Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9520 del 22/05/2020

Cassazione civile sez. I, 22/05/2020, (ud. 22/11/2019, dep. 22/05/2020), n.9520

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25705/2018 proposto da:

C.B., elettivamente domiciliato in Ascoli Piceno, in Rua del

Papavero n. 6, presso lo studio dell’avv. P. Alessandrini, che lo

rappresenta e difende in virtù di mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale Per Il Riconoscimento Della Protezione

Internazionale Foggia, Ministero Dell’interno (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 325/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 16/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/11/2019 da SOLAINI LUCA R.G. 25705/18.

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’Appello di L’Aquila ha respinto il gravame proposto da C.B., cittadino del Gambia avverso l’ordinanza del Tribunale di L’Aquila che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito di aver investito, alla guida di un’auto senza patente, una donna in cinta che era morta. Prima era fuggito presso uno zio e successivamente presso un amico che gli aveva suggerito di lasciare il paese per evitare di essere ucciso dai familiari della donna o di essere imprigionato, con il rischio di subire il carcere a vita o la pena di morte.

Contro la sentenza della medesima Corte d’appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 27, comma 1 bis con riferimento all’art. 8 della Dir. 2004/83/CE in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, la Corte d’appello nonostante gli ampi poteri/doveri di cooperazione istruttoria, erroneamente, aveva affermato che in Gambia il reato di omicidio colposo non era punito con la pena di morte e/o con la pena dell’ergastolo e laddove aveva omesso ogni valutazione circa le condizioni carcerarie del paese; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 7 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27 in relazione alla ritenuta insussistenza di un’ipotesi di danno grave in capo al ricorrente determinata dal pericolo di essere ucciso per vendetta o di subire una condanna alla pena capitale o di subire trattamenti inumani e degradanti nelle carceri del Gambia; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1 e art. 5, comma 6 e dell’art. 3 CEDU, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte d’appello nello scrutinare la domanda volta al riconoscimento della protezione umanitaria, ha erroneamente disapplicato i presupposti del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, quali l’integrazione sociale dello straniero da valorizzare unitamente allo specifico e concreto rischio di compromissione dei diritti umani cui egli sarebbe esposto in caso di rientro in Gambia.

Il primo motivo è inammissibile, avendo la Corte d’appello esercitato quei poteri officiosi d’integrazione istruttoria di cui il ricorrente ha, invece, lamentato l’inerzia, facendo riferimento alle fonti informative anche per esaminare le condizioni carcerarie del paese, smentendo le contestazioni sul merito dell’accertamento in termini di mero dissenso, da parte del ricorrente stesso.

Il secondo motivo è inammissibile perchè solleva censure in merito all’accertamento sulle condizioni carcerarie del paese di provenienza del ricorrente effettuato da parte della Corte d’appello sulla base di adeguate fonti informative secondo le quali non si riscontra la presenza della pena di morte per il reato di omicidio colposo, gravante sulla persone del richiedente.

Il terzo motivo è inammissibile, in quanto, la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE:

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2020

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