Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9522 del 21/04/2010
Cassazione civile sez. I, 21/04/2010, (ud. 04/03/2010, dep. 21/04/2010), n.9522
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
I.M., Z.M.A., B.F., con
domicilio eletto in Roma, via Quintino Sella n. 41, presso l’Avv.
Burragato Rosalba, che li rappresenta e difende unitamente all’Avv.
Claudio De Filippi, come da procura speciale in atti;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro-tempore,
rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale dello
Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei
Portoghesi, n. 12;
– controricorrente –
per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Torino
depositato il 11 giugno 2008;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
giorno 2010 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio Zanichelli;
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I.M., Z.M.A., B.F. ricorrono per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che ha accolto parzialmente il loro ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata dei procedimento fallimentare svoltosi avanti al Tribunale della Spezia a far tempo dal 4 dicembre 1995 e nell’ambito del quale, dopo aver presentato domanda di insinuazione nel marzo del 1996, avevano ottenuto il saldo delle loro spettanze solo nel 2007.
Resiste l’Amministrazione con controricorso.
La causa è stata assegnata alla Camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’unico motivo di ricorso con cui si deduce violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi.
Come risulta dal quesito di diritto, il ricorrente censura l’impugnata decisione sul presupposto che con la stessa sia stato affermato il principio secondo cui un processo durato circa 12 anni avrebbe avuto una durata ragionevole in considerazione dell’effettuazione di pagamenti parziali intermedi. In realtà, come emerge della motivazione, la decisione della Corte è basata sull’affermazione che, nonostante la durata della procedura, peraltro dovuta alla particolare complessità della stessa, l’intervallo temporale di circa quattro anni trascorso tra l’insinuazione del credito e il pagamento di circa l’80% dello stesso non sarebbe stato irragionevole e che l’ulteriore durata prima del pagamento del saldo non avrebbe portato alcuna apprezzabile menomazione di ordine psichico in quanto la rivalutazione e gli interessi maturati medio tempore sarebbero stati integralmente corrisposti proprio grazie alle complesse attività liquidatone.
Tale specifica ratio decidendi, da sola sufficiente a giustificare la pronuncia, non è stata oggetto di specifica contestazione, con conseguente inammissibilità del ricorso.
Le spese eseguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in Euro 900,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 4 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2010