Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9512 del 21/04/2010
Cassazione civile sez. I, 21/04/2010, (ud. 30/09/2009, dep. 21/04/2010), n.9512
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Presidente –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.G.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
PINTURICCHIO 21, presso lo studio dell’avvocato ABBATE FERDINANDO
EMILIO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;
– intimata –
avverso il decreto N. 50433/05 R.A.D. della CORTE D’APPELLO di ROMA
dell’11/07/05, depositato il 14/11/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
30/09/2009 dal Presidente e Relatore Dott. GIUSEPPE SALME’;
udito l’Avvocato Roda Ranieri, (delega avvocato Ferdinando Emilio
Abbate), difensore della ricorrente che si riporta agli scritti e
chiede l’accoglimento del ricorso;
è presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO
SCARDACCIONE che conferma le conclusioni scritte.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
M.G.C. ha chiesto la condanna della Presidenza del consiglio dei ministri al pagamento di un indennizzo a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata di un procedimento iniziato davanti al tar del Lazio nell’aprile 1993 e definito con sentenza del 20 aprile 2004.
Con decreto del 14 novembre 2005 la corte d’appello di Roma, ritenuta ragionevole una durata di quattro anni e irragionevole il ritardo di sette anni, ha condannato l’amministrazione convenuta al pagamento di Euro 4.900,00, oltre agli interessi dalla data del decreto e le spese giudiziali.
Avverso il decreto della corte d’appello di Roma la M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente lamenta che la corte territoriale si sia irragionevolmente discostata dagli standard medi di determinazione della durata ragionevole e di liquidazione dell’indennità utilizzati dalla corte di Strasburgo e abbia errato nel fissare la decorrenza degli interessi dalla data del provvedimento.
Il motivo è manifestamente fondato.
Infatti la corte territoriale si è discostata in modo irragionevole dai criteri di determinazione della durata ragionevole dei giudizi che, quanto al primo grado, deve essere fissata in tre anni.
Anche nella liquidazione dell’indennità la corte si è irragionevolmente discostata di liquidazione dell’indennizzo normalmente seguiti dai giudici italiani, in conformità con gli orientamenti della corte di Strasburgo.
Del pari fondata è la censura relativa alla decorrenza degli interessi che va fissata dalla data della domanda.
Resta assorbito il motivo relativo alla liquidazione delle spese.
Non essendovi ulteriori accertamenti di fatti da compiere può procedersi alla decisione del merito, ai sensi dell’art. 384 c.c. liquidando un’indennità di Euro 7250,00 per undici anni di ritardo.
Quanto alle spese giudiziali, seguono la soccombenza sia per il giudizio di merito che per quello di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condanna la Presidenza del consiglio dei ministri al pagamento di Euro 7250,00 in favore della ricorrente oltre agli interessi al tasso legale dalla data della domanda; condanna la Presidenza del consiglio al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 490,00 per onorari, Euro 600,00 per diritti ed Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge, da distrarsi in favore degli avvocati Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate quanto al giudizio di merito, e in Euro 1.100,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre alle spese generali e agli accessori come per legge, per il giudizio di cassazione con distrazione a favore dell’avv. Ferdinando Emilio Abbate che se ne dichiara antistatario.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura Centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi, Sezione Prima Civile, il 30 settembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2010