Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9519 del 30/04/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 9519 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA

sul ricorso 22656-2008 proposto da:
PIRONDINI

FAUSTO

PRNFST49B16D088L,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 16, presso lo
studio dell’avvocato GARCEA FRANCO, che lo rappresenta
e difende unitamente agli avvocati DE GAETANO GIORGIO,

Data pubblicazione: 30/04/2014

MANTOVANI FRANCESCO;
c

– ricorrente –

2014

contro

596

PIRONDINI ANDREA PRNNDR71L24F712I, PIRONDINI FRANCESCA
PRNFNC76S65F712T, GIUMELLI GIULIANA GMLGLN45C65L330K
in

qualita’

di

eredi

di

PIRONDINI

FLAVIO,

„A-A-v

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DEI COLLI
PORTUENSI 536, presso lo studio dell’avvocato REVELLI
FRANCESCA LUISA, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato GEROSA ALBERTO;

controricorrenti

di MILANO , depositata il 07/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/03/2014 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 1251/2008 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 21-3-1997 Pirondini Flavio conveniva
dinanzi al Tribunale di Sondrio Pirondini Fausto, per sentir

attribuzione ai singoli condividenti delle rispettive proprietà
esclusive dell’immobile, determinazione degli eventuali conguagli,
identificazione delle parti comuni e regolazione degli accessi al
fabbricato.
Nel costituirsi, il convenuto aderiva alla domanda di divisione.
Egli, tuttavia, chiedeva, in via riconvenzionale, che venisse accertata
la responsabilità dell’attore, quale progettista e direttore dei lavori,
per inadempimento contrattuale o extracontrattuale, con conseguente
condanna del medesimo al risarcimento dei danni, nonché che
venisse accertato il valore delle opere previste nel capitolato ed
effettivamente eseguite, e di quelle non previste e comunque
realizzate, con condanna dell’attore alla restituzione di quanto
indebitamente pagato dal convenuto per le opere non concordate tra i
committenti.
Con sentenza in data 10-2-2005 il Tribunale accoglieva la
domanda attrice, rigettava la riconvenzionale e compensava
integralmente le spese di lite.
Avverso la predetta decisione proponeva appello il convenuto.

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procedere allo scioglimento della comunione di un fabbricato, con

Con sentenza in data 7-5-2008 la Corte di Appello di Milano
rigettava il gravame, condannando l’appellante al pagamento delle
spese del grado.

Fausto, sulla base di dieci motivi.
Hanno resistito con controricorso Giumelli Giuliana, Pirondini
Andrea e Pirondini Francesca, nella qualità di eredi di Pirondini
Flavio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1)

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la

contraddittorietà della motivazione, per avere il giudice di appello da
un lato asserito che i vizi dell’immobile lamentati dall’esponente non
sussistevano, e dall’atro affermato che il C.T.U., nel valutare il
compendio immobiliare, ha tenuto conto di tali vizi.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’omessa
motivazione, deducendo che la Corte di Appello, nel ritenere
insussistenti i difetti lamentati dal convenuto, non ha tenuto conto
delle dichiarazioni confessorie rese dall’attore, riportate dal C.T.U.
nella relazione del 2-3-2000, né degli accertamenti compiuti dallo
stesso consulente d’ufficio.

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Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Pirondini

Con il terzo motivo viene dedotta la contraddittorietà della
motivazione, nella parte in cui da un lato asserisce che non vi è
prova dell’esistenza dei difetti, e dall’altro afferma che il C. TU. ha
comunque tenuto in considerazione i pretesi vizi lamentati dal

Con il quarto motivo il ricorrente denuncia l’omessa
motivazione. Sostiene che l’affermazione contenuta nella sentenza
impugnata, secondo cui

“il fallo che il C.T.U. attribuisca

all’appellante circa 45 metri quadrati in più rispetto alla quota
attribuita all’appellato (come allegato dall’appellato e non
contestato), segno evidente di un minor valore riconosciuto
all’immobile assegnato a Fausto”, è erronea, in quanto dagli allegati
alla relazione di consulenza tecnica d’ufficio si evince che la
differenza del terreno pertinenziale esclusivo compreso nelle due
quote è di 17 metri, e non di 45 metri.
Con il quinto motivo il ricorrente si duole dell’insufficiente
motivazione, in ordine all’affermazione secondo cui neppure
nell’atto di appello il convenuto aveva specificato le condotte
attribuibili al progettista e direttore dei lavori. Sostiene che la Corte
di Appello si è limitata a fare riferimento alle pagine 23 e 24
dell’atto di gravame, senza prendere in considerazione le pagine da 2
a 14, nelle quali venivano specificate le condotte attribuibili al
progettista e direttore dei lavori.

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convenuto.

Con il sesto motivo il ricorrente lamenta l’insufficiente
motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui ha negato
ingresso a nuove indagini tecniche, volte ad accertare le cause dei

non meramente “esterno”, ma “interno”, dietro ai muri e sotto ai
pavimenti posti “contro terra”
Con il settimo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli
artt. 832, 2043, 938, 1111, 1114, 1116, 907 c.c. e 113 c.p.c., in
ordine alla ritenuta irrilevanza della contestazione relativa alla
mancata valutazione, da parte del C.T.U., della presunta violazione
di diritti di terzi. Deduce che la Corte di Appello non ha tenuto conto
del fatto che l’autorimessa realizzata ex novo sconfina in parte su
terreno di proprietà di terzi, esponendo all’azione di restituzione del
terreno occupato e all’azione di risarcimento danni ex art. 938 c.c., e
che la porzione di edificio assegnata al ricorrente innalzata di oltre
un metro rispetto all’altezza anteriore alla ristrutturazione, viola
l’art. 907 ultimo comma c.c., impedendo la veduta al proprietario
della terrazza sovrastante.
Con l’ottavo e il nono motivo il ricorrente censura, per le
stesse ragioni esposte nei motivi da 1-7, la sentenza impugnata nella
parte in cui ha diviso il compendio immobiliare secondo le
indicazioni del C.T.U. contenute nel primo progetto di divisione del i

problemi di umidità riscontrati nell’immobile, attraverso un esame

2-3-2000, nonché nella parte in cui ha rigettato le domande
riconvenzionali dell’esponente, e in particolare quelle relative ai vizi
e difetti e alla responsabilità contrattuale ed extracontrattuale di
Pirondini Flavio quale progettista e direttore dei lavori

dell’insufficiente motivazione in relazione alla ritenuta insussistenza
di responsabilità dell’attore in ordine alla scelta di un preventivo
(dell’impresa Bianche e Tarca) meno economico rispetto a quello
offerto dalla ditta Ferrè. Lamenta che la Corte di Appello non ha
spiegato perché abbia preferito la testimonianza di Quaini rispetto a
quella di Ferrè, ed ha respinto la domanda dell’esponente in base
all’asserita “esigua differenza di prezzo” tra i due preventivi, pur
ammontando tale differenza a lire 13.913.370.
2) Il primo e il terzo motivo, da trattare congiuntamente per
evidenti ragioni di connessione, sono infondati.
La Corte di Appello ha dato atto che il C.T.U., nel valutare il
compendio immobiliare, ha preso in considerazione i pretesi difetti
lamentati dal convenuto. Essa ha rilevato, infatti, che il consulente,
pur ritenendo che non si trattasse di vizi costruttivi, bensì di mere
caratteristiche delle opere, ha tenuto conto, ai fini della
determinazione del valore delle quote, dei costi necessari per la
eliminazione degli asseriti difetti o, comunque, del minor valore da
essi determinato.

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Con il decimo motivo, infine, il ricorrente sii duole

Orbene, contrariamente a quanto dedotto dai ricorrenti, non vi
è alcuna contraddizione tra l’affermazione secondo cui non si
trattava di vizi costruttivi, ma di particolari caratteristiche

caratteristiche sul valore effettivo della quota da assegnare al
convenuto. E’ evidente, infatti, che, dovendosi procedere allo
scioglimento della comunione del compendio immobiliare tra le
parti, la stima dei singoli beni da comprendere in ciascuna quota
doveva essere effettuata tenendo conto delle loro obiettive
condizioni e caratteristiche.
2) Il secondo motivo deve essere disatteso,
La Corte di Appello ha rilevato che la relazione di consulenza
tecnica d’ufficio conteneva un apposito capitolo dedicato ai

“vizi

lamentati da parte convenuta”, e che il CTU, pur non facendo
propria tale qualificazione, ha analizzato le contestazioni svolte dal
convenuto, tenendo conto dei costi necessari per l’eliminazione dei
presunti difetti o, comunque, del minor valore da essi determinato.
Ha poi ribadito che il C.T.U., nella sua relazione, si è soffermato a
descrivere e a documentare tutti i profili contestati dall’appellante,
prendendo quindi in considerazione anche tali elementi ai fini della
determinazione del valore da assegnare.

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dell’immobile, e la valutazione dell’incidenza negativa di tali

Il giudice del gravame, pertanto, ha dato atto che tutti gli
elementi emersi nel corso delle indagini sono stati valutati dal
C.T.U.; il che porta senz’altro a ritenere che quest’ultimo, nel
pervenire alle sue conclusioni, abbia preso in considerazione anche

tali dichiarazioni, per come riportate nello stesso ricorso, non
assumono di per sé alcuna valenza confessoria dell’effettiva
esistenza di vizi di costruzione, dovendo essere valutate nel loro
complesso e, quindi, anche con riferimento alle ragioni addotte
dall’interessato per negare la fondatezza delle contestazioni mosse
dal convenuto.
La valutazione espressa nella sentenza impugnata riguardo
all’inesistenza di vizi costruttivi costituisce espressione di un
apprezzamento in fatto riservato al giudice di merito, che, in quanto
sorretto da argomentazioni immuni da vizi logici, si sottrae al
sindacato di questa Corte.
Come è noto, infatti, i vizi di motivazione denunciabíli in
cassazione ai sensi dell’art. 360 n, 5 c.p.c. non possono consistere
nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal
giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, perché spetta
solo a quel giudice individuare le fonti del proprio convincimento e a
tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la
concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute

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le dichiarazioni rilasciate dall’attore. Deve aggiungersi, peraltro, che

idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o
all’altro mezzo di prova (Cass. 14-10-2010 n. 21224; Cass. 5-3-2007
n. 5066; Cass. 21-4-2006, n. 9368; Cass, 20-4-2006, n. 9234; Cass,
16-2-2006, n. 3436; Cass. 20-10-2005 n. 20322). L’onere di

del merito debba occuparsi di tutte le allegazioni delle parti, ne’ che
egli debba prendere in esame, al fine di confutarle o condividerle,
tutte le argomentazioni da queste svolte. È, infatti, sufficiente che il
giudice esponga, anche in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in
diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per
implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure
non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione
adottata e con l’iter argomentativo seguito (tra le tante v. Cass. 2011-2009 n. 24542; Cass. 12-1-2006 n. 407; Cass. 2 agosto 2001, n.
10569).
4) Il quarto motivo è inammissibile.
La Corte di Appello, dopo aver affermato che il C.T.U., ai fini
della determinazione del valore dei beni da assegnare, aveva preso in
considerazione tutti i profili contestati dall’appellante, ha rilevato
che “un’ulteriore conferma di tale conclusione può ricavarsi dallo
stesso progetto di divisione e in particolare dal fatto che il CTU
attribuisca all’appellante circa 45 metri quadrati in più rispetto alla
quota attribuita all’appellato (come allegato dall’appellato e non

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adeguatezza della motivazione, inoltre, non comporta che il giudice

contestato), segno evidente di un minor valore riconosciuto
all’immobile assegnato a Fausto”.
Appare evidente che tale ultima affermazione è meramente
rafforzativa del convincimento del giudice di appello, già maturato

un’argomentazione estranea all’effettiva ratio decidendi, e come tale
non suscettibile di censura in sede di legittimità.
Come è stato precisato dalla giurisprudenza, infatti, le
affermazioni ad abundantiam contenute nella motivazione della
sentenza, consistenti in argomentazioni rafforzative di quella
costituente la premessa logica della statuizione contenuta nel
dispositivo, vanno considerate di regola superflue e, quindi,
giuridicamente irrilevanti, qualora l’argomentazione rafforzata sia
per sè sufficiente a giustificare la pronuncia adottata (Cass. 9-7-2002
n. 9963; Cass. 25-10-1988 n. 5778).
5) Anche il quinto motivo è inammissibile.
La Corte di Appello ha rilevato che il convenuto si è limitato
ad allegare, senza peraltro dimostrarla, la sussistenza di vizi
dell’opera appaltata, senza contestare

“all’attore l’inadempimento

degli obblighi contrattuali su di esso gravanti in quanto direttore dei
lavori, vale a dire l’omesso controllo della realizzazione dell’opera
nelle sue varie fasi e l’omessa verifica in ordine al rispetto delle
regole d’arte e della corrispondenza dei materiali da parte

in base agli elementi in precedenza esposti. Si tratta, pertanto, di

dell ‘appaltatore, altrimenti l’unico responsabile in ordine ai
presunti difetti”.

In particolare, il giudice del gravame ha

evidenziato che nella comparsa di costituzione di primo grado il
convenuto si era genericamente limitato a contestare l’avvenuta

causa di direttive impartite dal direttore dei lavori e, sempre
genericamente, un “difetto di sorveglianza dei lavori”. Ha aggiunto
che “neppure nell’atto di appello, peraltro”, il convenuto aveva
specificato ed individuato le condotte attribuibili al progettista e
direttore dei lavori.
Con il motivo in esame il ricorrente censura solo l’ultima parte
della motivazione, ma non contesta la precedente affermazione,
inerente alla mancata specificazione degli addebiti nella compara di
costituzione di primo grado; affermazione che si palesa di per sé
idonea a sorreggere la decisione, non potendo essere prese in
considerazione in appello eventuali allegazioni nuove, tali da
ampliare il thema decidendi delineato in primo grado.
6) 11 sesto motivo è privo di fondamento.
La Corte di Appello ha motivatamente disatteso la richiesta
dell’appellante di rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio, dando
dato atto della completezza delle indagini effettuate dal C.T.U. nella
individuazione delle cause dei problemi di umidità lamentati dal
convenuto (non riconducibili, secondo l’esperto, a difetti

esecuzione di lavori diversi da quelli originariamente previsti a

nell’esecuzione dell’appalto, bensì a fatto del terzo), della
correttezza e adeguatezza della metodologia seguita nel relativo
accertamento e della mancanza di elementi concreti posti a base delle
contrarie osservazioni critiche del C.T.P.

sindacato di questa Corte, rientrando il rinnovo dell’indagine tecnica
tra i poteri istituzionali del giudice di merito (Cass. 19-7-2013 n.
17693; Cass. 24-9-2010 n. 27227; Cass. 29-4-2006 n. 10043).
7) 11 settimo motivo, nella parte in cui lamenta la mancata
considerazione, da parte del giudice di appello, dello sconfinamento
dell’autorimessa realizzata

ex novo

nella proprietà di terzi, è

inammissibile, evincendosi dalla lettura della sentenza impugnata (v.
pag. 6) che l’autorimessa in parola è compresa nella quota da
assegnare in proprietà esclusiva all’attore, e non essendo stata tale
affermazione contestata dal ricorrente. Nessun concreto interesse,
pertanto, è configurabile in capo a quest’ultimo in ordine alla
proposta censura.
L’ulteriore doglianza mossa con il motivo in esame muove dal
presupposto secondo cui la copertura della porzione di edificio
assegnata al ricorrente violerebbe il diritto di veduta del terzo
proprietario della terrazza sovrastante. Nella parte de qua, tuttavia,
il motivo è privo di specificità ed autosufficienza, non indicando
alcun elemento idoneo a comprovare l’effettiva esistenza di un

La decisione resa al riguardo dalla Corte distrettuale sfugge al

diritto di veduta in capo al proprietario dell’edificio contiguo, leso
dall’innalzamento del fabbricato delle parti in causa. Del tutto
insufficiente si palesa, al riguardo, il passaggio della consulenza
tecnica di parte trascritto nel ricorso, nel quale si dà semplicemente

copertura dell’edificio preesistente non sovrastava il ciglio del
terrazzo piano di proprietà di terzi, ma si trovava a una quota
inferiore”.
8) L’ottavo e il nono motivo sono privi di autonomia,
limitandosi ad un mero e generico rinvio alle censure mosse con i
precedenti motivi, dei quali, pertanto, seguono le sorti..
9) Il decimo motivo non è meritevole di accoglimento.
La Corte di Appello ha fornito sufficiente conto delle ragioni
per le quali ha disatteso il motivo di appello con cui si censurava il
rigetto della domanda riconvenzionale relativa alla presunta
responsabilità dell’appellato in ordine alla scelta di un preventivo
meno economico rispetto a quello offerto dalla ditta Ferrè. 111 giudice
del gravame ha ritenuto determinanti, ai fini della decisione, le
dichiarazioni rese dal teste Quaini Paolo, secondo cui il Ferrè gli
aveva riferito di non poter “fare i lavori perché aveva impegni a
Milano con altri cantieri”, chiedendogli se era disposto a fare lui tali
lavori; dichiarazioni che sono state ritenute più attendibili rispetto a
quelle dal teste Ferrè, il quale ha affermato di non aver ritirato la

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atto, sulla base dei rilievi fotografici allegati, che “il colmo della

propria offerta. La sentenza impugnata ha aggiunto, in ogni caso,
che, anche se l’attore avesse deliberatamente deciso di escludere
dalla gara il Ferrè, non sarebbe provato il nesso tra tale condotta e
l’ipotetico danno ingiusto lamentato dall’appellante, anche in

fornito dalla ditta prescelta e quello fornito dalla ditta esclusa.
Le valutazioni espresse al riguardo dalla Corte territoriale si
sottraggono alle doglianze mosse dal ricorrente, essendo sorrette da
una motivazione immune da vizi logici.
E, in realtà, con il motivo in esame, attraverso la formale
denuncia di vizi di motivazione, il ricorrente propone sostanziali
censure di merito, che mirano ad ottenere una diversa valutazione
delle risultanze processuali rispetto a quella compiuta dal giudice
territoriale. In tal modo, peraltro, viene sollecitato a questa Corte
l’esercizio di un potere di cognizione esulante dai limiti del
sindacato di legittimità ad essa affidato, rientrando nei compiti
istituzionali del giudice di merito l’accertamento dei fatti oggetto
della controversia e la valutazione delle prove.
10) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
sostenute dai resistenti nel presente grado di giudizio, liquidate come
da dispositivo.

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considerazione della esigua differenza di prezzo tra il preventivo

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese, che liquida in euro 2.700,00, di cui euro
200,00 per esborsi oltre accessori di legge

Il Consigliere estensore

Il P

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del

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