Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9516 del 12/04/2017


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Cassazione civile, sez. II, 12/04/2017, (ud. 07/02/2017, dep.12/04/2017),  n. 9516

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1158-2013 proposto da:

S.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CORFINIO 23, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA GERARDO,

rappresentata e difesa dall’avvocato FERMO BENUSSI;

– ricorrente –

contro

L.C. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

MARIANNA DIONIGI 57, presso lo studio dell’avvocato AURELIO TRICOLI,

rappresentato e difeso dagli avvocati EBE FRANCA SCALIA GEMMA,

MAURIZIO NOTARDONATO per proc. spec. del 12/4/2016 rep. n. 23.414;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1704/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 16/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2017 dal Consigliere Dott. GRASSO GIUSEPPE;

udito l’Avvocato Notardonato Maurizio difensore del controricorrente

che si riporta al controricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine, il rigetto del ricorso.

Fatto

I FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata il 16 maggio 2012, rigettato l’appello principale e quello incidentale, confermò la sentenza emessa dal Tribunale della stessa città il 30 dicembre 2008, con la quale, in accoglimento parziale della domanda formulata da L.C., dispose lo scioglimento della comunione di un complesso immobiliare, del quale risultava comproprietaria per la metà S.C., assegnando all’attore la quota del 50% intestata alla S..

In estrema sintesi, al solo fine di rendere comprensibile la vicenda, appare opportuno precisare in fatto che l’attore aveva esposto che i predetti beni immobili, costituiti da un appartamento, un locale cantina ed un garage, erano stati acquistati dal medesimo con proprio denaro e cointestati all’allora convivente S.. Costei, prospettato un diritto d’abitazione, con una domanda riconvenzionale giudicata tardiva, s’era difesa negando l’asserto circa la provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto. Quanto ai beni mobili, dei quali il L. aveva, del pari, asserito l’acquisto con denaro proprio, la domanda era stata disattesa per la mancata individuazione degli stessi. Quanto, infine, alle spese notarili, poichè il compendio immobiliare, con la statuizione del Tribunale, era divenuto di proprietà esclusiva del dell’appellante, la sentenza di primo grado afferma essere logico che le stesse dovevano restare a carico, appunto, dell’esclusivo proprietario.

2. Avverso la statuizione d’appello propone ricorso per cassazione Concetta S., illustrando due motivi di censura. Resiste con controricorso il L.. All’approssimarsi dell’udienza entrambe le parti hanno depositato memorie, ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente assume che, in correlazione con l’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, era stato omesso l’esame su un punto controverso e decisivo, nonchè, comunque, erano stati violati gli artt. 2697, da 1414 a 1417, 2222, da 2730 2733, da 1362 a 1371 c.c..

La S. evidenzia che in seno all’atto di citazione il L. aveva dichiarato e, quindi ammesso confessoriamente, che per la casa e gli arredi aveva corrisposto circa i 2/3 del loro valore totale. La Corte territoriale aveva respinto il motivo d’appello con il quale si contestava la provenienza esclusiva del denaro utilizzato per l’acquisto in capo alla L. con motivazione oltremodo concisa, con la quale era stato richiamato in sintesi il vaglio probatorio di primo grado, senza tuttavia prendere in considerazione la circostanza decisiva sopra evidenziata.

Sotto altro profilo la ricorrente contesta che la sentenza d’appello non ha tenuto conto del valore di quietanza rilasciata dall’alienante del complesso immobiliare, nell’atto notarile, in favore di entrambi gli acquirenti. Dichiarazione proveniente dal terzo, per rendere inefficace la quale, ai sensi dell’art. 1414 c.c., sarebbe stata necessaria “una preventiva azione ad hoc sulla simulazione relativa del contratto, riguardante la provenienza del denaro e l’effettivo soggetto solutore”.

Il primo profilo del motivo è inammissibile per mancanza di autosufficienza.

E’ fin troppo noto per meritare specifico approfondimento che nel giudizio di legittimità il giudice è chiamato a verificare la legittimità della statuizione impugnata esclusivamente in relazione alle censure mosse con il ricorso, dovendo accertare che il giudice di merito abbia fatto corretta applicazione della legge e senza incorrere, secondo il testo all’epoca vigente dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in omessa o “insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio”. Vizio motivazionale intrinseco alla sentenza stessa, cioè riscontrabile sul solo esame della medesima. Laddove, invece, occorra, secondo il ricorrente, attingere aliunde al fine di mettere in luce il vizio denunziato il giudice di legittimità deve essere messo nelle condizioni di conoscere l’atto assunto come rilevante, salvo l’eccezione, che qui non ricorre, della denunzia di una violazione della legge processuale, stante che in tal caso il giudice di legittimità è giudice del fatto processuale.

Il secondo profilo è manifestamente infondato.

Non è dato cogliere, invero, in cosa consista la pertinenza del richiamo alla disciplina della simulazione. La compravendita venne effettivamente stipulata, e ciò costituisce circostanza del tutto pacifica. L’alienante, come è del tutto logico, in seno al contratto di compravendita, stipulato davanti al notaio, ebbe a dichiarare di avere ricevuto il prezzo. Dichiarazione, questa, veritiera e non oggetto di contestazione. Ciò solo assolve dall’onere di prendere in considerazione la complessa disciplina di cui all’artt. 1414 e seguenti c.c., della quale, è appena il caso di soggiungere, non sussiste alcuno dei presupposti.

Con il secondo motivo il ricorso denunzia vizio logico ed omissione motivazionale su un punto decisivo e controverso, in correlazione con l’art. 360 c.p.c., n. 5, artt. 99, 112, 115 e 345 c.p.c. e art. 2697, c.c. ed inoltre, violazione nuovamente degli artt. 99, 112 e 115 c.p.c., art. 2697 c.c., degli artt. 183 184 e 345 c.p.c., in correlazione con l’art. 360 c.p.c., n. 3, 4 e 5.

Come fatto rilevare con l’appello il L. solo all’udienza di precisazione delle conclusioni di primo grado aveva modificato la propria domanda, chiedendo, invece che la divisione, l’assegnazione a sè stesso dell’intero compendio. Trattavasi, per la ricorrente, di una mutatici libelli inammissibile e la Corte locale aveva errato nel considerarla una mera emendatio. La S., al fine di convalidare il proprio ragionamento, osserva che la modifica della causa petendi comporta sempre una mutatio libelli, “in quanto la modifica che attiene al fatto costitutivo del diritto fatto valere introduce nel processo un nuovo tema di indagine”. Di conseguenza devono ritenersi consentite solo variazioni puramente quantitative del petitum,”che non alterano in termini sostanziali della controversia”.

Il motivo va disatteso in quanto infondato.

Costituisce convincimento consolidato in sede di legittimità, condiviso dal Collegio, che la richiesta di attribuzione dell’intero compendio immobiliare ex art. 720 c.c., attiene alle modalità di attuazione della divisione e, pertanto, essendo diretta al già richiesto scioglimento della comunione, non costituisce domanda nuova e può essere proposta per la prima volta anche nel giudizio d’appello (fra e tante, Sez. 2, n. 14008, 28/5/2008, Rv. 603571; Sez. 2, n. 12119, 14/5/2008; Sez. 2, n. 10624, 3/5/2010, Rv. 612757, Sez. 2, n. 10856, 25/5/2016, Rv. 639962).

Le spese legali seguono la soccombenza e possono liquidarsi siccome in dispositivo in favore del controricorrente, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività svolte.

PQM

rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2017

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