Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9510 del 21/04/2010

Cassazione civile sez. III, 21/04/2010, (ud. 18/03/2010, dep. 21/04/2010), n.9510

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

GOZZADINI 30, presso lo studio dell’avvocato PROSPERINI ALBERTO, che

lo rappresenta e difende, giusta procura a margine dell’atto di

citazione del giudizio;

– ricorrente –

contro

AUTOSTRADE PER L’ITALIA SPA, in persona del suo legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIROLAMO

SAVONAROLA,6, presso lo studio dell’avvocato TORRI SERGIO, che la

rappresenta e difende, giusta mandato speciale in calce al ricorso;

– resistente –

avverso il provvedimento n. 70109/08 del TRIBUNALE di ROMA del

19/06/09, depositato il 22/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

è presente il P.G. in persona del Dott. GIAMPAOLO LECCISI.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Quanto segue:

p. 1. F.G. ha proposto istanza di regolamento di competenza avverso l’ordinanza del 22 giungo 2009, con cui il Tribunale di Roma – da lui investito della domanda contro la s.p.a.

Autostrade per l’Italia, intesa ad ottenere la condanna della medesima al risarcimento dei danni sofferti ala propria autovettura in conseguenza di un sinistro verificatosi il 30 dicembre 2006 sull’autostrada Roma Civitavecchia, allorchè era venuta a collidere con un cane che d’improvviso attraversava la carreggiata – provvedendo a seguito di riserva assunta nella udienza di prima comparizione, nella quale la convenuta era rimasta contumace, sul rilievo che lo stesso attore aveva già proposto la stessa domanda presso lo stesso Tribunale e che il relativo procedimento era pendente dinanzi ad altro magistrato, ha disatteso la richiesta di riunione dei due procedimenti, avanzata dall’attore, ed ha ordinato la cancellazione della causa dal ruolo.

Al ricorso per regolamento di competenza ha resistito con memoria la s.p.a. Autostrade per l’Italia.

p. 2. Il ricorso per regolamento di competenza è soggetto alla disciplina delle modifiche al processo di cassazione, disposte dal D.Lgs. n. 40 del 2006, che si applicano ai ricorsi proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioè dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. (art. 27, comma 2 di tale D.Lgs.). Ricorrendo le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 30 bis c.p.c. è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Quanto segue:

p. 1. Nella relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., si è osservato quanto segue:

“(…) 3. – Il ricorso appare ammissibile perchè la decisione impugnata, pur rivestendo la forma di un’ordinanza, ha natura sostanziale di sentenza, in quanto ha chiuso il processo dinanzi al giudice adito e lo ha fatto con un provvedimento che, pur disponendo nel dispositivo la cancellazione dal ruolo, ha nella motivazione giustificato tale conseguenza sulla base dell’espressa applicazione dell’art. 39 c.p.c. e, quindi, in ragione di una supposta sua applicabilità e, dunque, dell’applicabilità della disciplina della litispendenza.

In sostanza, il Tribunale, siccome suggerisce la doverosa interpretazione del provvedimento attraverso la combinazione della motivazione e del dispositivo, ha pronunciato ai sensi dell’art. 39 c.p.c., comma 1.

Da qui l’applicabilità dell’art. 42 c.p.c..

3.1. – Ciò premesso, l’istanza di regolamento di competenza appare fondata.

La situazione di pendenza della stessa causa davanti allo stesso ufficio giudiziario è regolata dall’art. 273 c.p.c. e non è in alcun modo riconducibile all’ambito di disciplina dell’art. 39 c.p.c., comma 1, che suppone la pendenza della stessa causa davanti a giudici diversi, intendendo per giudice non il magistrato persona fisica, bensì l’ufficio giudiziario davanti al quale pendono i due medesimi processi.

Ne consegue che il Tribunale avrebbe dovuto applicare l’art. 273 c.p.c. e particolarmente la disciplina del suo comma 2, essendo i due processi pendenti davanti a diversi magistrati dell’ufficio.

La dichiarazione della litispendenza con l’effetto della cancellazione dal ruolo risulta pronunciata illegittimamente ed è del tutto improprio il richiamo dell’ordinanza impugnata a Cass. n. 2064 del 1999, che si trovò a scrutinare due ricorsi proposti contro separate sentenze pronunciate dallo stesso ufficio giudiziario sulla stessa causa proprio per la mancata applicazione dell’art. 273 c.p.c., e, riguardo a quella proposta dopo trasse la conseguenza della “improcedibilità” del secondo processo e la dichiarò cassando senza rinvio la relativa sentenza, ma in tal modo – sia pure implicitamente, atteso che la motivazione non si occupa della questione – volendo significare che, una volta riuniti i due giudizi davanti al giudice di merito, la conseguenza dell’applicabilità del regime del ne bis in idem sulla stessa domanda, avrebbe dovuto comportare da parte di quel giudice, una volta riuniti i processi, il dover considerare il secondo come processo inidoneo a giustificare una decisione sulla domanda (in questo senso improcedibile) a somiglianza di quanto suggerisce l’art. 39 c.p.c., comma 1, per la litispendenza dello stesso processo davanti a uffici diversi.

Una volta che sia disposta la riunione obbligatoria di due processi identici proposti davanti allo stesso ufficio giudiziario, è effettivamente da ritenere che, per evidente omologia di trattamento con la disciplina che l’ordinamento, nell’art. 39 c.p.c., comma 1, prevede quando due processi identici vengano introdotti davanti ad uffici distinti, il secondo processo debba essere considerato come processo che tendenzialmente non può portare ad una decisione sul merito e ciò proprio perchè non è legittimo che si abbiano due decisioni sulla stessa domanda.

Ma tale regola deve in tanto essere applicata solo dopo che ha avuto luogo la riunione, che è considerata implicitamente obbligatoria dall’art. 273 c.p.c..

Si tratta di una regola, che peraltro, non è assoluta.

La Corte, infatti, ha già statuito il seguente principio di diritto:

“Deve escludersi che, in applicazione di un parallelismo con l’istituto della litispendenza, la regola disciplinatrice del quale è nel senso che il processo iniziato per secondo dev’essere definito in rito e non dev’essere trattato, nell’ipotesi in cui abbia luogo avanti allo stesso giudice di due procedimenti identici, il giudice debba trattare il processo considerando soltanto il primo giudizio, di modo che se esso presenta un problema in rito che impedisce la trattazione del merito, quest’ultima resti preclusa anche sul secondo. Infatti, ciò, oltre ad essere in contrasto con la stessa previsione della riunione obbligatoria dei procedimenti identici pendenti avanti al medesimo giudice, sarebbe anche in manifesto contrasto con quanto accade allorquando un giudizio venga definito con pronuncia di rito e venga successivamente proposto un nuovo identico giudizio, la cui proposizione non è impedita dalla pronuncia in rito sul primo giudizio. Il parallelismo con l’istituto della litispendenza può soltanto suggerire che, in relazione a riti processuali imperniati sulle preclusioni, la verificazione di una preclusione (di rito o di merito) nel primo processo determini l’effetto di impedire che nel secondo processo la preclusione possa essere superata” (Cass. n. 5894 del 2006).

Nel caso di specie, essendo il primo processo pendente in fase di udienza di precisazione delle conclusioni per effetto di rinvio disposto alla prima udienza di comparizione, nel quale l’attore non comparve, la riunione del secondo ad esso, avrebbe dovuto essere apprezzata alla stregua del detto principio, di modo che, per il necessario rispetto del regime delle preclusioni, si sarebbe potuto escludere l’idoneità del secondo processo ad essere trattato. Salva naturalmente l’eventuale postulazione nel primo processo di eventuali situazioni giustificative di una rimessione in termini giustificativa della regressione di esso alla fase anteriore alla precisazione delle conclusioni.

Ciò non toglie che il Tribunale non avrebbe potuto applicare la regola della litispendenza e negare l’applicazione dell’art. 273 c.p.c., con conseguente rimessione al capo dell’ufficio del fascicolo per le deliberazioni conseguenti, ai sensi dell’art. 273 c.p.c., comma 2.

L’istanza sembra, dunque, da accogliere, con conseguente caducazione della pronuncia impugnata. Una volta riassunto il processo, il Tribunale dovrà provvedere ai sensi dell’art. 273 c.p.c., comma 2 e la gestione dei due processi si dovrebbe ispirare a quanto innanzi indicato”.

2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali nulla è necessario aggiungere, tenuto conto che non sono stati formulati rilievi.

Il ricorso per regolamento di competenza è, dunque, accolto ed è dichiarata l’inesistenza della litispendenza ritenuta dal Tribunale di Roma, che procederà pertanto, a seguito della riassunzione della causa ad esercitare la sua competenza, tenendo conto di quanto indicato nella relazione.

La decisione sulle spese del giudizio di regolamento di competenza è rimessa al giudice di merito.

E’ concesso termine per la riassunzione di mesi quattro dalla comunicazione del deposito della presente.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e dichiara l’inesistenza della litispendenza ritenuta dal Tribunale di Roma. Fissa per la riassunzione davanti a detto Tribunale, cui rimette la decisione sulle spese del procedimento di regolamento, termine di mesi quattro dalla comunicazione del deposito della presente.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 18 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2010

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