Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9522 del 04/04/2019
Cassazione civile sez. I, 04/04/2019, (ud. 12/10/2018, dep. 04/04/2019), n.9522
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22097/2013 proposto da:
Autopò S.r.l, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, Viale Regina Margherita n. 1,
presso lo studio dell’avvocato De Stefano Maurizio, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato Ruffini Nino Giordano,
giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di REGGIO EMILIA, depositato il
22/07/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/10/2018 dal Cons. Dott. Paola PAOLA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SORRENTINO Federico, che ha concluso per la cessazione della materia
del contendere;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato De Stefano Maurizio che ha
chiesto la cessazione della materia del contendere.
Fatto
RILEVATO
che:
– con il decreto impugnato, il Tribunale di Reggio Emilia ha respinto l’opposizione allo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione, proposta da Autopò S.r.l. per l’ammissione in via privilegiata ex art. 2751-bis c.c., n. 1 del credito di Euro 226.788,28 a titolo di t.f.r. dovuto ai lavoratori dipendenti in forza di contratto di affitto di ramo di azienda in favore della società fallita, poi risolto e seguito da analogo contratto di affitto di azienda dalla proprietaria Autopò s.a.s. alla società opponente;
– Autopò S.r.l. ha contestato la violazione dell’art. 2112 c.c. mediante ricorso per cassazione, corredato da memoria, nei cui confronti la curatela intimata non ha svolto difese;
– con ordinanza interlocutoria n. 11189 del 30/05/2016 la Sezione Sesta-1 ha rimesso la causa in pubblica udienza;
– il Collegio ha disposto la motivazione in forma semplificata.
Diritto
CONSIDERATO
che:
– con memoria ex art. 378 c.p.c. la ricorrente ha prodotto scrittura privata inter partes del 03/09/2018 in forza della quale “la stessa ricorrente ha rinunciato al ricorso per cassazione a spese compensate, a fronte di una rinuncia reciproca ai rispettivi diritti”, chiedendo perciò dichiararsi cessata la materia del contendere;
– sussistono i presupposti per l’accoglimento della richiesta, con conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente, dal momento che “l’interesse ad agire, e quindi anche l’interesse ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione (o l’impugnazione), ma anche al momento della decisione, perchè è in relazione quest’ultimo – e alla domanda originariamente formulata che l’interesse va valutato” (Sez. U., 28/04/2017 n. 10553; cfr. Sez. 1, 11/04/2018 n. 9005);
– non ricorrono invece i presupposti per disporre il pagamento del doppio contributo, essendo la ratio del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato) quella di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicchè tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilità originaria del gravame, non anche per quella sopravvenuta (ex multis, Cass. n. 13636/2015, n. 3542/2017, n. 15996/2018).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2019