Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9521 del 21/04/2010
Cassazione civile sez. I, 21/04/2010, (ud. 10/12/2009, dep. 21/04/2010), n.9521
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – Presidente –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul regolamento di competenza d’ufficio proposto dal Tribunale
Regionale delle Acque Pubbliche per la Sicilia presso la Corte di
Appello di Palermo, con ordinanza N.R.G. 1623/03 del 26/4/06,
depositata il 3/5/06 nel procedimento pendente tra:
COMUNE DI CATANIA;
SIDRA – SERVIZI IDRICI AMBIENTALI CATANIA SpA (già Azienda
Acquedotto Municipale di Catania);
ACQUE DI CASALOTTO SPA in persona del Presidente del Consiglio di
Amministrazione e legale rappresentante pro-tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA MONTE DELLE GIOIE 13, presso lo studio
dell’avv. CAROLINA VALENSISE, rappresentata e difesa dall’avv. ALFIO
GIOVANNI TIRRO’, giusta delega che viene allegata in atti;
– resistente –
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
10/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;
è presente il P.G. in persona del Dott. VINCENZO GAMBARDELLA.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore: “Nel maggio 1980 la s.p.a. Acque di Casalotto convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Catania il Comune e l’Azienda Acquedotto Municipale del capoluogo etneo e premesso che, con contratto del 29 dicembre 1970, aveva ceduto al Comune le sorgenti e i diritti spettantile quale ricercatrice e utente del complesso “Turchio” con i relativi impianti, riservandosi un volume pari a 360 litri al secondo e che dal 1969 al 1977 l’ente locale, anche tramite l’azienda municipalizzata, aveva utilizzato acqua non compresa nella cessione e di pertinenza di essa attrice – ne domandò la condanna al pagamento dell’acqua illecitamente utilizzata, in ragione di L. 25 per me, oltre accessori.
Con sei successive citazioni la società avanzò analoghe pretese in relazione ad altri periodi.
Nella resistenza dei convenuti, l’adito tribunale, riuniti i giudizi, dichiarò la propria incompetenza per materia, rimettendo le parti davanti al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche per la Sicilia, indicato quale competente a decidere ai sensi del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140, lett. c). La causa veniva riassunta davanti Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche per la Sicilia che ha chiesto d’ufficio il regolamento di competenza. Le parti non svolgono difese.
OSSERVA:
Fondatamente l’istante deduce che la competenza a decidere la causa spetta al giudice ordinario.
In punto di fatto – verificabile ex officio da questa Corte cui nella specifica materia compete un sindacato di merito sulle acquisite risultanze processuali – oggetto della controversia è l’accertamento del diritto di credito per l’utilizzazione da parte del Comune – o, per esso, dell’Azienda Acquedotto – durante l’arco di tempo specificato in seno alle distinte citazioni di volumi d’acqua di Casalotto, in base all’art. 6 del contratto stipulato in notar Musumeci il 29 dicembre 1970. Come noto, ai fini della discriminazione tra la competenza dell’autorità giudiziaria pertinenza, secondo l’assunto attoreo, della s.p.a. Acque di in sede ordinaria e quella dei tribunali regionali delle acque pubbliche occorre aver riguardo all’oggetto della controversia, la quale rientra nella competenza del giudice specializzato solo quando involge questioni sulla demanialità delle acque pubbliche o sul contenuto o i limiti di una concessione di utenza, o sul diritto nei confronti dell’amministrazione alla derivazione o alla utilizzazione delle acque, o che incida comunque, direttamente o indirettamente, sugli interessi pubblici connessi al regime delle acque. Rientrano invece nella competenza degli organi ordinari dell’autorità giudiziaria le controversie tra privati che – pur ricollegandosi al presupposto della sussistenza a favore di una o entrambe le parti contendenti di una concessione di acqua pubblica – non investano la legittimità o la portata di quest’ultima e non tocchino, quindi, l’interesse della pubblica amministrazione, ma riflettano esclusivamente le modalità di attuazione e di esercizio dei diritti di uso delle acque, da osservarsi nei rapporti interni tra le parti, nonchè gli obblighi reciproci che ne derivano, di modo che non sia necessaria un’indagine sul contenuto e sui limiti della concessione al fine di individuarne la portata e gli effetti e di stabilire se essa abbia o meno l’attitudine a incidere, modificandoli, sui rapporti preesistenti tra le parti (Cass. nn. 8291/1994, 14906/2000, 16967/2005).
Alla luce dei criteri evidenziati dalla giurisprudenza di legittimità, deve perciò escludersi la competenza del tribunale regionale delle acque pubbliche in ordine a controversie quale quella di specie, dacchè la questione della spettanza di somme di denaro per l’utilizzazione, da parte dei convenuti, di volumi d’acqua asseritamente di pertinenza della società attrice in base a clausola negoziale non tocca alcun interesse della pubblica amministrazione, ma si fonda, esclusivamente, su un dedotto inadempimento contrattuale, attinendo per tale via a modalità di esercizio dei diritti di uso delle acque.
Sussistono i presupposti di legge per la trattazione del ricorso in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c.”.
2.- Il Collegio – pur dando atto del tempestivo deposito dello scritto difensivo della s.p.a. Acque di Casalotto – condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali si fondano e che conducono all’accoglimento della richiesta d’ufficio di regolamento di competenza, dovendo essere affermata la competenza del Tribunale ordinario di Catania in luogo di quella del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche per la Sicilia.
P.Q.M.
La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Catania e cassa la sentenza dichiarativa di incompetenza dello stesso Tribunale.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2010