Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 952 del 17/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 952 Anno 2014
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: BLASUTTO DANIELA

ORDINANZA
sul ricorso 27340-2011 proposto da:
LENZI PAOLO .1\12PLA54R27B509I) elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 2, presso lo studio dell’avvocato
ANTONINI GIORGIO, rappresentato e difeso dall’avvocato
NUNZI SERGIO giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587, in persona del Presidente e legale
rappresentante, pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati GIANNICO
GIUSEPPINA, PREDEN SERGIO, CALIULO LUIGI, PATTERI
ANTONELLA giusta procura speciale in calce al controricorso;

2,090

Data pubblicazione: 17/01/2014

– controricorrente avverso la sentenza n. 653/2011 della CORTE D’APPELLO di
FIRENZE del 12/05/2011, depositata il 20/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA BLASUTTO;

FATTO E DIRITTO
La Corte d’appello di Firenze, accogliendo il gravame dell’INPS, ha
rigettato la domanda proposta da Lenzi Paolo diretta alla rivalutazione
contributiva per esposizione all’amianto, osservando che, dopo una
prima domanda amministrativa per la quale era stata dichiarata la
decadenza dall’azione giudiziaria con precedente sentenza non
impugnata dall’interessato, quest’ultimo aveva presentato una seconda
domanda amministrativa per il conseguimento dei medesimi benefici,
cui era seguito il secondo giudizio, il quale doveva considerarsi
precluso dal giudicato esterno.
Lenzi Paolo ricorre per la cassazione di questa sentenza con due
motivi e solleva questione di illegittimità costituzionale dell’art. 47
d.P.R. n. 639/1970, come interpretato autenticamente dall’art. 6, primo
comma, del d.l. n. 103/91, in relazione all’art. 38 Cost..
L’INPS resiste con controricorso.
Con il primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del
D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, si
censura la sentenza per avere erroneamente ritenuto inammissibile la
seconda domanda in ragione del fatto che l’interessato era incorso
nella decadenza di cui all’art. 47 cit. come accertato in un precedente
giudizio in riferimento alla prima domanda amministrativa. Si osserva
che il diritto a pensione è imprescrittibile, mentre sono soggetti a

Ric. 2011 n. 27340 sez. ML – ud. 10-10-2013
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è presente il P.G. in persona del Dott. COSTANTINO FUGGI.

prescrizione solo i ratei pensionistici, di talché l’inerzia di chi abbia
maturato il diritto al trattamento pensionistico non rileva se non ai
limitati fini della eventuale perdita dei ratei pregressi e, analogamente,
in tema di decadenza ex d.P.R. 30 aprile 1970 n. 639, art. 47, e legge 1
giugno 1991 n. 166, art. 6, l’inerzia del titolare del diritto non può

costituzionalmente garantito, ma solo la perdita dei ratei maturati.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, comma 5, come sostituito dal D.L.
n. 384 del 1992, art. 4 (convertito nella L. n. 438 del 1992), sostenendo
che l’ivi previsto termine di decadenza può decorrere solo se e in
quanto sulla domanda amministrativa l’INPS abbia adottato un
provvedimento espresso e comprensivo della indicazione dei rimedi
(amministrativi e giurisdizionali) esperibili nonché dei tempi in cui gli
stessi vanno esercitati.
È stata depositata relazione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., che ha
concluso per la manifesta infondatezza del ricorso.
Il Collegio ha ritenuto la sussistenza dei presupposti per la
definizione del giudizio in camera di consiglio
Il ricorso è manifestamente infondato.
La pretesa di Lenzi Paolo di vedere rivalutata l’anzianità contributiva
per dedotta esposizione ad amianto era stata dichiarata inammissibile
per decadenza in un altro giudizio, con sentenza passata in giudicato.
L’assicurato, che ha presentato una seconda domanda amministrativa,
sostiene: a) che la decadenza non può trovare applicazione in sede di
richiesta di rivalutazione contributiva, che non equivale a domanda di
pensione, ma incide solo sulla successiva fase di quantificazione e
liquidazione del trattamento pensionistico; b) che, comunque, doveva
considerarsi ammissibile una seconda domanda amministrativa, in
Ric. 2011 n. 27340 sez. ML – ud. 10-10-2013
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determinare la perdita del diritto al trattamento pensionistico,

quanto l’eventuale decadenza già maturata poteva colpire solo i ratei
pregressi, dovendo tale conclusione trarsi dal principio secondo cui il
diritto a pensione è irrinunciabile e imprescrittibile.
Occorre premettere che questa Corte, decidendo numerose analoghe
controversie (cfr., in particolare, Cass. sent. n. 12685 del 2008 e nn.

3605, 4695 e 6382 del 2012; ord. nn. 7138, 8926, 12052 del 2011, n.
1629 del 2012; sent. 11094 e 11400 del 2012), si è espressa affermando
il principio che la decadenza dall’azione giudiziaria prevista dal D.P.R.
n. 639 del 1970, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992,
art. 4 (convertito nella L. n. 438 del 1992) trova applicazione anche per
le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla
maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, siano esse
promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolari di alcuna
pensione.
Secondo le richiamate decisioni, infatti, l’art. 47 citato, per l’ampio
riferimento fatto alle “controversie in materia di trattamenti
pensionistici”, comprende tutte le domande giudiziarie in cui venga in
discussione l’acquisizione del diritto a pensione ovvero la
determinazione della sua misura, così da doversi ritenere incluso, nella
previsione di legge, anche l’accertamento relativo alla consistenza
dell’anzianità contributiva utile ai fini in questione, sulla quale,
all’evidenza, incide il sistema più favorevole di calcolo della
contribuzione in cui si sostanzia il beneficio previdenziale previsto
dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8.
Non vale richiamare in senso contrario, per le domande giucliziarie
presentate dai già pensionati, la sentenza n. 12720/2009 di questa
Corte in base all’assunto che, in tali casi, si tratta non di conseguimento
del trattamento di pensione, ma di incremento di quello già liquidato.
Come infatti osservato in recenti pronunce di questa Corte (v. tra tutte,
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Cass. sent. n. 11400 del 2012), con le domande tese ad ottenere il
beneficio in questione non si fa valere il diritto al ricalcolo della
prestazione pensionistica o una rivalutazione dell’ammontare dei
singoli ratei, in quanto erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede
di determinazione amministrativa, bensì “il diritto a un beneficio che,

strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia,
operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti
propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe
sorto) — in base ai criteri ordinari — il diritto al trattamento
pensionistico (basti pensare che l’esposizione all’amianto e la sua
durata sono “fatti” la cui esistenza è conosciuta soltanto
dall’interessato, tenuto, pertanto, a portarli a conoscenza dell’ente
previdenziale attraverso un’apposita domanda amministrativa e a darne
dimostrazione” (Cass. sent n. 11400/2012 cit, in motivazione).
Trattasi quindi di un diritto che non si identifica né con il diritto a
pensione (irrinunciabile e imprescrittibile) e nemmeno con il diritto alla
riliquidazione dei ratei del trattamento pensionistico. Esso ha una sua
propria individualità, quale autonomo beneficio previdenziale che, pur
incidendo sul trattamento pensionistico mediante la rivalutazione di
un periodo contributivo, è ancorato a ben precisi presupposti, distinti
da quelli propri del trattamento previdenziale sul quale detto
beneficio è destinato ad incidere.
E’ dunque infondato l’assunto secondo cui nella fattispecie non
sarebbe applicabile la decadenza sostanziale, essendo la domanda
diretta al ricalcolo della prestazione pensionistica, dovendo al contrario
ribadirsi quanto più volte affermato da questa Corte, sin dalla sentenza
n. 12685 del 2008, secondo cui si tratta di rivalutare non già
l’ammontare di singoli ratei, bensì i contributi previdenziali necessari a
Ric. 2011 n. 27340 sez. ML – ud. 10-10-2013
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seppure previsto dalla legge ai fini pensionistici e ad essi, quindi,

calcolare la pensione originaria, onde non c’è ragione di non applicare
le disposizioni legislative sulla decadenza. Per analoghe ragioni è altresì
manifestamente infondato l’altro assunto, relativo all’operatività della
decadenza soltanto con riferimento ai ratei di pensione pregressi.
Priva di fondamento è poi la tesi, sostenuta dall’odierno ricorrente,

diretta a valorizzare la presentazione di una successiva domanda,
posteriore alla già maturatasi decadenza; la funzione della decadenza
sostanziale è infatti quella di tutelare la certezza delle determinazioni
concernenti erogazioni di spese gravanti sui bilanci pubblici (cfr, ex
plurimis, Cass.: SU, n. 12718/2009, in motivazione) e tale funzione (e,
quindi, la stessa concreta utilità della predisposizione di un
meccanismo decadenziale) verrebbe irrimediabilmente frustrata ove si
ritenesse che la semplice riproposizione della domanda consentisse il
venir meno degli effetti decadenziali già verificatisi. Come osservato
più volte dalla giurisprudenza di questa Corte, anche a Sezioni Unite
(sent. n.12718 del 2009), la decadenza sostanziale di cui si discute “è di
ordine pubblico” (art. 2968 e 2969 c.c.), in quanto dettata “a
protezione dell’interesse alla definitività e certezza delle determinazioni
concernenti erogazioni di spese gravanti su bilanci pubblici” ed è
pertanto rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento
(con il solo limite del giudicato).
Va quindi ribadito quanto osservato da Cass. ord. n. 8926 del 2011,
secondo cui, in tema di decadenza dall’azione giudiziaria per il
conseguimento di prestazioni previdenziali ai sensi dell’art. 47 del
d.P.R. n. 639 del 1970, la proposizione, in epoca posteriore alla
maturazione della decadenza, di una nuova domanda diretta ad
ottenere il medesimo beneficio previdenziale (nella specie, la
rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto) è irrilevante ai
fini del riconoscimento della prestazione posto che l’istituto mira a
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tutelare la certezza delle determinazioni concernenti l’erogazione di
spese gravanti sui bilanci, che verrebbe vanificata ove la mera
riproposizione della domanda determinasse il venire meno degli effetti
decadenziali già verificatisi.
Quanto al richiamo fatto dall’attuale ricorrente alla sentenza di questa

di riscatto del corso di laurea non ne preclude la riproposizione, è
sufficiente osservare che tale affermazione è riferita a una fattispecie
ricadente nel regime della decadenza anteriore alle innovazioni
apportate dal D.L. n. 103 del 1991, art. 6, quando ancora, cioè, alla
decadenza prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, si attribuiva
carattere soltanto procedimentale e, quindi, tale da non comportare la
perdita del diritto tardivamente azionato (v. in tal senso Cass. n. 11400
del 2012).
Nemmeno il secondo motivo di ricorso è fondato.
Giova richiamare, al riguardo, quanto osservato dalle Sezioni Unite di
questa Corte nella sentenza n. 12718 del 2009, secondo cui “…anche
l’omissione delle indicazioni di cui all’art. 47, comma 5 non può
configurare un ostacolo al decorso del tempo decadenziale, risultando
questa una soluzione obbligata sempre per la generale esclusione del
potere delle parti e dei loro comportamenti (quali che essi siano) di
incidere in qualsiasi modo sul decorso dei tempi del procedimento
amministrativo, così come ha più volte affermato la giurisprudenza…”.
Manifestamente infondata, infine, è la questione di legittimità
costituzionale del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 e D.L. n. 103 del
1991, art. 6 – se interpretati nei sensi di cui alla sentenza impugnata prospettata in riferimento all’art. 38 Cost.. Di contro alla tesi del
ricorrente – secondo cui una siffatta interpretazione contrasta con il
tenore letterale dell’art. 6, che espressamente circoscrive l’ambito di
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Corte n. 15521/2008, secondo la quale la decadenza da una domanda

operatività della decadenza ai soli “ratei pregressi” delle prestazioni
previdenziali (per il che ne rimarrebbero escluse le domande proposte
da un soggetto non pensionato, stante l’evidente insussistenza, nel suo
caso, di ratei pregressi di pensione) e si risolve nel sacrificare un diritto
costituzionalmente garantito – va osservato che le ripetute disposizioni

divisibili in ratei; che, comunque, nel caso del beneficio previsto dalla
L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, si tratta di rivalutare non già
l’ammontare di singoli ratei di pensione, bensì i contributi previdenziali
necessari a calcolare la originaria; infine, che la soggezione del relativo
diritto alla decadenza pensione dall’azione giudiziaria comporta
unicamente la non applicazione del più favorevole sistema di calcolo
delle contribuzione versata nel periodo di esposizione all’amianto e
non certo la perdita del diritto alla pensione che, solo, dovrà essere
calcolata in base all’anzianità contributiva maturata secondo gli ordinari
criteri. (in tal senso, Cass. sent. n. 11094 del 2012).
Questa Corte ha altresì osservato, in argomento, che il termine
decadenziale in esame non pregiudica in alcun modo una piena ed
effettiva tutela e garanzia dell’interesse costituzionalmente garantito del
diritto a pensione, che “non viene affatto travolto in quanto tale dalla
norma in discussione”. “Si tratta di benefici aggiuntivi che, richiesti in
via amministrativa, andavano poi rivendicati entro un termine del tutto
ragionevole, al Giudice, il che non è avvenuto per fatto addebitabile al
ricorrente, il quale certamente così agendo non ha perso l’effettività del
diritto (nel suo nucleo sostanziale) riconosciutogli all’art. 38 Cost.”
(Cass n. 6382 del 2012).
In conclusione, il ricorso va respinto.
Tenuto conto delle difficoltà interpretative in tema di decadenza
dall’azione giudiziaria per il conseguimento di prestazioni previdenziali
Ric. 2011 n. 27340 sez. ML – ud. 10-10-2013
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di legge operano anche con riguardo a prestazioni previdenziali non

ai sensi dell’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970, è giustificata la
compensazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 ottobre 2013

Il Presidente

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