava “particolari segni (abrasioni, scritturazioni sovrapposte, ecc.) che potessero indurre nel personale della banca il legittimo sospetto di manipolazioni, correzioni o, come nella specie, dell’apposizione di una firma falsa, non corrispondente a quella acquisita sullo specimen agli atti della banca”. E la mancanza di abrasioni o segni particolari è riconosciuta perfino dalla stessa ricorrente (“pur corrispondendo al vero che l’assegno non presentava abrasioni o altri segni (…)”, p. 17). La circostanza, poi, che i beneficiari dell’assegno fossero persone ben note alla banca aveva accresciuto ulteriormente – come correttamente ha rilevato il giudice di appello – il convincimento del personale circa la genuinità del titolo posto all’incasso. Se ne deve inferire, pertanto, che la decisione impugnata è motivata sul punto e conforme ai principi giurisprudenziali di legittimità succitati.

2.3. Il mezzo va, pertanto, disatteso.

3. Con il terzo motivo di ricorso, la San Carlo s.p.a. denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

3.1. Il ricorrente denuncia l’omessa pronuncia, da parte della Corte d’appello, sulla deduzione difensiva dell’appellante, contenuta nella comparsa conclusionale, secondo cui il Banco di Sicilia “aveva omesso di dare prova dell’adempimento delle obbligazioni scaturenti dal rapporto bancario”. La Corte territoriale avrebbe, invero, “omesso di pronunciarsi sulla legittimità o meno delle suddette argomentazioni”.

3.2. La censura è inammissibile.

3.2.1. Il vizio di omessa pronuncia può avere, invero, ad oggetto solo domande o eccezioni, e non certo argomentazioni o difese delle parti, il cui omesso esame non è censurabile neppure ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che si riferisce ai fatti e non alle deduzioni difensive (Cass.,14/06/2017, n. 14802).

3.2.2. Il motivo, poichè inammissibile, non può, pertanto, trovare accoglimento.

4. Il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

5. La ricorrente principale va condannata alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale. Condanna la ricorrente principale, in favore della controricorrente, alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2019

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