Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 952 del 17/01/2020

Cassazione civile sez. II, 17/01/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 17/01/2020), n.952

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

(380-bis.1 c.p.c.)

sul ricorso (iscritto al N. R.G. 10167/’15) proposto da:

S.M., (C.F.: (OMISSIS)); + ALTRI OMESSI, tutti

rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale in calce al

ricorso, dagli Avv.ti Loreto Antonello Chiola e Riccardo Bernardini

ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Roma, v.

L. Settembrini, n. 30/4;

– ricorrenti –

contro

AZIENDA REGIONALE TERRITORIALE PER L’EDILIZIA DELLA PROVINCIA DI

GENOVA, (C.F. e P.I.: (OMISSIS)), ex IACP, in persona del legale

rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, in virtù di

procura speciale in calce al controricorso, dagli Avv.ti Antonino

Toscano e Francesca Revelli ed elettivamente domiciliata presso lo

studio della seconda, in Roma, viale dei Colli Portuensi, n. 536;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Genova n. 359/2014,

depositata il 13 marzo 2014 (non notificata).

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Con atto di citazione notificato il 17 aprile 2000 i soggetti indicati in intestazione come ricorrenti convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Genova, l’AZIENDA REGIONALE TERRITORIALE PER L’EDILIZIA DELLA PROVINCIA DI GENOVA (d’ora in poi A.R.T.E.), chiedendo l’eliminazione delle barriere architettoniche limitanti l’accesso al fabbricato del quale essi attori erano condomini, avendo acquistato, in corso di costruzione, le varie unità immobiliari nel 1998, poi edificate in violazione della normativa regionale vigente sul punto. In particolare, gli attori lamentavano che il bando di gara prevedeva il raggiungimento del fabbricato attraverso una rampa di collegamento viario con la sottostante strada, laddove, invece, era stata realizzata in loco una scala composta da 60 gradini.

Nella costituzione della convenuta Azienda, l’adito Tribunale, con sentenza n. 2162/2005, accoglieva la formulata domanda, condannando l’A.R.T.E. all’esecuzione della invocata rampa di collegamento.

Decidendo sull’appello avanzato dall’A.R.T.E. e nella resistenza degli appellati, la Corte di appello di Genova, con sentenza n. 359/2014 (depositata il 13 marzo 2014), accoglieva il gravame e, per l’effetto, rigettava le domande attoree, evidenziando che i contratti definitivi di compravendita stipulati dagli appellati – costituenti gli unici titoli su cui si sarebbero dovute fondare le reciproche obbligazioni delle parti – non contemplavano la specifica obbligazione dedotta in causa dagli acquirenti, dovendosi escludere, altresì, la sussistenza di un idoneo titolo legale in proposito, posto che sia la Legge Statale n. 13 del 1989 che quella della L.R. Liguria n. 17 del 1989 non avrebbero potuto considerarsi applicabili “ratione temporis” al caso oggetto di controversia.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Avverso la suddetta sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione, riferito ad un unico complesso motivo, gli appellati (originari attori), al quale ha resistito con controricorso l’intimata A.R.T.E., che ha depositato anche memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

1.1. Con il formulato motivo i ricorrenti hanno denunciato l’erroneità dell’impugnata sentenza nella parte in cui aveva ritenuto che l’unico titolo negoziale al quale porre riferimento per l’individuazione delle obbligazioni reciproche delle parti era costituito dall’atto definitivo di compravendita dei singoli condomini (con esclusione, quindi, dell’adeguamento e dell’abbattimento delle “barriere architettoniche”), nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 – la violazione e falsa applicazione della normativa di cui al R.D. 23 maggio 1924, n. 827, della quale il giudice di appello aveva escluso l’applicazione al caso dedotto in controversia sul presupposto che essa era in via esclusiva riferibile ai verbali di aggiudicazione in materia di appalti pubblici a cui non potevano essere assimilati i bandi di gara del tipo di quello che veniva in rilievo nella vicenda in questione.

2. Ritiene il collegio che la complessa censura formulata è infondata.

A prescindere dal dato che nel ricorso non risulta riportato nè il testo dei contratti di riferimento (ovvero dell’unico comune ai ricorrenti) nè quello della procedura di assegnazione ad essi propedeutico (i quali, anzi, sono stati trascritti dalla controricorrente nel suo atto costitutivo), deve osservarsi che la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che l’unico titolo negoziale al quale porre riferimento per descrivere le obbligazioni assunte da A.R.T.E. era costituito solo dall’atto definitivo di compravendita e dagli allegati al medesimo, in cui era stata prevista l’esclusione dell’adeguamento alle barriere architettoniche. In particolare dall’elenco dei lavori da eseguirsi a cura dell’allora I.A.c.p. degli alloggi siti nel lotto (come riportato nel corpo del controricorso: v. pagg. 8-10) si evince espressamente che nessun adeguamento alle barriere architettoniche era da realizzare in quanto il progetto era stato “concessionato” antecedentemente all’entrata in vigore della relativa normativa.

A quest’ultimo riguardo, altrettanto esattamente, la Corte ligure ha dato atto che il suddetto obbligo di adeguamento era stato stabilito normativamente solo con la L. n. 13 del 1989 e che quest’ultima non avrebbe potuto essere applicata “ratione temporis” al complesso immobiliare dedotto in causa, siccome da riferirsi ai progetti relativi alla costruzione di edifici presentati dopo sei mesi dall’entrata in vigore della stessa legge (in data 10 febbraio 1989), nel mentre il vincolo per i progetti di nuove costruzioni era divenuto cogente a decorrere dal successivo 10 agosto 1989 (v. art. 1, comma 1). E, poichè era pacifico che l’allora Istituto di edilizia convenzionata ebbe ad ottenere la concessione edilizia (presupponente, naturalmente, il progetto per l’edificazione) il 5 settembre 1988, risulta evidente che le prescrizioni contemplate dalla sopravvenuta citata L. n. 13 del 1989 non potevano essere temporalmente applicate al complesso immobiliare in discorso.

Allo stesso modo, il giudice di appello, con riferimento alla L.R. Liguria 12 giugno 1989, n. 15 ha esattamente rilevato che, dal tenore della stessa, era univocamente evincibile che essa si applicava alle sole progettazioni future e, quindi, non poteva estendersi al complesso immobiliare dedotto in causa per la medesima ragione poc’anzi evidenziata.

Il giudice di secondo grado ha, poi, legittimamente escluso – in conformità alla uniforme giurisprudenza di questa Corte – che si potesse considerare ammissibile una domanda di esatto adempimento del contratto di compravendita degli immobili.

Quanto all’altro profilo relativo alla prospettata violazione di legge (come prima riportata) va rilevato come esso sia ugualmente privo di fondamento alla stregua della totale estraneità – come correttamente affermato dalla Corte genovese – della procedura di aggiudicazione in tema di appalti pubblici con riferimento a quella – che viene in rilievo nella fattispecie – di assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica in regime di vendita superficiaria, che si conclude non con un’aggiudicazione ma con l’approvazione di una graduatoria degli aspiranti prenotatari ai quali viene attribuito un punteggio maturato.

3. In definitiva, per le ragioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere respinto, con la conseguente condanna dei ricorrenti, con vincolo solidale, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo. Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido fra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cap nella misura e sulle voci come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione seconda civile, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020

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