Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9518 del 04/04/2019

Cassazione civile sez. I, 04/04/2019, (ud. 03/10/2018, dep. 04/04/2019), n.9518

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26600/2014 proposto da:

Presidenza del Consiglio dei Ministri, – Commissario Straordinario

per il contenzioso e il trasferimento delle opere di cui al titolo

VIII della L. n. 219 del 1981 (D.P.C.M. 3 febbraio 2014), in persona

del Presidente del Consiglio pro-tempore, domiciliata in Roma, Via

dei Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Consorzio CO.RE.CA. – Consorzio Regione Campania, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

Roma, Via Barberini n. 36, presso lo studio degli avvocati Queirolo,

Colancenzo e Spinella, rappresentato e difeso dall’avvocato Vosa

Paolo, con procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3888/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata l’8/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/10/2018 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale DE

RENZIS LUISA che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Presidente della Regione Campania, quale Commissario Straordinario di Governo per l’attuazione del programma di edilizia residenziale, ex L. n. 219 del 1981, affidò al consorzio CO.RE.CA. la programmazione e l’attuazione degli interventi residenziali per la costruzione di 100 alloggi nel comune di Striano e 255 nel comune di Volla.

Con atto di sottomissione del 29.12.86 le parti risolsero transattivamente le controversie insorte e, modificando le previsioni originarie, fissarono un nuovo termine di esecuzione delle opere. In seguito, il concedente affidò al consorzio l’esecuzione di altre opere i cui lavori si protrassero sino al 29.12.96.

Con atto d’accesso del 29.12.96, il consorzio CO.RE.CA. propose domanda di arbitrato, chiedendo la condanna della PCM (funzionario nominato dal CIPRE per il completamento del programma straordinario di edilizia residenziale di (OMISSIS), nel frattempo subentrato all’Amministrazione Straordinaria) al pagamento dei maggiori costi per oneri di concessione determinati da inadempimenti contrattuali del concedente e, in subordine, al risarcimento dei danni subiti per la protrazione della concessione, nonchè al pagamento degli interessi moratori.

Si costituì la PCM.

Il collegio arbitrale rigettò tutte le eccezioni preliminari e accolse in parte le domande del consorzio, condannando la PCM al pagamento della somma di Lire 838.548.093 a titolo di maggiori oneri di concessione sopportati fino al 30.5.97, e di Lire 2.309.083.299 per interessi maturati, oltre interessi legali.

La PCM propose appello avverso il lodo e chiese che ne fosse dichiarata la nullità, totale o parziale, a norma dell’art. 829 c.p.c. o, in subordine, che fossero respinte le domande del Consorzio.

Con sentenza del 5.7.2000, la Corte d’appello di Napoli dichiarò cessata la materia del contendere per l’accordo transattivo intervenuto.

In accoglimento del ricorso della PCM, la Corte di cassazione, con sentenza del 5.3.04, annullò la sentenza d’appello con riferimento al motivo concernente la violazione delle regole interpretative, ex artt. 1362 c.c. e segg., in ordine alla ritenuta conclusione dell’accordo transattivo.

Il Consorzio riassunse il giudizio, chiedendo: che la Corte d’appello dichiarasse cessata la materia del contendere per avvenuta transazione o, in subordine, che dichiarasse inammissibile o rigettasse l’impugnazione del lodo.

La Corte adita con sentenza dell’8.4.13, rigettò l’impugnazione, osservando che: accertata la giurisdizione ordinaria, data l’infondatezza dei motivi di gravame relativi alla validità della clausola compromissoria e alla legittima composizione del collegio arbitrale, e ritenute la legittimazione passiva della PCM e attiva del Consorzio, era da escludere la decadenza di quest’ultimo per la mancata tempestiva apposizione delle riserve relative ai maggiori oneri di concessione rilevando che il meccanismo normativo – di cui al titolo VII della L. n. 219 del 1981- non era applicabile al caso in esame in cui il Consorzio concessionario non era assimilabile all’appaltatore-esecutore dell’opera.

Al riguardo, la Corte territoriale ha rilevato che i maggiori oneri di concessione, oggetto della domanda del Consorzio, sono distinti da quelli sostenuti dalle imprese consorziate per la gestione dei cantieri, consistenti nelle maggiori spese effettuate a vario titolo per l’espletamento delle attività, differenti da quella costruttiva, necessarie per l’organizzazione dei lavori ricevuti in concessione.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri – Commissario Straordinario per il contenzioso e il trasferimento delle opere di cui al titolo VIII della L. n. 219 del 1981 – ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

Resiste il consorzio CO.RE.CA. con controricorso.

Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, ha depositato relazione chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Diritto

RITENUTO

che:

Con l’unico motivo del ricorso è stata denunziata violazione del del R.D. n. 350 del 1895, art. 53, art. 54, comma 5 e art. 63, comma 2, nonchè della L. n. 109 del 1994, art. 31 bis, n. 4.

Al riguardo, la parte ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello non abbia tenuto conto della specifica natura della concessione in esame, qualificabile di sola costruzione, per effetto della quale il concessionario poteva provvedere all’esecuzione diretta dei lavori, sicchè l’onere di iscrizione delle riserve gravava sullo stesso Consorzio non solo in ordine alle contestazioni connesse direttamente all’esecuzione dei lavori, ma anche a quelle relative alle maggiori spese accessorie sostenute dallo stesso a seguito del protrarsi dei lavori.

Il ricorso è fondato.

La Corte ritiene, in adesione al parere espresso dal Pubblico Ministero, che la concessione di sola costruzione, ora non più considerata nella L. n. 584 del 1977 e L. n. 406 del 1991, è assoggettabile allo stesso regime degli appalti di opera pubblica, sottoposti, per quanto riguarda le pretese del concessionario ad ulteriori compensi per i maggiori costi sostenuti – nella specie per oneri aggiuntivi connessi allo svolgimento delle procedure di esproprio, ritenuti estranei dal giudice di merito all’esecuzione dei lavori-, all’onere di preventiva riserva, con le modalità previste del R.D. n. 350 del 1895, artt. 53 e segg., applicabili ratione temporis e, a seguito della sua abrogazione, dal D.P.R. n. 554 del 1999, art. 1,comma 1 e art. 113 (Cass., n. 18070/04).

Nel caso concreto, la Corte d’appello si è limitata a ribadire la motivazione del collegio arbitrale, affermando che l’onere della riserva, disciplinato dalla L. n. 1063 del 1962, art. 42, non incombe sul concessionario delle opere comprese nel titolo VIII della L. n. 219 del 1981, e che i maggiori oneri di concessione, di cui il Consorzio ha chiesto il ristoro nel giudizio arbitrale, erano distinti da quelli sostenuti dalle imprese consorziate per la gestione dei cantieri, consistenti nelle maggiori spese effettuate a vario titolo per l’espletamento di quelle attività, differenti da quella costruttiva, necessarie per l’organizzazione dei lavori oggetto della concessione.

Ora, l’argomentazione del giudice d’appello – che ha distinto tra le maggiori spese relative alla contabilizzazione dei lavori e quelle estranee all’esecuzione dei lavori – non ha tenuto conto dell’orientamento giurisprudenziale richiamato.

Al riguardo, va osservato che, siccome l’attuazione dell’opera pubblica, dalla gara di appalto, alla consegna dei lavori, alla loro esecuzione ed al collaudo, si articola in fasi successive attraverso un procedimento formale e vincolato, svolgentesi in una serie di registrazioni e certificazioni, alla cui formazione l’appaltatore è chiamato di volta in volta a partecipare, allo stesso è imposto l’onere di contestare immediatamente tutte le circostanze che riguardano le prestazioni (eseguite o non), e che siano suscettibili di produrre un incremento delle spese previste, attraverso un atto, pur esso a forma vincolata quanto a tempo e modalità di formulazione, che deve essere perciò ottemperato sotto pena di decadenza, ciò non soltanto per un dovere di lealtà contrattuale e per l’esigenza di tempestivi controlli, ma, come ripetutamente evidenziato da dottrina e giurisprudenza, specialmente nell’interesse pubblico di consentire all’Amministrazione appaltante la tempestiva verifica delle contestazioni, attesa la necessità della continua evidenza della spesa dell’opera in funzione della corretta utilizzazione e della eventuale integrazione dei mezzi finanziari per essa predisposti (Cass., n. 2613/1976; Sez. Un. 2168/1973; n. 13399/1999; n. 13734/2003; n. 5540/2004).

Da tali argomenti si desume la conseguenza, resa evidente dal riferimento dell’art. 53 a tutte “le domande che l’appaltatore crede di fare”, che detto sistema non ammette la distinzione prospettata dalla Corte territoriale tra pretese collegate a fatti registrati nella contabilità (per i quali sussisterebbe la decadenza) e pretese attinenti a fatti non registrati, estranee a siffatto onere di iscrizione, posto che lo stesso riveste carattere generale ed include, quindi, tutte le pretese tali da incidere sul compenso spettante all’imprenditore, quali che siano i titoli ed i componenti, nonchè la ragione giustificatrice.

Per quanto esposto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, anche per le spese del grado di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata. Rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2019

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