Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9515 del 29/04/2011

Cassazione civile sez. un., 29/04/2011, (ud. 09/11/2010, dep. 29/04/2011), n.9515

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente di sezione –

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente di sezione –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13494-2010 proposto da:

Z.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CARSO

23, presso lo studio degli avvocati DAMIZIA MARIA ROSARIA, SALERNI

ARTURO, che lo rappresentano e difendono, per delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

ICE – ISTITUTO NAZIONALE PER IL COMMERCIO ESTERO, in persona del

legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 948/2009 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 09/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

uditi gli avvocati Maria Rosaria DAMIZIA, Maurizio DI CARLO

dell’Avvocatura Generale dello Stato;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI

DOMENICO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso (AGO).

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso iscritto al n. 1259/02 del 5 agosto 2002 al Tribunale di Siracusa Z.L., premetteva che era dipendente dell’Istituto Commercio Estero (ICE) prima dell’entrata in vigore della iniziale legge di riordino dell’istituto (L. n. 106 del 1989) ed era inquadrato nella 10^ qualifica funzionale, area funzionale agronomi in applicazione delle norme per i dipendenti degli enti pubblici non economici. In attuazione di tale legge era stato inquadrato nel 7 livello del CCNL assicurativo mantenendo lo stesso trattamento economico mediante l’assegnazione, quale assegno ad personam, della retribuzione individuale di anzianità.

Successivamente in attuazione di un’ulteriore legge di riforma (L. n. 68 del 1997) l’Istituto era nuovamente collocato nell’ambito del comparto pubblico ed il ricorrente, in questo nuovo contesto normativo che comportava l’applicabilità della contrattazione collettiva per il comparto degli enti pubblici non economici, veniva reinquadrato nella 10^ qualifica funzionale. Tuttavia l’ICE aveva ritenuto di non dover attribuire il maggior trattamento economico derivante da tal inquadramento e aveva proceduto alla decurtazione della retribuzione individuale di anzianità e di altre integrazioni stipendiali, decurtazione operata al fine di compensare la maggiore retribuzione prevista a titolo di stipendio tabellare spettante ai professionisti inquadrati nella 10^ qualifica funzionale.

In particolare con nota del 26 novembre 1998 era stato comunicato al ricorrente il suo reinquadramento nell’area degli agronomi, con determinazione dell’anzianità utile nella nuova qualifica e del trattamento economico complessivo annuo; reinquadramento che faceva seguito alla deliberazione del consiglio di amministrazione dell’ente dell’11 maggio 1998, che aveva recepito l’accordo sindacale del 12 marzo 1998 relativo all’inquadramento del personale nelle nuove qualifiche professionali previste dal c.c.n.l. del comparto degli enti pubblici non economici.

Ciò premesso chiedeva il riconoscimento del diritto a conservare quei benefici economici che aveva maturato dall’assunzione fino al 1990 e che la prima legge di riforma aveva definito pensionabili anche se trasformati in assegno ad personam; chiedeva altresì il riconoscimento del diritto di fruire di tutti i miglioramenti economici ottenuti dai dipendenti dello stesso comparto pubblico.

Instauratosi il contraddittorio, l’Istituto resistente, costituendosi in giudizio, eccepiva il difetto di giurisdizione dell’a.g.o. e, nel merito, l’infondatezza delle domande.

Con sentenza dell’11 marzo 2003 il Tribunale dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.

2. Appellava tale pronuncia lo Z., cui resisteva l’appellato l’Istituto Nazionale Commercio Estero.

Con sentenza del 3 dicembre 2009 – 9 dicembre 2009 la Corte di appello di Catania, Sezione Lavoro, confermava l’impugnata sentenza del Tribunale di Siracusa. Compensava interamente le spese dei due gradi del giudizio.

Riteneva sussistere il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, facendo riferimento – come atto lesivo della posizione del ricorrente – alla deliberazione del consiglio di amministrazione dell’ente dell’11 maggio 1998, che aveva recepito l’accordo sindacale del 12 marzo 1998 relativo all’inquadramento del personale nelle nuove qualifiche professionali previste dal c.c.n.l. del comparto degli enti pubblici non economici. La controversia quindi – secondo la Corte d’appello – era insorta già prima del 1 luglio 1998 con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo.

3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione l’originario ricorrente con cinque motivi.

Resiste con controricorso la parte intimata. Il ricorrente ha anche depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso, con cui il ricorrente deduce essenzialmente la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63 e art. 69, comma 7, è articolato in cinque motivi ed in plurimi quesiti di diritto tutti orientati a censurare la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.

In particolare evidenzia il ricorrente che il suo provvedimento di reinquadramento, dopo la riforma del 1997, era successivo alla data di trasferimento dalla giurisdizione dal giudice amministrativo a quella del giudice ordinario (1 luglio 1998) e comunque l’azionata pretesa al corretto (e più favorevole) trattamento economico era riferita in massima parte ad epoca successiva a tale data.

2. Il ricorso – i cui cinque motivi possono essere esaminati congiuntamente – è fondato.

3. Va innanzi tutto tracciato sommariamente il quadro normativo di riferimento che vede le alterne vicende del rapporto di lavoro dei dipendenti dell’Istituto nazionale per il commercio estero (ICE), al cui riordino ha inizialmente provveduto la L. 18 marzo 1989, n. 106, prevedendo che i rapporti di lavoro alle dipendenze dell’ICE erano “privatizzati”, nel senso che per il trattamento economico e normativo doveva farsi riferimento alla contrattazione collettiva del settore assicurativo.

In seguito, la L. 25 marzo 1997, n. 68, di nuova riforma dell’ICE, dopo aver esplicitamente definito l’Istituto quale ente pubblico non economico (art. 1, comma 1), aveva previsto l’applicazione ai suoi dipendenti dei contratti collettivi del comparto degli enti pubblici non economici (art. 10, comma 1), con abrogazione delle disposizioni divenute incompatibili con la nuova disciplina (art. 12, comma 4).

Ciò non ha comportato in realtà mutamenti del soggetto datore di lavoro, che ha sempre conservato la natura di ente pubblico non economico (Cass., sez. un., 15 dicembre 1994, n. 10752), ma si è ritenuto che la modifica intervenuta del rapporto di lavoro fosse nondimeno assimilabile, sul piano dei principi e delle regole applicabili, all’ipotesi del passaggio alle dipendenze di un diverso datore di lavoro, atteso che la disciplina di diritto privato era stata sostituita, con decorrenza 1.1.1998, dallo statuto dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001 (Cass., sez. lav., 5 novembre 2008, n. 26557).

11 passaggio dei dipendenti dell’ICE al nuovo regime giuridico imponeva la rideterminazione del trattamento economico e normativo sulla base dell’intera anzianità di servizio maturata alle dipendenze dell’Istituto e l’applicazione di tutto il complesso della disciplina dei rapporti di lavoro alle dipendenze di enti pubblici non economici. In altri termini, l’operazione da compiere consisteva nella determinazione dell’inquadramento economico e normativo spettante ad un dipendente di ente pubblico non economico con quella qualifica ed anzianità, considerando il rapporto di lavoro come se fosse stato da sempre e senza soluzioni di continuità regolato dalla disciplina, prima di fonte legale e poi contrattuale, degli enti pubblici non economici (settore del “parastato”).

In tal senso si esprimeva chiaramente la L. 25 marzo 1997, n. 68, art. 10, comma 1, che prevedeva che il rapporto di lavoro dei dirigenti e del personale dell’ICE era disciplinato dai contratti collettivi del comparto degli enti pubblici non economici, riservando al regolamento del personale le sole materie non disciplinate dai contratti collettivi (comma 2) ed al potere deliberativo del consiglio di amministrazione la determinazione del trattamento economico accessorio per i servizi svolti all’estero (comma 3).

4. Ciò premesso, deve considerarsi che il petitum sostanziale dedotto in giudizio si identifica nella rivendicazione da parte del ricorrente del trattamento economico rideterminato sulla base delle norme applicabili al personale dipendente degli enti pubblici non economici, con conseguente condanna dell’ICE alla corresponsione delle differenze retributive dal 1 gennaio 1998, data di maturazione del diritto; laddove il trattamento retributivo del ricorrente è stato determinato – in termini per lui meno favorevoli – esclusivamente sulla base della delibera dell’ICE adottata in data 11 maggio 1998, con la quale è stato approvato l’accordo sindacale del 12 marzo 1998.

Orbene in tema di lavoro pubblico cd. privatizzato, ai sensi della norma transitoria contenuta nel D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 7, (già D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 45, comma 17), ove il lavoratore-attore riferisca le proprie pretese ad un periodo in parte anteriore ed in parte successivo al 30 giugno 1998, il criterio generale consiste nella regola del frazionamento della competenza giurisdizionale tra giudice amministrativo in sede esclusiva e giudice ordinario, in relazione ai due periodi interessati (Cass. civ., sez. un., 31 marzo 2009, n. 7768.). Cfr.

anche Cass., sez. un., 6 marzo 2009, n. 5451, secondo cui la norma transitoria contenuta nel D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 7, individua il discrimine temporale tra giurisdizione ordinaria ed amministrativa con riferimento non ad un atto giuridico o al momento di instaurazione della controversia, bensì al dato storico costituito dall’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze poste alla base della pretesa avanzata. Anche Cass., sez. un., 30 ottobre 2008, n. 26018, ha ribadito che ai fini dell’applicazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 7, occorre far riferimento al dato storico costituito dall’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze poste a fondamento della pretesa avanzata: ove si tratti di rapporto di lavoro svoltosi in parte prima ed in parte dopo la data del 30 giugno 1998, sussiste la giurisdizione amministrativa per le pretese relative al periodo anteriore al 30 giugno 1998 mentre rientra nella giurisdizione ordinaria la pretesa relativa a periodi successivi alla predetta data.

Questa regola – che porterebbe all’accoglimento del ricorso con riferimento alle differenze retributive maturate a partire dal 1 luglio 1998 – trova però un temperamento ove la lesione del diritto del lavoratore sia prodotta da un atto formale, all’epoca della sua emanazione (Cass., sez. un., 12 ottobre 2009, n. 21554). Cfr. anche Cass. civ., sez. un., 17 novembre 2008, n. 27305, secondo cui il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 7, che trasferisce al giudice ordinario le controversie in materie di pubblico impiego privatizzato, fissa il discrimine temporale per il passaggio dalla giurisdizione amministrativa a quella ordinaria, alla data del 30 giugno 1998, con riferimento al momento storico dell’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze, in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta controversia, con la conseguenza che, ove la lesione del diritto del lavoratore sia prodotta da un atto, provvedimentale o negoziale, deve farsi riferimento all’epoca della sua emanazione.

Questa puntualizzazione costituisce ormai un corollario ricorrente dell’affermazione generale sopra enunciata; cfr. anche Cass., sez. un., 13 dicembre 2007, n. 26086, che ha precisato che ove la lesione del diritto del lavoratore sia prodotta da un atto, provvedimentale o negoziale, deve farsi riferimento all’epoca della sua emanazione anche allorchè l’atto di gestione del rapporto di lavoro sia stato adottato in autotutela ed abbia inciso su precedenti atti amministrativi emessi nel regime pubblicistico previgente, non potendo tale eventualità conferire una connotazione pubblicistica e provvedimentale all’atto, tale da sottrarlo alla previsione generale della giurisdizione del giudice ordinario. Cfr. altresì Cass., sez. un., 10 luglio 2006, n. 15619, che parimenti ha ritenuto che se la lesione del diritto è prodotta da un atto, provvedimentale o negoziale, deve farsi riferimento all’epoca della sua emanazione.

5. Nella specie la lesione lamentata dal ricorrente può ritenersi fissata nell’atto individuale di reinquadramento comunicato al ricorrente il 26 novembre 1998 con effetti dal 1 gennaio dello stesso anno che aveva l’effetto di attribuirgli la qualifica, l’anzianità di servizio ed il trattamento retributivo complessivo nel nuovo regime contrattuale previsto dalla citata legge di riforma del 1997;

laddove invece la deliberazione del consiglio di amministrazione dell’ente dell’11 maggio 1998, che aveva recepito l’accordo sindacale del 12 marzo 1998 relativo all’inquadramento del personale nelle nuove qualifiche professionali previste dal c.c.n.l. del comparto degli enti pubblici non economici, rappresentava solo il presupposto di carattere generale perchè l’ente potesse poi procedere ai singoli reinquadramenti individuali per ogni dipendente. Solo con tali distinti provvedimenti di reinquadramento (successivi al 30 giugno 1998) è mutato lo status giuridico ed il trattamento economico del dipendente, seppur con decorrenza retroattiva di alcuni mesi, mentre la deliberazione del consiglio di amministrazione (questa sì precedente alla suddetta data di trasferimento dalla giurisdizione del giudice amministrativo a quella del giudice ordinario) recava solo i criteri generali pattuiti nel precedente accordo sindacale che non incidevano immediatamente e direttamente – ossia anche senza il provvedimento individuale di reinquadramento – sulla posizione del dipendente.

Sicchè, in conclusione, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario anche con riferimento alle differenze retributive relative al primo semestre dello stesso anno, ossia a partire dal 1 gennaio 1998, e più in generale al reinquadramento del dipendente; quindi l’intera controversia è devoluta all’a.g.o..

6. Il ricorso va pertanto accolto dovendo dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario. L’impugnata sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese di questo giudizio, al tribunale di Siracusa per il giudizio di primo grado.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al tribunale di Siracusa.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2011

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